Aleteia logoAleteia logoAleteia
giovedì 25 Aprile |
Aleteia logo
News
separateurCreated with Sketch.

Da Omero al Papa, quella misteriosa medicina chiamata lacrime

Crying man

© DR

Agi - pubblicato il 03/06/16

Sono un anestetico naturale. Suscitano tenerezza ed empatia. Servono a non farci ammalare. E restano umane, troppo umane. Da Omero a Federica Mogherini, da Roland Barthes a Papa Francesco le lacrime rappresentano forse il mistero piu’ affascinante della nostra specie. Poiche’, dal primo vagito, l’uomo continua a essere l’unico essere vivente sulla Terra a piangere: un privilegio e, assieme, una condanna.

“Tutti presentano una lacrimazione che serve a proteggere l’occhio ma la lacrimazione come espressione delle emozioni non esiste tra gli animali”, conferma all’Agi Carlo Rondinini, docente di Conservazione della Fauna alla Facolta’ di Scienza matematiche, fisiche e naturali dell’Universita’ La Sapienza. Anche le famose lacrime del coccodrillosono un fenomeno puramente fisiologico: “il coccodrillo piange per espellere acido urico”, chiarisce l’esperto. “Alcuni animali ‘sociali’ presentano delle forme di espressione del dolore o del cordoglio. Ad esempio, gli elefanti si fermano a osservare e toccare gli altri elefanti morti nel branco. E il delfino continua a prendersi cura degli esemplari morti, come se non riuscisse a distaccarsi. Ma sono forme di espressione meno vistose del pianto”.

Dunque, perchè piangiamo? E perchè lo facciamo in virtu’ di emozioni diverse, se non opposte, dal dolore alla gioia, dalla rabbia alla compassione? E, ancora: quale meccanismo innesca le lacrime nel nostro corpo? “La produzione di lacrime ha innanzitutto una ragione fisiologica: difendere l’occhio e idratare la cornea”, spiegaCamillo Loriedo, docente di Psichiatria dell’Universita’ la Sapienza. “La scoperta all’interno delle lacrime di alcune sostanze che hanno un effetto anestetico, le encefaline, oppioidi endogeni che servono ad attutire il dolore, conferma l’ipotesi che le lacrime siano una riposta a un fastidio, ad esempio l’ingresso nell’occhio di un corpo estraneo”.

Come mai, allora, si piange anche quando non c’e’ alcun insulto per l’occhio? “Le lacrime di tipo emotivo comunque assolvono ad una funzione simile”, sottolinea Loriedo. “Contengono un analgesico e quindi hanno un effetto analgesico. Riducono la sofferenza degli occhi ma vengono anche assorbite internamente”. Il pianto inoltre, prosegue lo psichiatra, “ha un effetto sugli altri. Piangiamo per suscitare tenerezza ed empatia. E’ una richiesta di aiuto. Nelle interpretazioni etologiche prevale l’idea che il nemico non dovrebbe attaccarti se piangi”.

Commissario Federica Mogherini lacrime

Le lacrime esprimono anche “condivisione: piangere insieme, per lo stesso avvenimento, vuol dire che siamo uniti e questo ci da’ la possibilita’ di affrontare insieme sfide e difficolta'”. Loriedo ricorda, ad esempio, le lacrime di Federica Mogherini, il capo della diplomazia Ue, subito dopo gli attentati di Bruxelles. Allora Giorgia Meloni la attacco’, invitandola a dimettersi poiche’ simbolo di “un’Europa debole”. Ma in questo caso, osserva l’esperto, quel pianto “non era segno di debolezza bensi’ di disponibilita’ a condividere una sofferenza comune”.

Ma come originano, a livello fisico, le lacrime? “Quando c’e’ un’emozione forte, essa genera l’attivazione di una parte del cervello, il sistema limbico, che produce acetilcolina. Si tratta di un neurotrasmettitore che, entrato in circolo, quando arriva all’altezza delle palpebre fa attivare il sistema lacrimale”, chiarisce lo psichiatra, secondo cui la maggiore attitudine femminile verso le lacrime affonda anche in una motivazione fisica. “La componente ormonale femminile predispone a reazioni emozionali piu’ intense e piu’ variabili”, sottolinea l’esperto.

Resta, nondimeno, anche il tabu’ culturale per cui piangere – per un uomo – rappresenta un disdicevole segno di debolezza. “Non vedo perche’ l’uomo debba soffrire piu’ della donna”, afferma lo psichiatra. “Piangere fa sicuramente bene, e’ liberatorio, da’ una sensazione di benessere e permette di condividere un’esperienza di empatia e di sostegno. Ammesso che si voglia interpretarlo come segno di debolezza, e’ comunque una debolezza che induce altre persone alla solidarieta’. Riconoscere che si ha bisogno di aiuto, non e’ certo un segnale di resa ma esprime voglia di recuperare e ristabilire rapporti con gli altri, fattori determinanti nei processi di guarigione”. Anzi, sottolinea Loriedo, “riuscire ad esprimere la propria sofferenza quando c’e’ un dispiacere o una perdita, significa esporsi meno alle patologie, recuperando prima”. In questo senso possiamo affermare che “piangere fa ammalare di meno e sopportare meglio gli eventi avversi”.

Tra i sempre più numerosi ‘sdoganatori delle lacrime’, c’e’ anche Papa Francesco: nei primi 24 mesi del suo Pontificato, come ricorda Avvenire, Bergoglio ha fatto esplicito riferimento alle lacrime in 54 tra discorsi, messaggi, omelie e meditazioni. Sempre alludendo al pianto come “grazia, bonta’ e saggezza” perche’, ha sottolineato il Papa, anche “Dio piange” e “Gesu’ ha pianto per noi”. E in quel pianto c’e’ la rappresentazione del pianto del padre, “che ci vuole tutti con se’ nei momenti difficili”.

Eppure gli uomini hanno smesso di piangere. E da un momento preciso della loro storia. “Il pianto e’ una forma di comunicazione che pero’ nelle diverse culture e nel corso della storia e del pensiero occidentale ha avuto significazioni diversissime”, spiega Laura Faranda, docente di Antropologia culturale alla Sapienza. “Ai tempi omerici le lacrime sono, in qualche modo, il segno dei re. Pensiamo ad Ulisse alla corte di Alcinoo, che lo ospita e lo sfama. Quando il sovrano vede Odisseo in lacrime, gli offre in sposa la figlia. Nel mondo antico tutti gli eroi piangono. E quanto piu l’eroe si carica di pathos, tanto piu’ e’ seguito. Il pianto, l’emozione sono la misura dell’eroismo”. Dunque, “finche’ il pianto e’ stato appannaggio di una cultura pre-platonica di oralita’ primaria, il modello del sapere viene spesso associato al modello della sofferenza. L’Agamennone di Eschilo lo dice chiaramente: solo chi soffre sa. Per poter avere la percezione del mondo bisogna saper soffrire, l’apprendistato di dolore serve per piegare il tempo all’avventura conoscitiva”. In fondo, prosegue l’antropologa, “tutte le pratiche iniziatiche sono modelli che inducono alla conquista del sapere attraverso la sofferenza. Solo chi piange, rende intellegibile il dolore”.

Ma da Platone in poi tutto cambia. E gli uomini non hanno piu’ diritto alle lacrime. “Platone lo dice: basta veder piangere gli dei e gli eroi”, sottolinea Faranda. “C’e’ la nascita della polis, di un sistema in cui la civilta’ di segno androcratico necessita di una nuova immagine del maschile. E c’e’ l’avvento della scrittura. Il cittadino abbandona il pathos per un comportamento improntato alla misura, all’equilibrio e alla razionalita'”. Soprattutto, “si introduce una forma di sapere che puo’ essere consegnata a un sistema di scrittura: la memoria puo’ diventare memoria ‘irrigidita’, non c’e’ piu bisogno di emozionarsi per conoscere”. Ecco dunque che il pianto diventa “appannaggio femminile, ‘manifestazione di donnicciola’, istituto della sfera domestica, ricondotto all’eros e alla sofferenza intima. Alla donna e’ consentito piangere mentre all’uomo e’ vietato”. Al maschio, tutt’al piu’, sono concesse “parentesi emotive dedicate al tema dell’amore o della sofferenza dell’amore. Come nel caso dei cosiddetti eroi romantici”, conclude Faranda.

Ma qui siamo nella ‘ribellione’ dell’innamoramento dove tutto – o quasi – e’ concesso. Persino piangere. Solo l’innamorato, ricorda Roland Barthes nel suo Elogio delle lacrime, “non si cura minimamente della censura che oggi tiene l’adulto lontano dalle lacrime e attraverso cui l’uomo intende affermare la sua virilita'”. Abbandonandosi al pianto, “l’innamorato rispetta gli ordini del corpo amoroso, che e’ un corpo bagnato, in espansione liquida: piangere insieme, sciogliersi insieme”.

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE

Tags:
lacrimevirilità
Top 10
See More