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Matrimonio: perché la nuova formula “accolgo te” è migliore di “prendo te”

Bride and groom are holding each other’s hands during church wedding ceremony

© MNStudio / Shutterstock

don Antonio Rizzolo - Credere - pubblicato il 13/09/16

Preparo i fidanzati al Matrimonio e in tanti mi chiedono se è possibile utilizzare la vecchia formula, cioè “io prendo te”, al posto di “accolgo te”. Nella Bibbia si dice sempre “prendere moglie” o “prendere “marito”. Si accoglie un ospite (che dopo tre giorni puzza), non chi è diventato carne della tua carne.

Rocco

Il nuovo Rito del Matrimonio è entrato in vigore, diventando così obbligatorio, il 28 novembre 2004, prima domenica di Avvento. Tra le novità, quella che ha più colpito la fantasia è la formula del consenso, che al posto di “prendo” prevede la parola “accolgo”. A più di dieci anni di distanza, mi meraviglia che alcuni siano ancora affezionati alla vecchia frase. Che peraltro non ha un fondamento biblico. Era solo un modo di tradurre in italiano espressioni che significano semplicemente “sposarsi”.

Ad esempio, nel Vangelo di Luca (20,34), la frase di Gesù “i figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito” alla lettera suona così: “I figli di questo mondo si sposano e sono sposati”.

La modifica è stata introdotta per esprimere meglio il dono che ciascuno dei due sposi è per l’altro. E un dono si accoglie. Non è l’accoglienza che si offre a un ospite, ma quella che fa entrare per sempre nella propria vita l’altra persona, con la quale si diventa “una sola carne”. Ma c’è un ulteriore elemento che va messo in rilievo. La nuova formula, sottintendendo l’idea del dono che si accoglie, esprime da una pare che i due sono l’uno per l’altro un dono e non un possesso, ma dall’altra parte anche che tale dono viene da Dio. Questo è ancora più chiaro dalla novità più importante che c’è nella formula di consenso: l’aggiunta della frase “con la grazia di Cristo”.

Perché, lo sappiamo, le promesse sono difficili da mantenere, la vita è piena di insidie e di ostacoli. La grazia di Cristo sostiene gli sposi nel loro cammino. Ed è a lui che devono sempre far riferimento per rinnovare ogni giorno l’impegno iniziale: “Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. In breve, l’uomo e la donna si accolgono reciprocamente dalle mani di Dio come sposo e sposa e, con la grazia di Cristo, iniziano un cammino di amore e di fedeltà che dura tutta la vita. Il nuovo rito, peraltro, prevede una seconda formula, dove non c’è più il problema di prendere o accogliere. I due sposi chiedono infatti l’uno all’altro: “vuoi unire la tua vita alla mia, nel Signore che ci ha creati e redenti?”. E poi insieme concludono: “Noi promettiamo di amarci fedelmente, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di sostenerci l’un l’altro tutti i giorni della nostra vita”.

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