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Max Giusti: vi racconto il segreto del mio matrimonio

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Credere - pubblicato il 08/01/16

Il popolare comico televisivo spiega perché, per l’unione con Benedetta, ha voluto il matrimonio in chiesa e non la convivenza

di Francesca D’Angelo

A un certo punto, ti ci imbatti. Non c’è infatti innamorato che non si sia interrogato sulla possibilità (reale) dell’amore eterno. Un “per sempre” che interpella i nostri cuori, facendo razzia delle fragilità umane e di qualsivoglia pronostico esistenziale. Come se il destino dell’amore non fosse altro che quello: condurre a interrogarci sulla relazione tra eternità e imperfezione, Cielo e terra.

Ed è questo in fondo che Max Giusti racconta ripercorrendo la propria scelta di mettere su famiglia. L’attore, presentatore e comico televisivo dimostra quanto la promessa di amore eterno sia una sfida decisiva per l’uomo e come, se accolta, renda le persone più vere e felici.

Ha sempre desiderato mettere su famiglia?

«Viviamo in un’epoca assolutamente diversa da quella dei nostri genitori e nonni, quando sposarsi era quasi un passo obbligato. Oggi nessuno ti costringe a pronunciare una promessa così grande come “finché morti non ci separi”. E io sinceramente, arrivato alla soglia dei 40 anni, incominciavo a pensare che non mi sarei mai sposato. Avevo infatti il privilegio di vivere la vita che mi ero scelto, guadagnavo bene, ero in salute, e le mie ultime esperienze amorose erano state più all’insegna del “pensavo fosse amore invece era un calesse”. Così, ho pensato: “Chi me lo fa fare di sposarmi?”. Poi però ho incontrato Benedetta, ossia la mia attuale moglie, e ho capito che, se non avessi avuto qualcuno con cui condividere le bellezze della mia vita, queste sarebbero state sterili».

Cosa l’ha spinta a scegliere il matrimonio, anziché la convivenza?

«Il matrimonio è diverso. Intendiamoci: ognuno è libero di fare le proprie scelte e io desidero essere portavoce solo di me stesso. Però, per quel che mi riguarda, a un certo punto ho desiderato indicare le cose con il loro nome: volevo chiamare Benedetta “moglie”, volevo che questo fosse scritto da qualche parte e che tutti lo sapessero. Sentivo che era la cosa giusta nei confronti di mia moglie e del nostro amore, e che il matrimonio avrebbe dato un valore aggiunto alla nostra vita».

Il matrimonio religioso, però, prevede molti obblighi e responsabilità, alcuni dei quali non sono contemplati nell’unione civile…

«Ho scelto di sposarmi in chiesa perché sono cattolico, di formazione francescana.

Posso tentennare nell’immaginare Mosè che divide le acque nel mar Rosso, ma credo fermamente che chi ha di più debba donare a chi ha di meno; che ci si debba mettere in discussione per capire il mondo; che le nostre libertà finiscano quando iniziano quelle dell’altro. Desideravo che la mia famiglia crescesse con queste idee».

E come la mettiamo con la fedeltà? È una promessa nuziale più impegnativa per chi vive in un ambiente come il suo?

«Non dipende dall’ambito in cui si lavora: sta a noi. Per esempio, grazie al mio lavoro conosco molto bene il linguaggio corporeo e mi sono accorto che basta anche un atteggiamento per dare adito ad alcune “proposte”. Al contempo, sono sufficienti anche dei piccoli gesti per mantenere le persone al loro posto. Spetta, insomma, a ciascuno: noi siamo le nostre scelte».

In che modo la fede illumina il suo lavoro di comico e attore?

«Sono un uomo concreto, che ama lavorare in trincea e non sono certo un puritano. Mi sono però dato delle regole: per esempio non mi piace scendere a compromessi troppo facili per strappare una risata e cerco sempre di rispettare la sensibilità altrui».

Oltre ai Francescani, quali realtà hanno segnato il suo cammino di fede?

«Tra i 15 e i 18 anni ho condiviso la vita della comunità di Sant’Egidio, e anche adesso sostengo molte loro attività. L’ultima è stata la campagna contro la pena di morte, che ci ha radunati tutti a Roma, davanti al Colosseo illuminato: oggi più che mai è importante far capire che la pena capitale non risolve i problemi ma, anzi, li peggiora».

So che ha avuto modo di incontrare, per ben due volte, papa Francesco: com’è andata?

«La prima volta che ci siamo visti è stata in occasione dello spettacolo a San Pietro per l’incontro del mondo della scuola nella primavera del 2014: un evento che è passato alla storia perché il Papa è letteralmente scoppiato a ridere. Non era mai successo, mi pare, che un Pontefice si abbandonasse a una grassa risata! La sua immagine ha fatto il giro del mondo… Poi, da lì a pochi mesi, sono tornato dal Papa per una udienza insieme alla Fit (Federazione italiana tennis). Quando mi ha visto mi ha sussurrato: “Ci stiamo vedendo un po’ troppo spesso…” (ride). Mi piace molto questo Pontefice: è l’uomo giusto arrivato al momento giusto. Dobbiamo tenercelo stretto. Nelle sue scelte c’è molto di quel Gesù che andava al tempio di Gerusalemme e scacciava i mercanti…».

Tags:
matrimoniotestimonianze di vita e di fede
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