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La decisione su cui si gioca la tua felicità

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 21/04/16

Se cerchiamo Dio in modo disinteressato, il riposo, la felicità e la protezione sorgeranno spontaneamente

Spesso non riesco a riporre la mia sicurezza in una speranza più grande e non riesco ad abbracciare un sogno eterno che plachi la mia sete infinita. A volte devo imparare ad essere come un bambino per essere felice.

Diceva padre Josef Kentenich: “Per essere autentici figli non dobbiamo chiederci dove siamo più felici, ma dove diamo più gioia al Padre. Il figlio ‘minore di età’ e immaturo si chiede dove sarà più felice, più protetto, mentre il figlio purificato si chiede cosa provoca più gioia nel Padre. Naturalmente a questa gioia maggiore sarà unita una maggiore protezione, che in questo caso sarà una conseguenza e non una finalità. In effetti, la protezione è la conseguenza della donazione totale. Dare gioia a Dio! Più siamo maturi, più dobbiamo eliminare la ricerca consapevole e diretta di protezione e riposo. Se cerchiamo Dio in modo disinteressato, il riposo, la felicità e la protezione sorgeranno spontaneamente”.

Molte persone cercano il modo per essere più felici. Prendono decisioni perseguendo una felicità sfuggente, o fragile. Cercano di essere protetti senza proteggere. Di essere felici senza rendere felice nessuno. Non è possibile.

Trattengono le redini della propria vita perché la direzione che seguono non le allontani dalla felicità desiderata, pianificata, programmata, ma a volte la sorte li sfida. So che se cerco di rendere felice Dio sarò più felice anch’io. Se cerco di far sì che gli altri siano più felici sarò più felice anch’io.

So che più mi abbandono a Lui, riponendo più fiducia nei suoi progetti, più avrò gioia, pace, calma. Mi abbandonerò. So che la mia felicità si gioca su questa decisione eroica: decido di lasciare le redini.

E se perdo tutto? Confidare dà le vertigini. Ma so che allora verrà una felicità nuova e sconosciuta. Una protezione inaspettata. Quando imparerò a lasciare la mia vita nelle sue mani e non pretenderò di controllare sempre tutto in base ai miei sogni, ai miei progetti, ai miei desideri.

Non voglio essere una persona che controlla tutto. Tutto misurato e calcolato. Tutto secondo i miei piani. A volte perdo la pace in un tentativo ingenuo di toccare la vetta. Solo io, a modo mio. Facendo i miei progetti e pensando che Dio confermi tutto con la sua grazia. Ma non lascio che sia Lui a farmi arrivare più in alto.

Tendo a controllare. E a volte, lo riconosco, mi perdo in un tentativo futile di tenere tutto tra le mani. Tutto al sicuro. Tutto legato e bene. E la vita mi sfugge.

Leggevo giorni fa un pensiero di Walter Ciszek: “Speriamo che Dio ammetta la nostra idea di quella che dovrebbe essere la sua volontà e che ci aiuti a metterla in pratica, anziché imparare a scoprirla e ad accettarla nelle situazioni concrete in cui ci mette ogni giorno”.

È lì che devo dire “Sì” a Dio e farlo sorridere. Nelle circostanze concrete di ogni giorno. Ed Egli sorride vedendomi. A volte schiacciato dalla vita. Timoroso. Mi vede nella mia fragilità ed è capace di vedermi meglio di quanto riesca a fare io. Questo mi sorprende sempre.

Non si scandalizza del mio peccato. Non è turbato dalle mie decisioni apparentemente sbagliate. Non grida vedendomi perduto. Mi guarda semplicemente con amore e rimane sorpreso dalla mia bellezza. Si stupisce.

Forse io non so guardarmi in questo modo. Mi soffermo sul mio errore, sul mio peccato. Non riesco ad abbracciare la mia vita come la abbraccia Lui. Non vedo la bellezza. Né in me né negli altri. E per questo sono tanto duro, con me stesso e con il prossimo. Esigendo la perfezione.

Penso che la luce di questo tempo pasquale mi ricorda le cose importanti, illumina la mia anima, mi restituisce il sorriso. Mi ricorda l’amore di Dio che viene nella mia vita.

La volontà di Dio diventa allora nitida nella vita che devo vivere, nelle circostanze che devo affrontare, nelle avversità contro le quali devo lottare. Lì dove sono. Anche se mi sembra che questo non possa venire in alcun modo da Dio.

Anche in quel luogo tanto avverso Dio mi chiede di dire di sì e di continuare a camminare. Di capire che la sua volontà è che io non disperi, non getti la spugna e continui a credere. E che lo faccia con il sorriso inciso nell’anima.

Mi ricorda allora le cose importanti della mia vita. Devo ricordare sempre che sono quel bambino amato da Dio. Quel figlio per il quale Dio è tornato pieno di luce, risuscitato, per stare con me.

Ma a volte mi soffermo su ciò che non è tanto importante, su ciò che non è prezioso. E confondo le mie priorità. E cerco la sua volontà dove non è. Riempio la mia vita di cose che valgono poco. Mi esaurisco nel voler fare e affogo nel mio egoismo.

Voglio cercare la volontà di Dio là dove non sono e mi rifiuto di vedere i suoi passi nella routine, nella mia vita semplice e ordinaria.

È così facile far scorrere il tempo tra le mani… So che Dio mi regala per sempre l’eternità. La incide nella mia anima ferita. E mi ricorda che sono fatto per vivere un abbraccio eterno. E nel frattempo mi sorride.

Voglio far ridere Dio lungo il mio cammino. Voglio dirgli di sì nella mia vita. Lasciar andare le redini. Fare un salto nel vuoto. Voglio perdere la paura che le cose non vadano come desidero. La paura di non essere dove voglio essere. Di non poter fare ciò che penso sia meglio per la mia vita.

Il cammino della mia felicità si trova nella mia fiducia cieca nei progetti di Dio. Nei suoi desideri. In quella fiducia dei bambini che si abbandonano e sognano. Abbracciati, confidano.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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