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Tutto quello che hai sempre voluto chiedere su matrimonio e nullità

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Diane Montagna - pubblicato il 06/04/16

Il divorzio significa scomunica? La nullità significa che i tuoi figli sono illegittimi?

Mentre crescono le aspettative per l’esortazione apostolica di papa Francesco Amoris Laetitia (La gioia dell’amore), sembra il momento opportuno per affrontare le incertezze e i fraintendimenti di molti sugli insegnamenti attuali della Chiesa su matrimonio, nullità, divorzio e accesso alla Santa Comunione.

Cos’è un matrimonio sacramentale agli occhi della Chiesa? Cos’è la nullità, e cosa non è? I figli dei genitori a cui è stato concessa la nullità sono legittimi? Una persona divorziata ma che non vive un secondo rapporto può ricevere la Santa Eucaristia? E perché i cattolici divorziati risposati civilmente non possono accostarsi alla confessione e poi ricevere la Santa Comunione?

Per fornire risposte chiare a queste domande, Aleteia ha parlato con monsignor John Kennedy, originario dell’Irlanda e responsabile della Sezione Matrimonio della Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede.

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MATRIMONIO

Cos’è un matrimonio sacramentale?

Se pensate a una moneta, che ha due facce ma resta comunque una moneta sola, è un’immagine che può aiutare a descrivere l’intimo rapporto tra un sacramento e il matrimonio cristiano.

Un piccolo background: la nostra fede ci dice che i sacramennti ci sono stati dati da Gesù e sono stati osservati dalla Chiesa come mezzo o segno visibile della grazia. La grazia è l’amore di Dio nei confronti dell’umanità. Quando Dio ci dà la grazia, è come il buon pastore che va alla ricerca della pecora perduta. La grazia è quel dono gratuito che Dio ci offre per la sua infinita bontà.

La parola “sacramento” deriva dal termine latino “sacramentum”, che significa rendere santo, o consacrare. Un matrimonio sacramentale è quindi qualcosa che ci è stato dato da Gesù e che santifica gli sposi e li aiuta nella via della santità e della salvezza.

Quando pensiamo al matrimonio, lo intendiamo come più di un semplice contratto legale con diritti e doveri. È una relazione sacra che lega gli sposi tra loro e, cosa più importante, a Dio. A questo rapporto ci si riferisce spesso in termini biblici come a un patto. In genere un patto è un legame sacro tra Dio e il suo popolo.

Nel matrimonio cristiano, il patto matrimoniale è realizzato da un uomo e una donna che, alla presenza di Dio, stabiliscono tra loro una partnership per tutta la vita mediante lo scambio di un consenso di fronte a un sacerdote e a due testimoni. In quel momento la coppia crea qualcosa di nuovo e di bello. Questo nuovo stato di vita è ordinato per sua natura al bene degli sposi e alla procreazione e all’educazione della prole. Visto che l’unione è benedetta da Dio diventa santa, non per i meriti personali degli sposi, ma per via di Cristo. È Cristo che rende il matrimonio sacro. Dal Vangelo sappiamo che ha benedetto gli sposi alle nozze di Cana, e attraverso il sacramento del matrimonio continua a farlo oggi. Per questo motivo, quando entrambi gli sposi sono battezzati, il loro matrimonio è caratterizzato da una dignità speciale.

Se un matrimonio non si verifica nel contesto di una Messa è ancora sacramentale?

Ci sono due forme valide di celebrazione di un matrimonio: la prima ha in genere luogo all’interno della celebrazione dell’Eucaristia, la seconda avviene usando solo il rito del matrimonio. È importante sottolineare che la Messa, anche se è la più alta espressione della nostra fede, non rende il matrimonio sacramentale. È piuttosto il fatto che gli sposi siano battezzati a rendere il matrimonio sacramentale.

NULLITA’

Cos’è la nullità? E cosa non è?

Per aiutarci a capire il concetto di nullità, può essere utile usare un parallelismo con un principio del mondo legale. Nel diritto civile, una persona si presume innocente fin quando non viene provata la sua colpevolezza. In modo simile, quando un uomo e una donna contraggono matrimonio in chiesa, è stabilita una presupposizione dalla legge per la quale l’unione è considerata valida. Il diritto canonico dice che il matrimonio “gode del favore del diritto”. Per questo motivo, nel caso in cui dovesse esserci un dubbio, bisogna sostenere la validità di un matrimonio fino a prova contraria.

La dichiarazione di nullità non è una forma di divorzio, ma una dichiarazione solenne che segue un’indagine della Chiesa per la quale il matrimonio, contrariamente a ciò che potrebbe sembrare, non è esistito. Ad alcuni può sembrare strano, per cui permettetemi di presentare un’immagine.

Pensate per un momento a una serie di punti che, quando uniti, formano un cerchio. Ogni punto in questo cerchio rappresenta un elemento essenziale che compone la celebrazione di un matrimonio valido. Un punto rappresenta l’età valida per sposarsi, un altro l’autentica libertà di contrarre matrimonio, un terzo indica la comprensione degli sposi del fatto che il matrimonio è un rapporto permanente che termina con la morte di uno dei coniugi, altri sottolineano il fatto che gli sposi intendono essere fedeli ed esclusivi l’uno all’altro e così via. Se uno di questi elementi manca – se una persona, ad esempio, dichiara che intende essere fedele al coniuge ma non esclusiva – simo di fronte a una situazione particolare. In altre parole, c’è qualcosa che ha l’apparenza del matrimonio ma che non potrebbe mai essere descritto come tale.

In un caso simile, il diritto canonico descrive l’azione del coniuge come simulazione. Un simulatore di volo, ad esempio, crea l’effetto del volare e dell’atterrare, anche se il pilota non vola mai realmente. Similmente, una persona che dice una falsità e promette qualcosa che non è preparato a mantenere al momento di esprimere il consenso matrimoniale simula anche il matrimonio. Se il coniuge l’avesse saputo, non avrebbe mai acconsentito.

Tornando per un momento all’immagine dei punti, possiamo dire che se questo dovesse accadere il matrimonio potrebbe essere esaminato da una commissione di giudici, che stabiliranno se il cerchio è stato chiuso o meno. Non è quindi una questione di invalidare qualcosa, o di porre fine a un matrimonio come si fa con il divorzio, ma piuttosto di dichiarare che quello che sembrava un matrimonio valido non è mai stato un matrimonio. Dopo una dichiarazione simile, entrambi i coniugi sono in genere liberi di contrarre un nuovo matrimonio.

Se ottengo la nullità, i miei figli sono illegittimi?

I figli non sono mai considerati illegittimi. La legittimità dei figli è determinata dalle leggi del Paese, non dalla Chiesa. Come un divorzio non rende i figli illegittimi, non lo fa neanche una sentenza di nullità della Chiesa. Il diritto canonico stabilisce che i figli nati da un’unione che si suppone valida siano figli legittimi. Se in seguito risulta che il matrimonio era invalido, lo status dei figli resta invariato: sono legittimi.

SANTA COMUNIONE E CATTOLICI DIVORZIATI

Perché i cattolici divorziati e risposati civilmente non possono confessarsi e poi ricevere la Santa Comunione?

Si è detto che un cattolico che ha commesso un omicidio può confessarsi, venire assolto e ricevere la Comunione, ma un cattolico divorziato e risposato civilmente no. Qual è la differenza?

Attualmente si discute molto sull’argomento. Essenzialmente, ciò di cui parliamo è il fatto di cercare di restare fedeli all’insegnamento di Cristo sul matrimonio provando allo stesso tempo a rassicurare le persone che hanno sperimentato il dolore di un matrimonio fallito del fatto che dovrebbero ancora vivere la loro fede anche se la loro nuova situazione le mette in disaccordo con l’insegnamento evangelico.

Quando due persone si sposano per la Chiesa, si presume, come detto in precedenza, che il loro sia un matrimonio valido. Visto che entrambi i coniugi sono uniti da Dio nell’unione sacramentale, qualsiasi altro rapporto che sia maritale in natura influisce sul loro matrimonio sacramentale. Se due cattolici quindi divorziano e si risposano civilmente, entrano liberamente in una nuova unione che non può essere riconosciuta dalla Chiesa. Lo sanno e lo sa anche la Chiesa. Visto che il divorzio civile non provoca la nullità, e visto che il matrimonio sacramentale resta intatto, siamo di fronte a una situazione in cui le parti entrano in un rapporto che sarà caratterizzato dal peccato dell’adulterio.

L’insegnamento cattolico sostiene che un atto di adulterio può essere perdonato in confessione a patto che il coniuge sia pentito, cambi la propria vita e desideri tornare al matrimonio. Se il coniuge non ha intenzione di riprendere la vita matrimoniale benedetta da Dio ma desidera persistere nella nuova situazione irregolare, allora siamo di fronte a un caso diverso.

La confessione può risolvere il problema? Andare a confessarsi per cercare il perdono per il peccato di adulterio e poi continuare a vivere la seconda relazione solleva un dubbio sulla sincerità del desiderio di cambiare la propria vita.

Possiamo forse ricordare le parole di Gesù alla donna colta in adulterio. L’ha perdonata, ma le ha detto di non peccare più.

Questo influisce anche sulla questione della Santa Comunione, perché la Chiesa insegna che i suoi figli e le sue figlie devono essere in stato di grazia quando ricevono l’Eucaristia. Se non è così, se una persona vive una relazione e non ha intenzione di regolarizzare la propria situazione, allora l’Eucaristia viene ricevuta in modo indegno.

Quello che spesso può accadere è che una persona senta di non appartenere più alla Chiesa solo perché non può accostarsi alla Santa Comunione. Non è vero. Al contrario, la persona dovrebbe essere incoraggiata a partecipare, ad avere un ruolo nella comunità, a pregare, a frequentare i sacramenti, a fare del bene agli altri, a educare i propri figli sulla via della fede e a cercare di conformare la propria vita alla volontà di Dio malgrado la natura irregolare della situazione.

La persona dovrebbe poi compiere una seria indagine sulla possibilità che il matrimonio venga esaminato in vista di una dichiarazione di nullità. Il vescovo locale potrà aiutare a questo scopo.

Se una persona è divorziata ma non ha un altro rapporto né si risposa civilmente può ricevere la Santa Comunione?

Sì. Per fare un esempio, conosciamo tutti sposi che purtroppo sono stati abbandonati e i cui matrimoni sono finiti senza che ci fossero colpe da parte loro. Similmente, abbiamo sentito di casi in cui le coppie semplicemente non riuscivano più a vivere insieme. Il diritto canonico permette in certe circostanze la separazione dei coniugi mentre il legame matrimoniale continua. In questo caso non c’è niente che impedisca agli sposi di ricevere i sacramenti. La difficoltà sorge solo quando si entra in una seconda unione.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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