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Mia sorella è morta, e non ho alcuna lezione da offrire, ma Dio è con noi

Crucifix on a coffin

Godong/GettyImages

Crucifix on a coffin

David Mills - pubblicato il 16/09/16

Ho visto morire entrambi i miei genitori, ma questo è stato infinitamente peggio

Mia sorella è morta alle 5.35 del giorno dopo il Labor Day, pochi giorni fa. Ho visto morire entrambi i miei genitori, ma questo è stato infinitamente peggio. Sono rimasto con lei quasi tutto il lunedì del Labor Day, insieme a qualche altro visitatore e a mia moglie, e poi la sera e la notte dopo che era andata all’hospice – recitando il rosario, cantando per lei, camminando avanti e indietro – fino a che il suo respiro è diventato più debole e roco. Pochi minuti dopo ha spalancato gli occhi, li ha chiusi ed è morta.

Sembrava così piccola in quel letto, un braccio scheletrico, l’altro gonfio per un coagulo di sangue. L’ultimo giorno aveva devastato talmente il suo volto che non sembrava neanche lei. La morte fa schifo. Non ho mai pianto tanto da quando avevo tre anni.

L’ultima visita

Mia moglie Hope ed io eravamo stati con lei nella prima metà di agosto, e quando se ne è andata stava meglio di quanto non stesse da mesi e non vedeva l’ora di iniziare la chemioterapia. Solo due settimane dopo, il giorno in cui doveva iniziare le sedute, l’assistente del suo oncologo mi ha chiamato per dire che stava molto male ed era stata nuovamente ricoverata in ospedale, e che dovevamo andare lì.

Non devo aver capito bene cosa mi aveva detto, perché ho preso un paio di scatole di libri e fogli, pensando che sarei stato lì per un mese o due. Mentre ci recavamo all’ospedale pensavamo a come festeggiare il Ringraziamento con lei. Non avevo idea del fatto che il cancro fosse tornato così rapidamente e in modo tanto aggressivo.

Siamo entrati in ospedale nel primo pomeriggio di domenica e ho trovato tre medici e due infermiere che la esortavano ad andare all’hospice. Lei ha agitato rabbiosamente la mano e ha detto “Voglio andare a casa”. Ha concordato di rimanere la notte quando ho promesso che l’avremmo portata via la mattina dopo. Alle 5.00 della mattina seguente mi ha svegliato con un SMS in cui diceva “Sei nella mia stanza?”

Siamo andati in ospedale che era ancora buio. La caposala, che si era occupata di lei nei suoi cinque ricoveri precedenti, ha iniziato a piangere cercando di trattenersi quando ci ha dato le istruzioni per le dimissioni. “Nessuno in queste condizioni se n’è mai andato”, ha detto. “Restano sempre”:

Molte infermiere sono venute ad assistere mia sorella ben al di là della preoccupazione professionale. Dopo aver messo Karen nella nostra macchina, la caposala si è girata e mi ha dato un lungo e forte abbraccio. Poi si è incamminata rapidamente per rientrare in ospedale, ma non senza che avessi visto le lacrime nei suoi occhi.

Karen (di due anni più piccola di me e la mia unica sorella) era nella sua nuova casa da un mese quando a metà marzo il medico del Pronto Soccorso le ha detto che stava morendo di un cancro al quarto stadio. Si era già diffuso ai linfonodi, alla testa e al midollo. All’inizio l’oncologo pensava che potesse vivere per un anno o due o anche di più, soprattutto visto che il primo trattamento, sorprendentemente, era andato molto bene. È morta meno di sei mesi dopo.

È l’“amica” di cui ho scritto alcune volte. Usavo la parola “amica” per difendere la sua privacy, ma era una persona del tutto senza pretese e probabilmente non gliene sarebbe importato.

Nessuna lezione, o forse una

Non ho una lezione da offrire, se non forse questa: che a volte le parole non confortano e non guariscono, ma l’amore aiuta. Non ero tanto propenso a teologia o pietà, ma ero ansioso di segni del fatto che Dio rimane con noi.

Ne ho avuto uno. Dopo aver guardato Karen tutto il giorno lunedì sono dovuto uscire, e quindi dopo che tutti se n’erano andati verso le 16 sono andato a fare la spesa mentre Hope rimaneva con lei. Erano amiche da 35 anni. Sono tornato dal negozio e ho guardato nella stanza di Karen da fuori.

Era seduta su un lato del letto, spingendosi avanti, con il gomito sinistro sul tavolino accanto al letto e la mano destra sul grembo. Guardava Hope, che era seduta su una sedia davanti a lei, con le mani nel suo grembo, le ginocchia vicinissime. Era chinata in avanti a guardava Karen. Nessuna delle due parlava. Sedevano semplicemente lì, con le teste vicine. È stata una delle cose più belle che abbia mai visto.

Probabilmente dovrei dire che le parole di un certo tipo aiutano, le parole che la preghiera ha reso valide. Dopo che le infermiere dell’hospice ci hanno lasciato, ho detto a e per mia sorella, che era scivolata in stato di incoscienza mentre era ancora a casa e non avrebbe mai sentito di nuovo, la preghiera della Messa funebre, la In Paradisum. Dopo la sua morte, prima di chiamare l’infermiera, l’ho ripetuta.

Karen, in Paradiso ti accompagnino gli angeli,
al tuo arrivo ti accolgano i martiri,
e ti conducano nella santa Gerusalemme.
Ti accolga il coro degli angeli,
e con Lazzaro povero in terra
tu possa godere il riposo eterno nel cielo.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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