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Avere una relazione personale con Gesù Cristo è un concetto cattolico?

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Judy Landrieu Klein - pubblicato il 02/05/16

La fede in Cristo è più di un’approccio intellettuale ai buoni propositi o una pratica di determinati rituali

Esaminando i commenti in risposta all’articolo della scorsa settimana “In fila per la Santa Comunione…sono davvero tutti in stato di grazia?”, si potrebbe concludere che osservo su base regolare coloro che vengono avanti per la Santa Comunione, pronta a giudicare se siano o meno degni di riceverla. A dire il vero, raramente faccio caso a chi sta ricevendo la Comunione, dal momento che sono generalmente concentrata sulla presenza di Cristo nell’Eucaristia, prima e dopo la Comunione, spesso avendo gli occhi chiusi. Inoltre, lungi da me giudicare se un’anima è in stato di grazia, perché Dio soltanto può avere una tale conoscenza. Ma questo è del tutto lontano dal mio punto.

Quello che il mio articolo ha voluto fare è stato di porre una domanda totalmente diversa, che ripropongo qui: statisticamente, la maggior parte dei cattolici non pratica gli insegnamenti morali della Chiesa né vive in modo da mostrare alcuna apprezzabile differenza rispetto a coloro che vivono nella presente cultura secolare. Cosa c’è alla radice di questo problema? Inoltre, perché è stata posta tanta enfasi sul divorzio e sul risposarsi invece che sull’affrontare i problemi della confusione spirituale e morale che regna nella Chiesa?

Ciò che ho ipotizzato è che la crisi della Chiesa sia dovuta in larga parte a un sistema che spesso “sacramentalizza” i cattolici senza guidarli a un incontro con Gesù Cristo che cambia la loro vita. La soluzione? Una franca e chiara evangelizzazione che guidi le persone a una relazione personale con Cristo. O, nelle parole di San Giovanni Paolo II:

È necessario risvegliare nei credenti una piena relazione con Cristo. Solo una personale relazione con Cristo può permettere lo sviluppo di un’evangelizzazione efficace” [Papa Giovanni Paolo II, discorso ai vescovi della Germania meridionale, 4 dic. 1992. L’Osservatore Romano (Edizione inglese). Dic. 23/30, 1992, pp. 5-6].

La croce della fede cristiana è una viva e personale relazione col Dio Trino, pienamente rivelato nella e attraverso la persona di Cristo. Questa è la verità fondamentale della fede cattolica, ed è una verità che dobbiamo proclamare con zelo, se vogliamo vedere la realizzazione della nuova evangelizzazione nella Chiesa e nel mondo che San Giovanni Paolo II ha ardentemente e ripetutamente invocato.

La fede cristiana non deve semplicemente darci qualcosa di piacevole da fare di domenica. Deve cambiare radicalmente noi e la nostra vita, deve trasformarci portandoci dalla morte alla vita, orientare le nostre anime verso una verità che dona vita, permetterci di partecipare alla vita di Dio stesso, farci conoscere Dio intimamente ed amare come lui ama, farci vivere e agire come i Suoi figli che siamo. La fede in Cristo è più di un’approccio intellettuale ai buoni propositi o una pratica di determinati rituali, per quanto buono e necessario sia tutto ciò. La fede è “innanzitutto aderenza personale dell’uomo a Dio”, atto attraverso il quale l’uomo “si impegna volontariamente a Dio”, mistero tramite il quale viviamo “una relazione viva e personale con il Dio vivo e vero” (Catechismo della Chiesa Cattolica, par. 150, 1814, 2558).

La fede è la totale resa dell’essere umano al Dio vivente, in cui noi crediamo, confidiamo e che amiamo in quanto Signore, Padre, salvatore, sposo, guaritore, amore delle anime nostre, realizzatore dei desideri più profondi dei nostri cuori e molto altro.

La fede, la fiducia e l’amore sono sinonimi nel cristianesimo ed indicano intimità famigliare e profonda amicizia con un Dio che “ha un nome e ci chiama per nome… è una Persona e cerca le persone, ha un volto e cerca il nostro volto. Ha un cuore e cerca il nostro cuore” (Joseph Ratzinger, Il Dio di Gesù Cristo, meditazioni sul Dio uno e trino, 24).

Questo è il Dio della fede cristiana; questo è il Dio a cui dobbiamo indirizzare gli altri in questo momento della Storia in cui una moltitudine di persone, tra cui molti cattolici battezzati, hanno perso la strada in una confusa ricerca di significato e soddisfazione.

Infine, come il cardinale Joseph Ratzinger (Papa Emerito Benedetto XVI) ha così eloquentemente articolato in Introduzione al cristianesimo:

La fede cristiana è più della scelta a favore di una base spirituale del mondo; la sua formula centrale non è “credo in qualcosa”, bensì “credo in Te”… La fede è dunque trovare un “Te” che mi sostiene e, nell’inadempiuta – e non adempibile – speranza dei rapporti umani, mi dona la promessa di un amore indistruttibile che non solo dura per l’eternità, ma la garantisce. La fede cristiana vive nella scoperta che non solo esiste un significato oggettivo, ma questo significato mi conosce e mi ama, ed io posso affidargli tutto me stesso come un bambino che sa che ogni sua domanda ha una risposta nel “Te” di sua madre. In estrema analisi, dunque, il credere, l’avere fiducia e l’amare sono una stessa cosa, e ogni tesi che ruota attorno al credere è soltanto concreta espressione dell’asserzione “credo in Te” – che tutto accoglie – della scoperta di Dio nell’uomo Gesù di Nazareth.  (Cardinale Joseph Ratzinger, Introduzione al cristianesimo, 47, 48)

Dunque l’essenza della fede cristiana è una relazione personale con Dio. Possiamo noi, individualmente e come corpo, scoprire di nuovo l’asserzione, “che tutto accoglie”, io credo in Te.

——–

Judy Landrieu Klein è scrittrice, teologa, oratrice, vedova e da poco risposata. Il suo libro, Miracle Man, è stato un bestseller di Amazon Kindle nella sezione dedicata al cattolicesimo. Il suo blog, “Holy Hope”, si può trovare su MemorareMinistries.com.

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]

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