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Giovanni Pellielo, il “tiratore di Dio”: leggo i libri di Ratzinger prima di andare a dormire

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AFP PHOTO / PASCAL GUYOT

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 10/08/16

Secondo nella finale olimpica di Rio, è un uomo di profonda fede e di valori nobili

Le storie dello sport sono costruite sulla capacità, la tenacia e la costanza nel tempo degli atleti. La storia di Giovanni Pellielo è una di queste. Quarantasei anni, soprannominato il “tiratore di Dio” per la sua fede, anche questa estrema così come lo è la sua vita di atleta. Se praticasse uno sport più glamour come il golf, le moto o il tennis sarebbe ogni giorno sulle pagine dei giornali. Pratica invece il tiro al piattello, uno sport cosiddetto minore, che raggiunge le cronache solo nei giorni delle Olimpiadi.

L’ATLETA DEI RECORD

Pellielo è l’atleta più forte della storia di questo sport. Ha vinto quattro volte il campionato del mondo e quattro medaglie in altrettante Olimpiadi. È un esempio a cui rivolgersi quando si parla di eccellenza dello sport italiano. Ci si dovrebbe rivolgere a lui per sapere e capire come sia possibile che dopo così tanti anni di attività, sia rimasta intatta la volontà d’impegnarsi per continuare a livelli mondiali assoluti. Negli ultimi quattro anni si è classificato primo, terzo e secondo ai campionati del mondo e ora ha aggiunto ai suoi successi la medaglia d’argento di Rio.

LA RICERCA DELLA PERFEZIONE (IMPOSSIBILE)

La sua motivazione è basata sulla continua voglia di ricercare la perfezione, nella consapevolezza che non potrà mai essere raggiunta. Infatti, è capace di mettere spessori anche solo di un millimetro nel calcio del fucile per sperimentare differenze che quasi nessuno sarebbe in grado di percepire. Vuole dire essere tutt’uno con il proprio strumento sportivo, per raggiungere quella confidenza che gli consente di esprimersi a livelli assoluti da più di venti anni.

UMILE E CORAGGIOSO

Umiltà e coraggio sono le sue due più grandi qualità. L’umiltà di sapere che in uno sport di precisione l’errore può succedere in qualsiasi momento e non è recuperabile, a meno che l’avversario non commetta lui stesso un errore. Coraggio, poiché ogni gara viene comunque affrontata con quella convinzione che è alla base di ogni tiro.

LEGGENDO RATZINGER

Pellielo non ha mai nascosto la sua forte fede religiosa. E’ un cattolico praticante, ha un’idea molto sana dello sport come mezzo per affratellare i popoli, non concepirebbe mai l’uso di un’arma fuori dal contesto agonistico. Per consumare le lunghe ore della vigilia a Rio, ogni sera leggeva un brano dei tre libri che Joseph Ratzinger ha dedicato alla figura di Gesù (Quotidiano.net, 9 agosto).

“SAPRO’ ACCETTARE IL RISULTATO”

Questo approccio gli ha trasmesso una grande tranquillità interiore prima della gara: «Sono molto sereno – ha detto Pellielo – Non ho tensioni: quest’anno ho fatto molte sperimentazioni, con il fucile, con le munizioni, e in alcuni casi sono rimasto fuori dalla finale a sei. Non potevo arrivare ai Giochi più preparato di così. Sarà una bella sfida: se vincerò l’oro sarà una bella soddisfazione, se non lo vincerò, non succederà nulla. Sono altri i problemi della vita» (La Stampa, 5 agosto).

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