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Per i peccati c’è la confessione. A cosa servono le indulgenze?

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Hernán Piñera-CC

Catalunya Cristiana - pubblicato il 30/12/15

Cos'è questa storia dei “resti di peccato”?

Non capisco questa storia dei “resti di peccato” quando si parla delle indulgenze. Se il sacramento della Penitenza ci perdona del tutto, cosa resta da perdonare? Credo anche che sia impossibile la storia di un rifiuto totale del peccato, anche veniale, per ottenere l’indulgenza plenaria. Tutti siamo inclini al peccato…

Vedo che si è preso il disturbo di leggere quello che ho scritto. Riconosco che è molto difficile nello spazio del mio contributo dire tutto su una questione, ancor più quando si tratta di un tema piuttosto sconosciuto.

Cercherò di chiarirlo meglio. I nostri peccati comportano conseguenze gravi. È vero che quando li confessiamo nel sacramento del Perdono ci vengono perdonati, ma l’impronta del peccato richiede un lungo cammino di rigenerazione.

Si racconta che un Presidente degli Stati Uniti, per far capire al figlio le conseguenze delle nostre azioni, gli propose un esercizio. Gli diede un martello, un grande chiodo e una tavola di legno, e gli chiese se era capace di inchiodarlo.

Il bambino rispose che era molto facile, e senza problemi con due o tre martellate ben assestate inchiodò perfettamente il chiodo nella tavola. Il padre allora gli disse: “Molto bene, ora cerca di toglierlo, se ci riesci”. Il bambino faticò parecchio, e dopo un’ora riuscì a togliere il chiodo lasciando un grande buco nel legno.

Il padre gli disse: “Vedi, figlio mio, fare il male è facile, ma eliminarlo, quando non è impossibile, è molto difficile, e resta sempre la ferita”.

Papa Francesco lo spiega così: “Nonostante il perdono, nella nostra vita portiamo le contraddizioni che sono la conseguenza dei nostri peccati. Nel sacramento della Riconciliazione Dio perdona i peccati, che sono davvero cancellati; eppure, l’impronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri rimane”.

L’indulgenza, quindi, non riguarda il fatto di perdonare un peccato, ma di superare completamente le conseguenze negative del peccato. Si tratta di una realtà molto seria, lungi da un automatismo magico al margine della nostra ricerca sincera di Dio e del suo perdono, e che si traduce nella volontà di condurre una vita autenticamente evangelica e di riprendere il cammino. Non è semplicemente passare per una porta.

E in relazione al fatto che le sembri impossibile, le dirò che la Chiesa non ci chiede mai cose impossibili. Se anziché vedere questo rifiuto imprescindibile come un atto dell’emotività o dei sentimenti lo vede come un atto di pura determinazione e volontà, capirà che non è tanto difficile. E neanche troppo facile: è come se di fronte a un piatto che mangerebbe con gusto lei decidesse di non mangiarlo anche se comporta un sacrificio.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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