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Se vi piace il canto gregoriano, amerete quello visigótico

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commons.wikimedia.org

Daniel R. Esparza - pubblicato il 29/07/16

Questo tipo di canto risale a una tradizione orale precedente all'invasione araba

È più comunemente noto come “canto mozarabico”, ma questa definizione è per vari motivi errata. È quindi più opportuna definirla “liturgia ispanica”, come è stata anche chiamata.

Se è vero che i manoscritti che compongono il canone di questo tipo di canto liturgico sono tutti successivi all’invasione araba della penisola iberica, è vero anche che questi testi raccolgono una tradizione orale che lo stesso Sant’Isidoro di Siviglia aveva descritto nei suoi scritti sulla liturgia (De officiis ecclesiasticis).

Questa tradizione orale, nello specifico, ha due fonti: una, nel nord della Spagna, conosciuta come castigliano-leonesa; e un’altra, a sud della penisola, conosciuta come toledana, anche se molto probabilmente ha avuto origine a Siviglia, come sembra indicare la testimonianza di Sant’Isidoro.

Questi canti, secondo alcune fonti, hanno una forte influenza ebraica: a quanto pare, fino al quarto secolo, nella penisola iberica ebrei e cristiani hanno condiviso alcune pratiche liturgiche, come recitare i salmi e leggere i libri del Vecchio Testamento.

Da queste pratiche comuni potrebbero derivare alcune delle melodie che sentiamo in queste forme liturgiche monodiche.

Nel video, i canti visigotici-mozarabici dopo la “riforma” del vescovo Cisneros, che si incaricò nel 1495 di raccogliere e organizzare questi codici, convertendoli in un messale e un breviario.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

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