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13enne scrive una lettera scioccante alla famiglia e poi si impicca

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Daniel Fitzpatrick

Aleteia - pubblicato il 23/09/16

La nostra attenzione può fare la differenza tra la vita e la morte della prossima vittima

Daniel Fitzpatrick, un adolescente statunitense di 13 anni, ha subito un bullismo quotidiano a scuola e ha riferito alla direzione dell’istituto le aggressioni fisiche e psichiche di cui era il bersaglio. La scuola si è tuttavia rifiutata di intervenire, nonostante il sostegno di una professoressa all’appello del ragazzo.

Di fronte a questa situazione, Daniel si è impiccato con una cinta nella soffitta di casa sua.

Poco tempo prima di questa tragedia, il giovane studente aveva scritto una lettera per raccontare come si sentiva, e soprattutto per spiegare quanto lo facesse soffrire la mancanza di aiuto.

È stato il padre di Daniel a rivelare questo caso scioccante, diffondendo la lettera e la foto del figlio per evitare che si verifichino altre tragedie come questa.

“Nessun genitore dovrebbe seppellire il proprio figlio”, ha affermato. “Nessun bambino dovrebbe passare quello che ha passato mio figlio”.

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“I bambini insultavano Daniel in aula e gli tiravano delle cose, e questo lo lasciava triste e frustrato”, ha aggiunto la madre.

I genitori del bambino avevano presentato un reclamo alla scuola, situata a New York e che si presenta come cattolica (Holy Angels Catholic Academy). In risposta, si sono sentiti dire: “Andrà tutto bene. È solo una fase e passerà”.

Ma non è andato tutto bene. La fase non è passata. E il padre si sfoga: “Spero che non dobbiate mai, mai provare quello che sta provando la mia famiglia”.

Nella sua lettera d’addio, Daniel ha scritto:

“Sto scrivendo per raccontare la mia esperienza alla Holy Angels Catholic Academy. All’inizio è andato tutto bene. Molti amici, bei voti, vita ottima. Ma poi tutto è diventato diverso. I miei vecchi amici sono cambiati. Non parlavano più con me e non piacevo loro. Sono arrivato alla sesta classe. Il mio amico Anthony non andava bene, e neanche io. Anthony ha deciso di scaricare tutto su di me. Insieme a John, Marco, José e Jack faceva bullismo contro di me. Lo facevano tutto il tempo, fino a quando ho litigato con Anthony. Tutti si sono fermati, tranne John. Era arrabbiato. Ho finito per dovermi sottoporre a una radiografia al dito a causa di John. Ho litigato con lui e mi sono fratturato il mignolo. Si è messo nei guai, mentre io non ho avuto alcun problema.

Ma hanno continuato. Ho smesso anche di aspettarmi un aiuto da parte dei professori. Non facevano NIENTE. Non li facevano smettere, e quando provocavano problemi la colpa ricadeva su di me. Anthony era furioso con me perché pensava che lo avessi danneggiato. La signora McGoldrick non faceva niente. Ho raccontato tutto ai professori e non hanno fatto nulla. Solo la professoressa D’Alora, la più gentile di tutte, si è mossa. Capiva e ha cercato di fare qualcosa, ma non è durato molto. Volevo andare via, ho chiesto, implorato. Non ce la facevo più, non mi importava niente. Volevo solo andarmene”.

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Il termine “bullismo” può essere relativamente nuovo nel nostro vocabolario, ma la pratica è molto antica e comune e ha un potenziale distruttivo. Come la depressione, il bullismo tende ad essere relativizzato o sottovalutato come se si trattasse di semplice “sfacciataggine”: gravissimo errore. Non conosciamo l’intensità della sofferenza altrui. È nostro dovere morale esercitare la cura e il rispetto per il prossimo – e questo si trasforma in dovere se siamo davvero cristiani. Stiamo attenti al nostro prossimo. Può fare la differenza tra la vita e la morte della prossima vittima.

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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