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Vi spieghiamo perché un cristiano non può mai maledire qualcuno

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Padre Henry Vargas Holguín - pubblicato il 09/08/16

In primo luogo, tre testi introduttivi: 1.- “Benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano” (Lc 6, 28). 2.- “Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite” (Rm 12, 14). 3.-“E finalmente siate tutti concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno, misericordiosi, umili; non rendete male per male, né ingiuria per ingiuria, ma, al contrario, rispondete benedicendo; poiché a questo siete stati chiamati per avere in eredità la benedizione” (1 Pt 3, 8-9).

Detto questo, intuiamo già che non maledire è praticamente un ordine. Nel discorso della Montagna, Gesù si è riferito al divieto di maledire: “Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste” (Mt 5, 44-45).

Qualcuno si chiederà: “Cosa vuole Gesù dicendo questo? Che ami i miei nemici, chi mi maltratta, chi cerca il mio male?”. Sì, anche se suona assurdo alla logica umana, è questo che ci chiede Gesù. Anzi, se compiamo la sua volontà, è questo che ci identifica come figli del Padre celeste; è quello che ci rende suoi figli, quello che mi invita a riconoscere nell’altro un fratello.

La fraternità non è una condizione imposta dall’alto, ma qualcosa che costruiamo giorno dopo giorno, anche tra estranei, se in realtà siamo cristiani. Per essere figli di Dio, di fatto e non di nome, sappiamo già cosa fare.

Le cose devono essere fatte come Cristo, il Figlio di Dio, ci ha insegnato con il suo esempio per essere figli del nostro Padre celeste. Essere figli di Dio non è solo avere un certificato di Battesimo in tasca, ma vivere come tali. Se dico di essere figlio di Dio, devo comportarmi in base a quello che sono. Non può essere altrimenti. Le leggi naturali non possono essere violate.

Dobbiamo riconoscere chi è nostro Padre per saperci comportare come suoi figli, nel Figlio. Noi battezzati siamo esseri spirituali, siamo persone chiamate alla conversione, a identificarci sempre più e meglio con la Parola e la volontà divine, ad essere quello che siamo, “immagine e somiglianza di Dio” (Gn 1, 26-27).

Il battezzato dovrà quindi comportarsi come fa Dio Padre, che benedice indiscriminatamente perché “fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt 5, 45). Siamo benedetti abbondantemente da Dio per essere, solo ed esclusivamente, una benedizione per tutti.

Tutte le caratteristiche e gli attributi di nostro Padre Dio sono, o devono essere, caratteristiche e attributi che dobbiamo avere nella misura che ci spetta. E se Gesù Cristo si è mostrato misericordioso e amorevole nei confronti dei suoi nemici, non possiamo essere da meno, dobbiamo comportarci allo stesso modo.

Qualcun altro si chiederà: “Ma è possibile amare i miei nemici? È possibile benedire chi ci maledice o ci perseguita?”. È possibile, anche se non è facile, e non è facile perché in genere tendiamo a reagire in linea con gli atteggiamenti degli altri. Si dice che per ogni azione c’è una reazione, e se c’è un’azione di aggressione nei confronti della nostra persona è quindi logico, “umanamente parlando”, che la prima tentazione (e sappiamo già chi sia il tentatore) sia anch’essa di aggressione.

Gesù, però, ha portato una nuova legge al suo popolo, una legge che è più esigente di quella precedente data da Mosè. La legge di Gesù, anche se è difficile da compiere, si può rispettare perché in Lui siamo nuove creature di Dio, siamo una nuova creazione, le cose vecchie sono passate, tutte sono fatte nuove (2 Cor 5, 17).

Dall’altro lato, il cristiano che vuole seguire Gesù deve compiere quello che Egli dice. Gesù ha detto: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso” (Mc 8, 34). Non possiamo seguire Gesù se non ci rinneghiamo, se siamo schiavi di alcuni istinti, se ci aggrappiamo a una logica umana che invita a seguire la legge caduca del taglione.

Dobbiamo quindi agire secondo le condizioni o indicazioni della nostra guida. Quali condizioni? Ricordiamo, tra le altre, amare i nemici, benedire chi ci maledice, fare il bene a chi ci molesta e pregare per chi ci offende e ci perseguita.

Se un cristiano risponde a queste richieste di Gesù, tra le tante che ci propone, nei confronti delle persone con cui abbiamo qualche problema, significa che è figlio di Dio e discepolo di Cristo. Se però non le manifesta, significa che non è ancora nato a questa nuova vita in Cristo.

Nessuno, assolutamente nessuno – men che meno un sacerdote –, deve maledire. Chi maledice diventa strumento del maligno. E maledire non è dire male o parlare male di qualcuno, che è peccato; è condannare qualcuno o qualcosa alla distruzione. Maledire, secondo il dizionario, è chiedere e desiderare che si verifichi un male a qualcuno, che le cose vadano male a qualcuno, eccetera. E in questo senso maledire è anche peccato, anche se più grave.

La Sacra Scrittura, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, rifiuta l’azione di maledire. E bisogna fare attenzione, perché maledire colpisce di più chi proferisce la maledizione. Maledire è come sputare verso l’alto. Il primo pregiudicato dal male è chi lo commette.

L’atto di maledire è proprio degli increduli (Rm 3, 14), non dei credenti. Maledire è il frutto di un cuore lontano da Dio. Non esiste alcuna giustificazione, anche se si può avere tutta la ragione del mondo, perché un credente proferisca maledizioni.

San Giacomo lo ha esposto molto bene nella sua lettera: “Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. È dalla stessa bocca che esce benedizione e maledizione. Non dev’essere così, fratelli miei! Forse la sorgente può far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara? Può forse, miei fratelli, un fico produrre olive o una vite produrre fichi? Neppure una sorgente salata può produrre acqua dolce” (Gc 3, 9-12).

La cosa è quindi chiara e semplice. Come un sorgente non può produrre acqua

dolce e salata allo stesso tempo, neanche un credente può benedire Dio e poi maledire il prossimo. Quando un cristiano ha Dio nella mente e nel cuore, si nutre di Dio nella Comunione e medita la sua parola notte e giorno, sarà impossibile che dalla sua bocca escano delle maledizioni, perché la bocca parla dall’abbondanza del cuore (Mt 12,34).

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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