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Giubileo della Misericordia, 6 cose che sicuramente non sapevate sul logo

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Catholic Link - pubblicato il 09/06/16

La spiegazione del logo dell'Anno Santo mostra degli affascinanti dettagli - che molte persone ignorano - sulla misericordia di Dio

di Garrett Johnson

Dal momento che il Giubileo della Misericordia è in corso, vorrei consigliarvi di riflettere sul suo logo ufficiale. Potremmo avere diverse sensibilità artistiche, ma è sempre importante chiedersi: Dio, in che modo lo stai usando per parlarmi? C’è qualcosa che non vedo o non comprendo?

Oggi voglio provarvi a spiegare alcune particolarità del logo dell’Anno della Misericordia, disegnato dall’artista Padre Marko Rupnik. Spero che vi possano aiutare ad approfondire il significato della misericordia di Dio nella vostra vita, portando altri a fare lo stesso.

1. Lo stile generale è simbolico

L’immagine non pretende di certo di essere una rappresentazione letterale di Gesù (le dimensioni, gli angoli e altri dettagli sono tutti stilizzati, non sono realistici). Lo stile è profondamente simbolico, poetico, metaforico. Questa è una scelta consapevole dell’artista. Quando state provando a dire qualcosa di molto profondo e bello, un linguaggio scientifico e preciso potrebbe non essere l’ideale. C’è bisogno di poesia. Lo stesso principio va applicato anche qui: un approccio più simbolico permette all’artista di trasmettere concetti che vanno ben oltre ciò che qualsiasi rappresentazione realistica potrebbe mai sperare di cogliere.

La sua natura simbolica implica anche uno sforzo in più da parte nostra. Il suo significato non è necessariamente chiaro a prima vista (come avviene così spesso nella nostra relazione quotidiana con Dio, sia nella nostra vita che durante la liturgia). Richiede pazienza, riflessione interiore, mitezza e apertura nei confronti di qualcosa che è diverso, che è nuovo. La chiave è comprendere l’intenzione dell’autore. Perché sono state usate determinate figure, forme e colori? In questo caso, benché Rupnik abbia certamente fondato uno stile nuovo e più moderno, ha utilizzato molti elementi e colori che rimandano a significati arrivati a noi dalle fasi più antiche dell’arte cristiana.

Diamo uno sguardo.

2. La forma a mandorla

La scena è rappresentata con un particolare elemento artistico, chiamato a mandorla. Si tratta di una forma ovale composta dalla sovrapposizione di due cerchi che si avvicinano tra loro. Funge da una sorta di parentesi all’interno di un’icona. Ciò che è presente all’interno di queste parentesi è un evento che in qualche modo trascende ciò che molti di noi considerano normale. In questo caso lo straordinario evento è l’Incarnazione di Cristo. La forma a mandorla rappresenta dunque l’unione di due cerchi, cioè le due nature di Cristo: divina e umana.

Il mandorlo è anche il primo albero a fiorire ogni anno in Grecia, a volte addirittura verso metà gennaio. È dunque un simbolo di nuova vita, di fertilità. Anche i miti dell’Antica Grecia collegano la mandorla (e la forma a mandorla) alla nuova vita. Ma a precederli da un punto di vista cronologico e di importanza è la storia del bastone di Aronne, da cui non solo erano sbocciati fiori, ma anche maturate mandorle (Numeri 17:23).


3. I colori

Il rosso rappresenta il sangue, la vita e, soprattutto, Dio.

Il blu rappresenta l’uomo, unica creatura a sapere come guardare il cielo (nel senso di paradiso).

Il bianco ha più significati. È il colore dello Spirito Santo perché riflette la vita della Trinità. In questo caso, Rupnik spiega che Cristo è bianco perché è l’anima di Cristo, il Suo Spirito, che discende agli inferi mentre il suo corpo riposa. Il colore bianco rappresenta dunque la luce che salva, la vita eterna del Figlio.

Il vestito di Adamo (l’uomo portato da Gesù, di cui parleremo più a fondo tra un po’) era verde (umanità) ma è stato trasformato in oro (divinità). Questo rappresenta il fatto che Adamo (così come ognuno di noi) è partecipe del processo di divinizzazione, cioè del diventare come Dio attraverso Gesù Cristo.


4. Fasce ovali blu

Anche le fasce blu, più scure man mano che ci sia avvicina al centro, sono un tema ricorrente di queste icone. Rimanda a quella che è chiamata metodo apofatico di indagare Dio. Per porre in termini semplici un’idea complessa, vuol dire che spesso è più semplice descrivere Dio – l’Ineffabile, l’Infinito – descrivendo ciò che Lui non è. Dio è così lontano dalla nostra limitata capacità di comprensione. Non è che noi non ci proviamo né che non possiamo conoscere alcune cose, ma il fatto è che più andiamo in profondità e meglio è che parliamo di ciò che Lui non è. Perché ciò che Lui è, è assolutamente ineffabile. Così come è guardare al Figlio, questo mistero splende troppo per poter essere contemplato.

Ecco perché la forma a mandorla che circonda Cristo di solito mostra delle fasce concentriche che diventano più scure verso il centro. Per incontrare Gesù Cristo dobbiamo passare per alcune fasi che sembrano essere sempre più incerte e misteriose. Più la santità aumenta, e meno è possibile rappresentare il suo splendore se non attraverso l’oscurità. Il colore scuro è dunque utilizzato per rappresentare l’onnipotente e splendente luce di Gesù! La luce del mondo non ha alcun significato all’infuori di Cristo, perché Lui è l’unica vera luce. Dove splende la Sua luce? Nel cuore dell’umanità.

Sebbene sia in un certo senso impenetrabile, questa luce ci chiama a riflettere sempre più. In questa particolare immagine, la profondità della tonalità più scura suggerisce l’impenetrabilità dell’amore del Padre che perdona tutti noi. Al centro del colore più scuro, dove sono i piedi di Gesù, c’è il grande mistero dell’Incarnazione, cioè del fatto che nella persona di Gesù si incontrano umanità e divinità: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Giovanni 1:14).

Procedendo nella direzione opposta, invece, i tre ovali concentrici dai colori più chiari man mano che ci avviciniamo all’esterno, indicano il movimento di Cristo che porta via l’umanità dalla notte del peccato e della morte, guidandola nella luce del Suo amore e perdono.

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5. L’uomo sulle spalle di Gesù

Il logo mostra anche che Gesù porta un uomo sulle sue spalle. Padre Rupnik dice che questo è Gesù in quanto Buon Pastore che porta Adamo sulle sue spalle. Quando Gesù trova la pecora smarrita, “se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: ‘Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta’ ” (Luca 15:5-6) Qualcun altro ha proposto un’altra parabola come strumento interpretativo, quella del Buon Samaritano. Un uomo era stato rapinato, picchiato e lasciato in un fosso. I primi due viandanti hanno visto l’uomo e hanno attraversato la strada per evitarlo. Ma il Samaritano si è fermato per aiutare la vittima. Gesù ha chiesto a chi lo stava ascoltando: “Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso»” (Luca 10:36-37)


6. Un unico sguardo

Una delle caratteristiche più suggestive di quest’immagine è il fatto che Gesù e l’uomo sulle sue spalle hanno un occhio in comune (assolutamente nulla a che vedere con la teoria del “terzo occhio”). Cristo vede con gli occhi di Adamo, e Adamo vede con gli occhi di Cristo. Contemplando l’amore del Padre nel suo sguardo,ogni persona scopre in Cristo, il nuovo Adamo, la propria umanità e il futuro che l’attende.

Padre Rupnik spiega che Dio guarda l’uomo in modo da permettergli di comprenderLo; Dio comunica se stesso in modo tale da rendere l’uomo in grado di vedere. Soltanto nello sguardo del Padre possiamo davvero comprendere chi noi siamo e qual è la nostra identità: figli e figlie di Dio Padre!

Nel frattempo, attraverso l’umanità divina di Cristo, Dio vede ciò che vede l’uomo, il quale a sua volta inizia a vedere nel modo in cui vede Dio. Cristo non è mai lontano! In tutto ciò che vediamo, che viviamo, nelle nostre gioie e nei nostri dolori… Lui è lì, ci accompagna e vede tutto questo insieme a noi. Ci assicura che Lui sa ciò che stiamo attraversando. E in questo modo continua a invitarci ad una conversione più grande, a cambiare il modo in cui vediamo gli altri, affinché possiamo iniziare a guardare il nostro prossimo con i Suoi stessi occhi, pieni di misericordia.

Vale la pena fermarsi a riflettere su questo. Cristo vede con i nostri occhi in modo che noi possiamo vedere con i Suoi. Lui vive la nostra vita, sente con i nostri sensi e vede con i nostri occhi affinché ognuno di noi possa scoprire in Cristo la vera chiamata per la nostra stessa umanità. Nello stesso momento siamo chiamati a dire, con San Paolo, “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. Ecco, siamo chiamati a guardare la realtà con lo stesso sguardo di Cristo. In ogni situazione della nostra vita siamo chiamati a scoprire, ascoltare e compiere la volontà del Padre, specialmente verso coloro che hanno più bisogno.

La vicinanza di Gesù ed Adamo

Ho trovato molto interessante la spiegazione data da Padre Rupnik sulla vicinanza del volto di Adamo con quello di Gesù. Quando Cristo è spirato sulla croce, l’uomo si è aggrappato a quel respiro per poter iniziare a respirare di nuovo. E quindi, così come Adamo ha ricevuto l’alito di vita durante la creazione, nel nostro battesimo noi riceviamo il nuovo alito di vita, quello dello Spirito di Cristo, con il quale possiamo iniziare a vivere una nuova vita in Cristo.

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]

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