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Quando preghi ti distrai? Non ti angosciare!

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Felipe Aquino - pubblicato il 19/01/16

La distrazione involontaria non allontana l'anima da Dio

C’è un aspetto ricorrente nella vita quotidiana di preghiera: è la frivolezza, l’incostanza naturale dell’uomo. Questa incostanza ha origine nell’intelligenza e genera, quando non viene combattuta, l’apatia della volontà, culminando inevitabilmente nell’essere tiepidi.

Lo spirito frivolo è l’opposto dello spirito riflessivo. L’intelligenza superficiale non permette all’idea di penetrare in sé e di gettare radici. Oltre a questo, essendo completamente coperto dalla foresta dei pensieri vani, delle preoccupazioni futili e degli attaccamenti alle cose create, il seme della grazia, appena ricevuto, viene subito soffocato.

Un’anima frivola vive sulla superficie delle cose. Anche durante la preghiera non riflette, non penetra la verità proposta, non si attacca alla considerazione delle cose dell’aldilà.

Non è mai stata toccata dalle massime del Vangelo, dalle perfezioni di Dio, dai diritti imprescrittibili del suo sovrano dominio, dai pensieri salutari dei santi.

Non ha considerato l’amore del quale è stata oggetto da parte di Gesù, né la gioia intima che le potrebbe provocare donandosi a Lui, né la gloria eterna che una piccola creatura potrebbe offrire al grande Dio dell’eternità.

Un’anima di questo tipo non ha mai pensato seriamente al furore dei demoni contro di lei, né all’indicibile debolezza umana di fronte alla tentazione.

L’anima che non riflette è quindi simile a una piccola barca fragile, lanciata senza timone nel vasto oceano.

Le onde delle impressioni, degli eventi, dei fatti e dei contrattempi la sbattono continuamente di qua e di là, si infrangono contro di lei, la spingono, la scuotono in tutti i sensi, senza che lei possa resistere, e presto o tardi finirà per soccombere.

L’anima frivola lascia vagare il proprio spirito a caso. Non ha né ordine né nesso nella sua vita, nella sua preghiera e nelle sue occupazioni. Le manca un fine unico, un’idea-guida, un polo capace di attirare e fissare i suoi pensieri, i suoi desideri e tutta la sua attività.

Questo polo è Gesù, il suo amore sovrano. Ma l’anima frivola non ha approfittato del tempo per lasciarsi affascinare da Lui. Non è ancora riuscita a imporsi lo sforzo di fissare lo spirito su questo divino Maestro, sui misteri della sua vita e sulle torture della sua morte. Non raggiungerà la santità.

Non confondiamo, però, questa infelice disposizione con lo stato delle anime sincere, tormentate senza sosta dalle distrazioni involontarie durante la meditazione e gli esercizi di pietà. Queste anime spesso soffrono abbastanza, e a volte si lasciano invadere dallo scoraggiamento. Pensano di non poter arrivare a godere del santo raccoglimento così necessario alla loro santità.

Anime fiduciose: non vi provocate un dolore inutile! Potete arrivare alla perfezione nonostante le vostre distrazioni. Dion ha voluto liberare San Luigi Gonzaga da ogni divagazione dello spirito durante la preghiera, ma avrebbe anche potuto santificarlo ispirandogli semplicemente di trarre profitto dalla sua debolezza naturale e dandogli la forza di non soffermarsi mai volontariamente sulle distrazioni.

I santi più grandi hanno avuto divagazioni dello spirito e dell’immaginazione, ma come ha detto Cassiano non hanno dato più importanza a queste che alle mosche che svolazzano intorno a noi.

Secondo San Pier Damiani, il profeta Elia, che con la sua preghiera impedì al cielo di versare una goccia di pioggia per tre anni, non è stato esente da distrazioni. È in effetti più facile, dice, chiudere il cielo che la nostra anima e renderla impenetrabile alle distrazioni.

Spesso le anime non esperte pensano di pregare male perché hanno una divagazione dello spirito. Non sanno che le distrazioni sono una conseguenza della nostra instabilità naturale.

Riceviamo da Dio una volontà libera. È la sovrana delle altre facoltà. Ma il suo impero è imperfetto. Ha poco potere sull’immaginazione, non riesce a evitare tutte le rappresentazioni, tutti i ricordi del passato, non può imporre sempre un obiettivo all’intelligenza.

Anche la nostra intelligenza, del resto, è limitata. Interamente assorbita da un’occupazione, non la lascia facilmente per affrontarne un’altra. Quando la corda di un arco è stata tesa in modo violento, può recuperare immediatamente la sua posizione originaria e smettere di vibrare?

La nostra intelligenza è senz’altro una facoltà spirituale, ma trae il suo obiettivo dai sensi, dall’immaginazione. Non può, quindi, sottrarsi interamente alle leggi della materia. La volontà non potrebbe sempre, con un semplice ordine, forzarla all’obbedienza.

A questo motivo se ne aggiunge un altro: molte distrazioni derivano dalla malattia, dall’indisposizione, dalla fatica fisica. Quando il corpo è indebolito, esaurito o semplicemente maldisposto, l’anima non se ne può servire secondo la propria volontà, e allora la infastidiscono le distrazioni.

Cosa deve fare, quindi, l’anima fiduciosa perseguitata dalle distrazioni?

In primo luogo, non serve a niente esasperarsi, diventare impazienti o affliggersi. Né il corpo né l’anima sono responsabili delle divagazioni.

Bisogna trasformare la necessità in virtù, accettare lo stato di impotenza, rallegrarsi davanti a Dio per il fatto di essere capaci da soli di ogni pensiero positivo, rifugiarsi nell’anima della Santissima Vergine e incaricarla di amare Nostro Signore al posto nostro. Allo stesso tempo, bisogna lottare contro le distrazioni senza stancarsi.

Non appena capiamo che l’intelligenza o l’immaginazione sono fuggite, vanno ricondotte in modo mite ma risoluto, dovessimo ricominciare cento volte una meditazione, senza lamentarci.

Ogni sguardo volontario verso Dio è un atto d’amore. Ciascuno di essi produce nell’anima il proprio frutto, come se fossero dolci colloqui con Dio.

Dobbiamo persuaderci bene: l’unica cosa sgradita a Dio è la volontà di allontanarsi da Lui volontariamente.

La distrazione non accettata volontariamente non allontana l’anima da Dio.

Non è per le idee che siamo graditi a Dio, ma per la conformità della nostra volontà al suo beneplacito.

Di fronte a Dio vale solo la volontà, nel bene o nel male. Chi non arriva a comprendere questo principio non avrà mai pace.

Dio non può chiedere conto di ciò che è in noi, perché è giusto. Non vuole chiederci conto, perché è buono e pieno di misericordia.

Se la volontà di Dio fosse quella di essere servito senza distrazioni, ci avrebbe dato una natura simile a quella degli angeli, una natura spirituale libera dalle necessità del corpo e da ogni impressione sensibile. Non l’ha fatto, trovando tanta gloria nell’essere adorato e amato da una creatura fatta di argilla.

Per delicatezza, non bisogna lamentarsi con Nostro Signore per il fatto di avere distrazioni involontarie al suo servizio.

Lamentarsi, affliggersi, significherebbe un desiderio di essere diversi, e una certa vergogna per il fatto di essere soggetti alle malattie umane, il che insinuerebbe che serviremmo più perfettamente Dio e con maggior gloria per Lui se fossimo angeli.

Non diciamo questo! Non lo pensiamo! Non rattristiamo Gesù facendogli credere che non siamo contenti.

Serviamolo dove ci ha posti, con buona volontà, nel modo in cui può servirlo una creatura di argilla, ma con il cuore allegro e il volto sereno.

Diamogli la soddisfazione di fare di quel verme della terra un serafino d’amore, chiamato ad occupare degnamente il proprio posto tra gli spiriti più elevati.

Che gioia per un’anima umilmente fiduciosa vedere le miserie della sua natura umana e potersi dire oggetto di una sollecitudine infinita da parte di Dio onnipotente! Sapere che quel Signore sovrano resta così commosso vedendo i nostri poveri sforzi per allontanare le distrazioni come se ascoltasse lo splendido concerto degli angeli in cielo!

(Estratto dal libro Almas Confiantes, di José Schrijvers. Ed. Cultor de Livros)

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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