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Cosa hanno in comune Pedro Almodóvar e papa Francesco?

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Monsignor Pascal Wintzer - pubblicato il 25/05/16

L'arcivescovo di Poitiers, monsignor Pascal Wintzer, commenta il film Julieta

È un vero piacere ritrovare il Pedro Almodóvar di Tutto su mia madre e Parla con lei. Dopo alcuni film piuttosto deludenti, ecco di nuovo l’atmosfera romanzata e perfino melodrammatica che il grande cineasta spagnolo maneggia tanto bene.

Come al solito, le donne sono al centro del ritratto, un ritratto che nasce da un’arte delicata e da un grande lavoro di ricerca. La qualità della forma non pregiudica assolutamente l’intenzione, anzi – l’essenziale è lo stile, e questo è proprio ciò che non manca ad Almodóvar.

Ritorno ai tormenti della vita privata

Julieta, una donna sulla cinquantina, sta per lasciare Madrid per trasferirsi in Portogallo con il fidanzato. Per strada incontra una conoscente che le dà notizie di sua figlia. Per Julieta, come per lo spettatore, la comparsa di questa ragazza, sconosciuta o dimenticata, provoca uno sconvolgimento del progetto di decidere di dimenticare, per sopravvivere, il fatto di essere madre. Il film procede con acuti e fluidi andirivieni tra il passato e il presente che rivelano il dolore che ha caratterizzato la vita di Julieta, e allora il volto di questa bella donna diventa lo schermo, ciò che rivela un cuore e un’anima esperti di dolori, rimorsi e incomprensione da parte delle persone che condividono o incrociano la sua vita.

Da menzionare è anche l’abilità delle bravissime attrici che interpretano i personaggi femminili dei film di Almodóvar. Qui, oltre a una Rossy de Palma in un ruolo insolito per lei e che non permette di riconoscerla immediatamente, il cineasta presenta alcune attrici iberiche sconosciute allo spettatore straniero, in particolare Adriana Ugarte ed Emma Suárez, che incarnano Julieta in diverse tappe della sua vita.

Si potrebbero ovviamente rimproverare l’artificialità della trama, i colori accentuati e il trucco melodrammatico, ritenendoli eccessivi, ma in questo momento sociale e internazionale difficile ha i suoi vantaggi tornare ai tormenti della vita privata e lasciarsi trasportare da un film il cui autore sa accompagnare e onorare il suo spettatore. Perché ignorare questo piacere?

L’uomo e la mascolinità, i grandi assenti

Anche se le donne riempiono tutte le scene, come nella maggior parte dei film di Pedro Almodóvar, in questo caso c’è un’assenza ancora più manifesta, anche se espressa sempre con delicatezza. Tra queste donne che si sforzano tanto di comprendersi, di parlarsi, e che non approfittano di quello che avrebbe permesso loro di capirsi c’è sempre uno spazio, spesso vuoto o occupato da una figura la cui espressione sottolinea un’assenza: quella dell’uomo, della mascolinità. Lo spazio è solo mentale, con una scena che ripete varie volte lo stesso modo di creare immagini: due donne che si parlano e si guardano, la distanza che le separa più accentuata di quanto accade naturalmente, una distanza che che segna il centro dell’immagine, a volte vuoto, a volte occupato da una figura che delinea la particolare assenza dell’uomo.

Ricordo due di queste immagini, particolarmente espressive al riguardo; immagini e non parole, perché parliamo di cinema e non di letteratura, anche se Pedro Almodóvar si è ispirato ai romanzi di Alice Munro per scrivere la sceneggiatura.

La “scena iniziale” si svolge in un treno. È inverno, di notte, nevica. All’improvviso un cervo (immagine di grande bellezza) sembra correre dietro al treno. Il commento di Julieta: “Cerca una femmina”. Un maschio vagabondo che corre fino a perdere il fiato dietro un fantasma.

Durante un altro incontro tra Julieta e quella che era stata un’“amante passeggera” di suo marito, una scultrice, troviamo tra loro una statuetta (che vediamo di nuovo nell’immagine successiva). La statuetta rappresenta un’immagine maschile, ma con il sesso mutilato, ed è addirittura avvolta nel cellophane!

Esseri di passaggio nella vita delle donne

Il simbolismo è forse reiterativo, autoreferenziale, ma esprime la realtà per la quale gli uomini sono solo esseri di passaggio nella vita di donne che si mantengono sullo stesso cammino, a volte disunito, a volte ferito dalla grande storia dell’umanità.

Con la stessa allegria che provoca il fatto che un testo pontificio faccia finalmente riferimento al cinema (la Amoris Laetitia menziona infatti Il pranzo di Babette di Gabriel Axel), infine, dopo alcune riflessioni su Julieta mi risulta lecito citare questa recente esortazione apostolica. Ricordo due passi in cui papa Francesco sottolinea l’importanza di un vero dialogo nella coppia (ma è una cosa che potrebbe estendersi a tutti gli ambiti delle relazioni nella società e nella Chiesa). Il pontefice sottolinea con realismo che il dialogo, come l’amore, è frutto di un lavoro umile ed esigente.

Infine, riconosciamo che affinché il dialogo sia proficuo bisogna avere qualcosa da dire, e ciò richiede una ricchezza interiore che si alimenta nella lettura, nella riflessione personale, nella preghiera e nell’apertura alla società. Diversamente, le conversazioni diventano noiose e inconsistenti. Quando ognuno dei coniugi non cura il proprio spirito e non esiste una varietà di relazioni con altre persone, la vita familiare diventa endogamica e il dialogo si impoverisce. Amoris Laetitia, n° 141 L’amore ha bisogno di tempo disponibile e gratuito, che metta altre cose in secondo piano. Ci vuole tempo per dialogare, per abbracciarsi senza fretta, per condividere progetti, per ascoltarsi, per guardarsi, per apprezzarsi, per rafforzare la relazione. Amoris Laetitia, n°224

Papa Francesco e Pedro Almodóvar sarebbero forse d’accordo nel riconoscere che per costruire l’amore bisogna intraprendere rotte laboriose ed esigenti.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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