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Quali peccati si compiono in rete?

Surprised and disgusted woman working on laptop

© Piotr Marcinski/SHUTTERSTOCK

Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 14/09/16

E quali sono le conseguenze? L'ultimo drammatico esempio ha coinvolto una ragazza uccisa dalla vergogna e dall'irresponsabilità di troppe persone

E’ la triste notizia di questi giorni, il suicidio di Tiziana Cantone che non ha sopportato la vergogna e il malessere dell’avere visto la propria intimità sbattuta su piazza grazie alla rete, ai social network, a youtube e alle persone sbagliate. Da un lato il voyerismo di chi ha condiviso, messo like a pagine o video, dall’altro una drammatica mercificazione del corpo di una ragazza qualunque. In mezzo il cosiddetto “popolo della rete” che grazie all’anonimato ha dato sfogo ad una versione 2.0 del “Crucifige” della folla. Incurante degli esiti, il popolino vuole vedere solo gli schizzi di fango?

A questo proposito Aleteia ha intervistato Don Mauro Cozzoli, docente di teologia morale presso la Pontificia Università Lateranense che proprio quest’anno ha contribuito ad un evento di formazione specifica per i confessori sui “peccati informatici”, un tema quanto mai attuale per questa e molte altre vicende.

Don Mauro, cosa pensa che cosa pensa della vicenda di Tiziana Cantone? Cosa direbbe a chi ha diffuso il video e a chi ha tardato a rimuoverlo dalla rete?

Cozzoli:C’è un atto di grande irresponsabilità, sia per chi ha postato per la prima volta, sia per chi ha tardato a rimuovere: c’è stato un grave atto di ingiustizia. E’ stato violato un diritto al pudore, il quale dice di più profondo del diritto alla privacy, perché va a toccare la dignità e l’onore della persona; e questo è senza dubbio un peccato sotto il profilo morale.

I confessori devono avere una specifica formazione sui social e internet per affrontare il loro ministero oggi?

Certamente. E’ su internet che si commettono molti peccati oggi: ci sono peccati di truffa che ledono la giustizia, ci sono peccati che riguardano la verità e la sincerità, i cosiddetti fake che cercano di ingannare il prossimo. Il mondo digitale è pieno di rischi ma anche di opportunità per l’evangelizzazione. Non possiamo demonizzare uno strumento, dobbiamo saperlo però usare con sapienza.

Trollare altri utenti è peccato?

Sì, e vanno compresi come tali perché sono forme inedite di peccati come il mascheramento, l’imbroglio e la menzogna, come l’offesa per trarre profitti o vantaggi diretti e indiretti. E’ questa in fondo la questione: i peccati sono quelli, ma si esprimono in modi nuovi, è bene capirlo per promuovere una conversione.

Il cyberbullismo come va affrontato in confessionale? Che domande dovrebbe fare un sacerdote ad un ragazzo?

Conoscendo il mondo giovanile, che è il mondo che maggiormente si avvale di questi strumenti, l’educatore in generale e il confessore in particolare devono aprire questi capitoli con molto tatto: “che uso fai del tuo smartphone?” “che uso fai del tuo facebook?” I ragazzi vanno stimolati ad affrontare questi problemi perché altrimenti non si formerà mai una coscienza. La confessione va vista in un contesto educativo globale, in cui si accompagnano i ragazzi. Questi problemi sono nuovi perché inediti. Come tali non sono stati affrontanti in passato!

Ci sono siti che fanno satira inventando notizie divertenti o prendendo in giro le persone famose e poi ci sono siti che spacciano per notizie, autentiche bufale e mezze verità. Che responsabilità morale hanno queste piattaforme acchiappaclick o banalmente funzionali ad interessi poco chiari? Fanno peccato?

Nella rete oggi c’è una domanda morbosa di certi tipi di notizie. Ma non può essere la legge della domanda e dell’offerta che può costituire la regola. Chi gestisce queste cose deve porsi questi problemi morali e non sottostare a questo principio economicistico: l’ampiezza della richiesta non la rende né lecita né onesta. Bisogna porre dei limiti morali ma anche legali e giuridici. Il centro è sempre la dignità della persona. Si offende la persona quando si lede la sua dignità e il suo pudore.

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