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Se chiude le frontiere, l’Europa perde se stessa

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 27/01/16

Card. Montenegro: “Non basta difendersi. Occorre capire le ragioni profonde dell’emigrazione”

L’Europa rischia di perdere se stessa, i principi comuni attorno ai quali si è lavorato per quasi sessant’anni con l’obiettivo di abbattere frontiere e unire i territori. E’ molto chiaro il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento – la diocesi di Lampedusa – e presidente di Caritas italiana, rispondendo ad Aleteia a proposito della temuta sospensione dell’accordo di Schengen e della libera circolazione nei confini dell’Unione europea.

“Invece di una grande famiglia – sottolinea Montenegro – l’Europa sta diventando una grande casa con tante stanze e il desiderio di chiuderle. Così non si fa comunità e non si fa unione”. Un’Europa che voglia guardare al futuro deve prendere sul serio la realtà della globalizzazione: “le merci si spostano, il denaro si sposta e le persone no?”. Con la sindrome della paura, aggiunge il cardinale, si rischia la paralisi. Davide riuscì ad abbattere Golia con un sassolino perché non cedette alla paura: “se ne siamo capaci anche noi, di fronte a una realtà che sembra schiacciarci, la situazione è ancora gestibile”.

Oggi ci sono nel mondo da 230 a 250 milioni di migranti, quasi un continente in movimento. Bisogna prendere consapevolezza di ciò che succede nei Paesi da cui provengono uomini e donne in fuga e di quanta responsabilità abbiano le stesse società che oggi invocano il diritto di difendersi: “tante ingiustizie – afferma il presidente di Caritas italiana – dipendono anche dalle nostre scelte. Noi abbiamo bisogno di vendere le armi e alimentiamo le guerre; noi portiamo via le materie prime senza pagarle: noi diventiamo più ricchi e loro sempre più poveri”. L’immigrazione è la conseguenza di situazioni più complesse che se non vengono risolte: “causeranno sempre guerre e partenze”.

L’Italia si è trovata in prima linea di fronte all’emergenza immigrazione: se bisogna ringraziare istituzioni e volontari per il molto che è stato fatto, occorre tuttavia fare un passo in più: “non basta dire che abbiamo salvato la vita, bisogna anche mantenere in vita”. Oltre all’accoglienza, al soddisfacimento delle esigenze primarie, occorre anche poter vivere con dignità. Ci sono scelte da fare che non competono alla Chiesa ma perché, chiede il cardinale, “i nostri emigranti hanno il diritto di espatriare perché desiderano una vita migliore e gli altri no?”.

La Chiesa e Caritas italiana stanno facendo molto: solo la Caritas gestisce 353 mense ed altrettante vengono gestite da altri enti. Oltre che l’accoglienza ai migranti, continua il sostegno alle tante famiglie in difficoltà a causa della crisi economica nonostante vengano evidenziati segnali di ripresa: “Le povertà aumentano ma siamo tornati anche alle vecchie povertà. Tante volte delle persone anziane mi dicono che non hanno i soldi per comprare le medicine e questo è il segnale più grave”. “Io sono un vescovo dell’estremo sud – commenta l’arcivescovo di Agrigento -: la disoccupazione giovanile colpisce un giovane su due, le famiglie sono costrette a partire: forse la situazione è migliorata al nord, ma giù la situazione è ancora tragica”.

Papa Francesco, nel messaggio per la prossima Quaresima che si inserisce nel cammino giubilare, ha raccomandato a tutti le opere di misericordia spirituale e corporale: “Sono le ‘istruzioni per l’uso’ – sorride il cardinale Montenegro -. A volte si chiede che cosa si può fare per vivere bene la fede e il papa dice: se vedi un malato, stagli vicino; se vedi uno in difficoltà, digli una parola di speranza; se vedi chi viene da lontano, aprigli il cuore. E’ un aiuto perché possa tradurre il Vangelo in gesti”.

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