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Che cosa resta del discorso di Ratisbona

Vatican Insider - pubblicato il 21/06/16

Dieci anni fa, dal 9 al 14 settembre 2006 papa Benedetto XVI si recava in visita apostolica nella sua terra di Baviera con tappe nella capitale München (Monaco), al santuario mariano di Altötting e nella cittadina di Regensburg (Ratisbona). In un viaggio all’insegna dell’affetto mostrato dai bavaresi per il «loro» Papa e dei ricordi del giovane Ratzinger, studente e teologo, un «incidente» – non certo voluto o quantomeno non previsto – che ha segnato per settimane i rapporti con l’islam: la ricezione, poi rivelatasi affrettata, di alcuni passaggi del suo discorso del 12 settembre nell’aula magna dell’università di Ratisbona, che aveva per titolo «Fede, ragione, università. Ricordi e riflessioni», provocò reazioni allarmate da parte di alcuni esponenti musulmani e non solo (un editoriale del New York Times pretendeva delle scuse, da più parti si parlò di gaffe …). 

Un discorso che prendeva le mosse dai ricordi dei primi anni di insegnamento, prima all’Istituto superiore di Freising e poi all’ateneo di Bonn (il clima studenti-professori, il senso dell’universitas, il dies academicus) e che rievocava la recente lettura di un testo di Theodore Khoury (Münster) sul dialogo che il dotto imperatore bizantino Manuele II Paleologo, forse durante i quartieri d’inverno del 1391 presso Ankara, avrebbe avuto con un persiano colto sul rapporto cristianesimo-islam e sul rispettivo concetto di verità. L’attenzione di alcuni, invece che sull’oggetto fede e ragione, venne dirottata sull’estremismo islamico e la violenza, tanto che si finì per parlarne ancora lo scorso anno, in occasione dei drammatici attentati di Parigi a gennaio e novembre, o Bruxelles. 

Ma cosa resta oggi del discorso di Ratisbona? Quali sono le chiavi di lettura per interpretare correttamente ciò che aveva creato disagio e rischio di incidenti diplomatici? Cosa dice all’uomo di oggi, in particolare europeo, la critica del Papa alla ragione che, in Occidente, «di fronte al divino è sorda e respinge la religione nell’ambito delle sottoculture» rendendosi di fatto «incapace di inserirsi nel dialogo delle culture»? 

A distanza di un decennio il «Cortile dei Gentili» ha avviato da alcune settimane uno «Speciale» di riflessione curato da Gabriele Palasciano. Sul sito (www.cortiledeigentili.com) vengono via via inseriti, da qui a settembre, diversi contributi che arricchiranno la riflessione, aiutando una corretta interpretazione. 

Per ora gli interventi sono articolati secondo tre prospettive: una prospettiva interculturale nella quale si situano specialisti come filosofi, storici, teologi, pedagogisti, una prospettiva storica all’interno della quale diversi storici ed esegeti discutono attorno al concetto di logos cristiano in rapporto ad altre tradizioni, sia religiose che filosofiche e infine una prospettiva più propriamente teologica con riflessioni di studiosi di diversi atenei, sia cattolici che della «Riforma» protestante per dare vita a un libero e creativo dibattito (non si esclude la possibilità di un’apertura in direzione anche del dialogo interreligioso). 

Già alla fine dell’anno 2006, nell’incontro per gli auguri natalizi con la Curia romana, papa Benedetto XVI aveva spiegato come a Ratisbona «il dialogo tra le religioni venne toccato solo marginalmente e sotto un duplice punto di vista. La ragione secolarizzata non è in grado di entrare in un vero dialogo con le religioni. Se resta chiusa di fronte alla questione di Dio, questo finirà per condurre allo scontro delle culture». Nello Speciale del Cortile dei Gentili il tema viene allargato e attualizzato secondo la sensibilità degli autori. Ne emerge, seppure ancora in costruzione, un colorato mosaico dove si sottolinea il tema, controverso, dell’appartenenza della teologia alle scienze (Giuliano Amato), la contraddittorietà tra irrazionalità e fede e tra il Dio-Logos e la violenza (Francesco Bellino), l’opportunità di continuare sulla strada del dialogo con le altre religioni all’interno della cornice teologica fissata dalla Dominus Jesus, più che dalla Laudato si’ (Giovanni Filoramo), la necessità di ricostruire una cultura dell’accoglienza e del confronto con l’altro, ben al di là della tentazione di erigere muri di difesa (Maddalena Colombo), ridefinire lo spazio della fede e il ruolo fondamentale che ha avuto e continua ad avere all’interno del patrimonio culturale e valoriale d’Europa (Adriano Fabris), la caratteristica fondamentale del cristianesimo di essere una religione di pace (Francis X Clooney sj). 

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