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Sorelle, suore, aspiranti, postulanti, novizie… cosa significa?

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AFP PHOTO / MARTIN BERNETTI

Elizabeth Scalia - Aleteia - pubblicato il 13/07/16

Un utile glossario collegato alle religiose cattoliche

Un recente articolo di Aleteia che discuteva sul motivo per il quale alcune religiose indossano l’abito e altre no ha portato un lettore a porre una domanda: “Qual è la differenza tra una ‘sorella’ e una ‘suora’, e in cosa differiscono postulanti e novizie?”

La foto del noviziato passionista mostra una suora che ha pronunciato i voti perpetui, una che ha pronunciato i voti temporanei, due postulanti e un'aspirante. A Dio piacendo, le postulanti diventeranno novizie, indossando abiti con il velo bianco, e l'aspirante assumerà la blusa e il velo corto delle postulanti.
La foto del noviziato passionista mostra una suora che ha pronunciato i voti perpetui, una che ha pronunciato i voti temporanei, due postulanti e un'aspirante. A Dio piacendo, le postulanti diventeranno novizie, indossando abiti con il velo bianco, e l'aspirante assumerà la blusa e il velo corto delle postulanti.

Molto brevemente, una “suora” è una donna che ha compiuto un discernimento sulla chiamata a vivere in un’abbazia, in un monastero o in un priorato come religiosa contemplativa. Questo implica in genere il fatto di vivere e lavorare in uno spazio “chiuso” designato, proibito a tutti tranne che ai sacerdoti, al personale medico e agli operai e con la possibilità di uscire solo per questioni mediche o che coinvolgono il monastero. Come per i monaci, il “lavoro” di una suora, al di là di quello che aiuta a sostenere materialmente la casa, è la preghiera, che è continua e viene offerta per il bene della Chiesa e del mondo.

Una “sorella” è una religiosa il cui carisma apostolico è considerato “attivo”,intendendo che se lei e la sua comunità sicuramente pregano, assistono anche la Chiesa con altri mezzi, tra i quali il lavoro a livello sociale, l’insegnamento, l’assistenza infermieristica, l’assistenza pastorale e di ritiri, il lavoro missionario, il lavoro nei media, l’assistenza agli anziani, ecc. Fondamentalmente, le “sorelle” lavorano ovunque si sentano chiamate.

Una persona molto puntigliosa vorrà sottolineare la differenza tra le due tipologie, ma la maggior parte delle “sorelle” si riferisce a se stessa come a “suore”, e la maggior parte delle suore chiama le altre “sorelle”, per cui, anche se c’è una differenza, la maggior parte delle religiose non si cura del termine che viene usato.

Ci sono religiosi e religiose, e quindi alcuni stadi esistono per entrambi i sessi, ma visto che domanda riguardava le donne anche noi ci concentreremo su di loro.

Un’aspirante è una persona che vive per un po’ con una comunità per vedere se si sente attratta da questa vita ed è a proprio agio con una comunità, e anche per vedere se la comunità si trova bene con lei. In alcuni luoghi questo periodo viene chiamato “pre­postulandato”.

Una postulante è una persona che ha iniziato a imparare a vivere in comunità pur rimanendo allo stadio della “richiesta” ­ un periodo di discernimento più intenso. In base alla comunità, il postulandato dura dai 6 mesi all’anno, e in questo periodo la persona può essere chiamata o meno “sorella”. Questo e il fatto che la postulante indossi o meno una sorta di uniforme o segua un semplice codice di abbigliamento dipende dalla comunità.

Una novizia (dalla parola latina per “nuovo”, o principiante) è una postulante che è stata accolta formalmente nella comunità. Il noviziato ­ in genere (ma non sempre) due anni per le donne e un anno per gli uomini – dà inizio a un periodo di formazione intensa, studio e approfondimento della preghiera, e include una formazione sia canonica che apostolica. Se la comunità indossa un abito e prende dei nomi religiosi (alcuni fanno entrambe le cose, altri nessuna e alcune comunità lasciano la scelta alla sorella o alla suora), tutte queste cose in genere (ma non sempre) si verificheranno all’ingresso nel noviziato, con la suora che prende il velo bianco. Alcune comunità permettono un cambiamento di nome all’ingresso nel noviziato, ma non danno l’abito fino ai primi voti, o viceversa. Visto che il noviziato è ancora considerato parte del discernimento, un novizia è libera di lasciare la comunità (o le può essere chiesto di abbandonarla) in qualsiasi momento.

I primi voti hanno luogo quando una novizia ha completato il noviziato richiesto e ha chiesto l’ammissione formale ai voti, e la leadership e i membri della comunità con i voti definitivi hanno deciso che è chiamata al loro ordine o associazione. La novizia professa i voti “semplici”, che sono canonicamente vincolanti per un periodo di tempo specifico – in genere dai tre ai cinque anni, a volte di più. Ora è considerata un membro “professo temporaneo” della comunità, e può lavorare in un apostolato e firmare usando l’abbreviazione della comunità (ad esempio suor Theresa, fsp; suor Mary Anna, RSM).

La professione temporanea è ancora un periodo di discernimento, e una religiosa può chiedere la separazione, ma visto che i voti sono canonici serve un processo più formale.

I voti finali (o “perpetui”), nel monachesimo “professione solenne”, si verificano quando la religiosa prende i voti per la vita come membro di quella comunità. Firma la formula sull’altare e la mostra a tutti i presenti, e i suoi voti vengono inviati in Vaticano. Ora è “pienamente professa”, e in un certo senso una “professionista” di quella vita. Come per qualsiasi professione, la formazione è continua e dura tutta la vita.

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Elizabeth Scaliaè responsabile dell’edizione inglese di Aleteia

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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