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10 consigli per vere coppie intrepide che cercano la felicità

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 25/07/16

Dal rispetto della diversità ad evitare di voler cambiare l'altro. Così l'amore eterno non è più una chimera

Sei innamorato ma infelice? Pensi che la tua coppia abbia bisogno di una iniezione di energia? Trovare l’equilibrio e la felicità col proprio partner è un percorso ricco di ostacoli.

Il prof. Robert Cheaib, teologo, docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore a Roma e la Pontificia Università Gregoriana, in “Il gioco dell’Amore” (Tau editrice) presenta dieci passi per fare in modo che una coppia si incammini verso la felicità. Dieci consigli pratici e utili che renderanno più sereno il vostro futuro.

«Questo libro – premette Cheaib – vorrebbe andare oltre il falso mito che la coppia felice sia un’impresa facile. Felice e facile non sempre vanno insieme. Come d’altronde felice e difficile non sono antonimi, neppure nel dizionario. La coppia è un cammino, e quando si cammina si è meno in equilibrio di quanto lo si sarebbe da fermi o da seduti. Ma le scoperte, gli incontri e le esperienze che si fanno mentre si cammina valgono tutto il rischio del mettersi in marcia. Se mettersi in cammino è rischioso, stare immobili è mortale, è già morte».

E allora ecco i dieci passi per volare verso una possibile felicità!

1) STAR BENE ANCHE IN SOLITUDINE

L’incapacità di saper stare da soli spinge le persone a rifugiarsi nell’amore come antidepressivo, come droga, come sedativo e a costituire delle coppie fatte di individui che si rifugiano nell’amore dalle loro identità incerte. L’arte di saper stare bene da soli, invece, apre a un grande privilegio: quello di poter scegliere con chi stare. La solitudine feconda e ricca ci ridona a noi stessi e ci permette di condividere con l’altro non solo cose, non solo esperienze, non solo liste della spesa, ma noi stessi, la nostra stessa ricca vita. È bene sposare la propria solitudine prima di sposarsi.

2) RISPETTARE (E PERDONARE) LA DIVERSITA’

Un detto anglosassone afferma che non bisogna giudicare una persona prima di aver percorso un miglio con le sue scarpe. Per fare un miglio con le scarpe di qualcun altro, devo levarmi le mie prima di tutto, facendo lo sforzo del distacco difficile dalla mia soggettività. Solo chi osa l’avventura dell’alterità vive un impegnativo ma felice incontro. Mettersi in coppia senza l’intento di mettersi nei panni dell’altro è preannuncio di sventura assicurata.

Se non sono pronto all’avventura dell’alterità, mi trovo nella condizione narcisistica di attraversare l’altro alla ricerca di me stesso. Mi illudo di vedere l’altro e di stravedere per lui ma, in realtà, vi imprimo la mia immagine sotto le mentite spoglie del nome e del volto dell’altro. La prima cosa che dobbiamo riconoscere nell’altro è la sua diversità. La prima cosa che dobbiamo perdonare all’altro è la sua alterità.

3) I RISCHI DELLA FAMILIARITA’

La coppia è un nido, un rifugio, uno spazio prezioso. Chiese un discepolo al suo maestro: «Qual è il pericolo più grande per la vita comune?». La risposta decisa e lapidaria fu: «La familiarità!». Familiarità è quando sei così abituato a una realtà che non te ne rendi più conto. Ci passi accanto o, peggio, ci passi sopra, senza battere ciglio. Familiarità è dare l’altro per scontato, dimenticando che le relazioni non possono vivere di sconti. Lo scontato nei rapporti genera scontentezza. Familiarità è anche credere di avere il diritto, anzi il sacro dovere, di dire tutto quello che “sentiamo” o che ci ronza per la testa.

Essere se stessi non equivale ad abbandonarsi alle proprie emozioni che vanno e vengono. Essere se stessi è anche essere in controllo dei propri sentimenti e dei propri sbalzi d’umore. Essere se stessi è dominare i propri istinti e mettere un freno alla propria lingua.

4) ESSERE ESIGENTI

Non si può amare al condizionale: «ti amo se», «ti amo però». Quando si ama qualcuno, lo si ama per se stesso. Tenendo a mente il principio di reciprocità nell’esigenza.Esigere è spronare, non spremere. È contribuire delicatamente alla fioritura della libertà con il calore di un amore incondizionato. L’amore ha esigenze di «eternità». Ma non solo.

Anche esigenze di responsabilità. Essere responsabile di qualcuno è poter rispondere dei propri gesti nei suoi confronti e custodire sempre lo spazio della sua risposta. Responsabilità implica premura. La premura garantisce l’accoglienza e la cura per l’esistenza dell’altro. È una dimensione “materna” che contraddistingue l’amore che non può essere al condizionale.

5) NON FARE GLI “PSICOLOGI”

Tante persone sono deluse dall’altro, non perché sia cattivo, ma semplicemente perché non le completa. Speravano, mettendosi con quella persona, di non sentire più noia o solitudine e di non dover più parlare perché l’altro le avrebbe capito al volo… invece si trovano con una maledetta alterità, a cui bisogna spiegare tutto e ripetutamente.

Nessuno, ma proprio nessuno, può diventare una presenza totale e totalizzante nella nostra vita. Non idealizzare. La persona che incontrerai, o con cui stai già, non è Dio, ma al massimo un dono di Dio. Non è un salvatore, né un salvagente, ma una persona come te che richiede salvezza. A proposito di “salvatori”, uno dei grandi sbagli – specie delle persone con il carattere da crocerossina, da madre Teresa o con la sindrome da Gesù Cristo – è mettersi con una persona per salvarla, per aggiustarla. Non si può vivere con sanità una relazione a due livelli e con ruoli doppi: non puoi fare il fidanzato e lo psicologo della tua fidanzata.

6) BUONUMORE

Il desiderio d’amore ha bisogno di una sicurezza lucida che gli doni la dose di pace necessaria per rimanere e costruirsi, ma ha bisogno anche di quel tocco di ludicità, di novità e rinnovamento. Ha bisogno di quel pizzico di avventura che gli viene regalato con la sorpresa ricreatrice dell’umore e gli permette di superare le sue sventure.

Essere ludico è relativizzare le proprie esperienze, anche quelle più belle… anche quella dell’amore. La sapienza del sorriso sa introdurre l’effervescenza di novità nella coppia, ma sa anche simpatizzare con la familiarità, con le cose che non cambiano

7) MORIRE PER SAPER ASCOLTARE

L’amore uccide l’egoismo per salvare te dall’annegare in te stesso e salvare la coppia dalla voragine dell’egoismo a due. Chi vuole amare realmente, deve uscire da se stesso. Uscire da sé, poi, non è sempre una piacevole estasi. È un affidarsi all’ignoto, come un seme che si affida al freddo e al buio della terra, per morire. Solo accettando questa “sepoltura”, il seme può “risorgere” e dare frutto.

Affossare il proprio egoismo significa aver imparato a dialogare con l’altro. In ogni vero dialogo c’è una morte a se stessi, perché la parte essenziale del dialogo è l’ascolto. Ascoltare non è solo udire, è sentire i sentimenti che si fanno parole. È un gesto di “com-passione”, di condivisione e di accoglienza del pathos dell’altro.

8) RISORGERE PER RILANCIARSI

Ci sono parecchie occasioni per le quali una relazione d’amore arriva a un momento di stagnazione. Ogni tentativo di riattivare il dinamismo di vita sembra cozzare contro un muro di piombo. In situazioni di stallo e di morte relazionale, diventa alquanto cruciale dire «tu non morirai», perché significa «credo ancora in noi». Significa che voglio investire di nuovo e ancora. Significa semplicemente: «Ti amo».

E in questi momenti che non si deve avere paura del contrasto e della discussione costruttiva. Ci sono persone che pensano che discutere significhi non amarsi più. Non sono della filosofia di “l’amore non è bello se non è litigarello”. Quello che ripeto alle coppie, però, è questo: non vi allarmate se discutete animatamente, temete piuttosto la concordia senz’anima.

Per ricominciare, l’amore ha bisogno di tre alleati: umiltà, coraggio e speranza.

Osare risorgere non sempre prende il taglio drammatico di un rapporto che muore e che ha bisogno di rianimazione o, addirittura, di risurrezione. Può semplicemente prendere la forma di una scelta rinnovata dell’altro dopo che l’abbiamo conosciuto meglio nella sua realtà. È scegliere l’altro, non solo quando la sua attrattiva di novità lo impone come perfetto, ma quando il tempo lo ripropone nella sua imperfezione e, nondimeno, osiamo sceglierlo come perfetto per noi, proprio in questa sua imperfezione.

9) RESTARE CONNESSI (CON IL MONDO REALE)

«Osa essere connesso», allora, è uno dei passi più impegnativi di questo cammino, perché implica almeno tre connessioni da ristabilire e rafforzare: con noi stessi, con quello che facciamo e con gli altri. È l’impegno di essere meno s-connessi in pseudo-mondi Wi-Fi e più connessi e presenti in incontri reali e vivi. Le coppie, inoltre, hanno bisogno di un contesto di coppie per confrontarsi e confortarsi. Le relazioni permettono alle coppie di relativizzare i propri drammi. E si sorprendono che certi drammi strappalacrime diventano commedie che strappano qualche risata.

10) AVVICINARSI A DIO

L’amore non è Dio, ma grazie all’esodo dell’amore iniziamo a somigliare a Dio, permettiamo a Dio di diventare vita della nostra vita. Amare come Dio ci trasfigura, non per fare di noi degli dèi capricciosi che possiedono l’altro, ma per conformarci a somiglianza del Dio che ama donando tutto e donando tutto se stesso.

Siamo chiamati a diventare «per partecipazione ciò che Dio è per natura», quindi a diventare partecipi dell’amore che Dio è. La distinzione tra Dio e uomo rimane, ma la possibilità di amare Dio è messa a nostra disposizione per trasfigurarci. Questa è la grande rivoluzione. L’amore è una «virtù teologale» perché è dono puro di Dio che ci permette di fare un atto tipico di Dio: amare veramente.


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