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“Papa Benedetto XVI? Un innovatore dall’approccio gentile…”

Court vetoes criminal case against Benedict XVI – it

VINCENZO PINTO

Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 23/05/16

Colloquio con don Roberto Regoli, storico della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana

L’occasione dell’uscita di un corposo volume sul pontificato di Benedetto XVI ci permette di tracciare un piccolo ma significativo bilancio di un papato che si è concluso solo nella sua amministrazione visibile, ma non nella sua “vocazione”, un tema che – i lettori si ricorderanno – invase le pagine dei giornali all’indomani della notizia della rinuncia di Ratzinger: cosa succede ora? E’ Papa? E’ cardinale? Il libro di cui parliamo, è quello del professor Roberto Regoli, contemporaneista e direttore del Dipartimento di Storia della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana: Oltre la crisi della Chiesa. Il pontificato di Benedetto XVI” edito dalla Lindau. Aleteia lo ha raggiunto telefonicamente per fare alcune domande su una figura così centrale della storia recente della Chiesa cattolica, così poco compresa nella sua capacità di innovare.

Cominciamo dalla fine: un pontefice percepito – a ragione – come molto attento all’ortodossia rinuncia all’esercizio del suo ruolo. Sarà questo il gesto con cui passerà alla storia il mite professore di teologia?

Regoli: Questo gesto ci fa capire innanzi tutto una caratteristica del personaggio: la sua incredibile libertà interiore. Libertà dall’ambiente circostante e libertà dalle convenzioni della storia. Ma non c’è solo questo naturalmente: nella sua rinuncia lui crea una novità. Ratzinger porta in seno alla Chiesa una innovazione rinunciando a quello che lui stesso definisce il “ministero petrino attivo”, una evoluzione che poteva venire solo dopo il Concilio Vaticano II, dopo la profonda riflessione sull’origine del potere nella Chiesa e nello specifico intorno al cosiddetto “munus petrino” (che si può rendere in italiano con servizio o ufficio petrino). Il punto riguarda l’origine della potestà primaziale del papa, se cioè dipende dalla consacrazione episcopale o dall’accettazione dell’elezione. Per i teologi che si sono espressi sul tema, essa proviene dalla consacrazione e dunque è per sempre Ratzinger tra i canonisti e i teologi, ha scelto – per così dire – il punto di vista dei secondi. Per questo continua a considerarsi “Papa” e a farsi chiamare con il nome scelto dopo l’elezione, introducendo la figura del Papa Emerito nella Chiesa. Per i successori, la rinuncia diventa un precedente che aiuterà a prendere l’eventuale decisione con maggiore serenità. Francesco ha infatti ribadito che questo istituto ora è ricchezza della Chiesa.

C’è chi legge nelle “dimissioni” di Benedetto XVI un “j’accuse” contro una Curia percepita come infastidita dai cambiamenti e dai tentativi di portare ordine, come a dire “Ora la responsabilità ricade su chi ha tramato”. E’ una lettura verosimile?

Regoli: No, va al di là di Vatileaks che è stata una piccola cosa. Monsignor Gänswein nella presentazione che abbiamo fatto in Gregoriana recentemente, diceva – giustamente! – che “un gesto così grande, non può avere una causa così piccola”. E’ una motivazione teologica, più grande delle beghe di cortile. Sempre nella storia della Curia ci sono stati scontri e differenze di opinioni. Nulla di nuovo per uno storico…

Le riforme di Curia, IOR e laicato indicate da Francesco sono quelle volute ma “impedite” a Benedetto?

Regoli: Io parlerei di una continuità più ampia, è un secolo che ci sono tentativi di riformare il modello di Curia inaugurato nel 1588 da Papa Sisto V, cioé una Curia strutturata per dicasteri e tribunali. Adesso Francesco prova una nuova grande riforma, ma il modello è ancora quello di Sisto V, non c’è ancora una vera innovazione. Per quanto riguarda le finanze è la riforma voluta da Benedetto XVI. Con lui c’è stato già un primo cambiamento negli uomini. Francesco, fa qualcosa di simile usando le scadenze naturali dei mandati e la creazione dei nuovi istituti per trasformare la macchina curiale. Ora vedremo se prevarrà il modello congregazionale – più collegiale – o per segreteria – cioé più verticistica – attualmente sembra prevalere il primo modello.

Più che un Papa-teologo un Papa intellettuale? Il discorso di Ratisbona è probabilmente il suo “manifesto” circa il divorzio – perseguito anche in Occidente – tra fede e ragione, tra logica e metafisica. Un discorso di cui molti si accorgono solo ora dello sguardo profetico. Concorda? Ci sono altri episodi del genere?

Regoli: Il discorso di Ratisbona è la chiave per capire il pontificato di Ratzinger. In quel discorso tocca argomenti che ritornano in tutto il pontificato. Il rapporto tra cristianesimo e altre religioni e tra cristianesimo e società moderna. Per Ratzinger la religione ha diritto ad un spazio pubblico perché nella sua riflessione la ragione purifica la religione dai fondamentalismi, ma la religione aiuta la ragione ad evitare l’assolutizzazione, per questo è necessaria alla società laica.

Benedetto XVI indica una direzione di discernimento per il cristianesimo e le altre religioni ma anche per una sana laicità nella società secolare. La sfida con cui lui si è confrontato di più è quella del relativismo e della cosiddetta “questione antropologica”, il cui portato sono le grandi sfide della biopolitica, un argomento che si affronta ancora poco.

L’intreccio vivo tra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI fanno pensare quasi ad un’unica storia, un unico servizio alla Chiesa, tale è stata la collaborazione tra i due, due tempi di una medesima storia. Che ne pensa?

Regoli: Nel libro mi permetto di dare una definizione: Ratzinger è l’anima teologica del pontificato di Giovanni Paolo II. C’è una intesa non solo umana, amicale, ma anche e soprattutto teologica tra i due. Ci sono sfumature ovviamente, dovuto alle sfumature biografiche, per esempio su questioni come Teologia della Liberazione in cui è Giovanni Paolo II a incoraggiare gli interventi correttivi, mentre sugli incontri interreligiosi di Assisi è Ratzinger ad avere un atteggiamento più prudente. Il dialogo per Ratzinger è finalizzato alla pace. Gli incontri di Assisi con Benedetto XVI si aprono al pubblico laico, portatore di altre etiche perché per lui il cuore della questione non è il dialogo teologico, che non può esistere, ma la ricerca della pace. Ogni papato porta naturalmente la propria impronta: Benedetto XVI – ad esempio – nella riforma liturgica si esprime al suo massimo, ampliando il pluralismo liturgico in controtendenza con l’8-900. Riemerge quindi una pluralità garantita da Roma, che ne sancisce la cattolicità. E’ una “restaurazione innovativa” anch’essa nel segno del Concilio Vaticano II: a quelle comunità che tornano a Roma (come le chiese episcopali inglesi e americane) si chiede l’adesione al Catechismo, ma mantenendo le diversità di tradizioni teologiche, spirituali, liturgiche e pastorali, ovviamente compatibili con il cattolicesimo, rispettando così un pluralismo culturale e anche disciplinare molto interessante.

Studiando a fondo Benedetto XVI che cosa emerge che la lettura discontinua dei giornali non evidenzia? Che tipo di persona è?

Regoli: Io ho studiato l’azione di governo e non il tratto biografico, ma quello che emerge è che non è una persona che impone, ma che propone, cerca di convincere. E’ un professore anche nel suo essere uomo di governo, non è un politico. Il suo è sempre stato un pontificato di proposte, mai di imposizione, abbiamo avuto conferenze episcopali “critiche”, ma questo poteva accadere perché lui lo permetteva, ed è tipico del suo tratto. Si potrebbe definire un “governo gentile” della Chiesa…

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