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Perché papa Francesco ha scritto la Laudato si’ prima del COP21 di Parigi?

ENVIRONMENT-AIR POLLUTION

UN Photo/Kibae Park -cc / © Antoine Mekary - ALETEIA

File Photo- Toronto, Canada - Gas emissions at a manufacturing complex in Toronto, Canada. Photo Credit:Kibae Park/Sipa Press

Ary Waldir Ramos Díaz - Aleteia - pubblicato il 01/12/15

7 chiavi per capire la prova di fuoco del vertice sui cambiamenti climatici a Parigi e le sue implicazioni per la nostra vita

Un uomo che non ha mai pensato al degrado ambientale ha avuto una conversione tardiva quando ha scoperto che il lago in cui amava pescare è stato invaso dal mercurio e i pesci morivano a migliaia.

Poi ha saputo che l’aria che respirava gli provocava l’asma e che l’acqua per irrigare la sua fattoria non era più potabile, e che forse il problema di sterilità di sua moglie era dovuto alle radiazioni.

Stiamo aspettando una conversione tardiva di fronte all’inevitabile? O possiamo ancora fare qualcosa? Papa Francesco è convinto che questo sia il momento di un cambio di direzione per evitare l’apocalisse dell’uomo che ha scoperto tardi le conseguenze del degrado ambientale.

Il vertice sui cambiamenti climatici in svolgimento a Parigi (COP21) dal 30 novembre all’11 dicembre è un appuntamento ineludibile per l’umanità, tanto che il papa ha voluto che la sua enciclica, la Laudato si’, venisse pubblicata a giugno, qualche mese prima, per sensibilizzare l’opinione pubblica e soprattutto i leader mondiali riuniti a Parigi che cercano di avanzare nella lotta contro i cambiamenti climatici.

Francesco ha pubblicato il 18 giugno scorso un’enciclica sociale sulla cura della casa comune, in cui si avverte del rischio imminente per l’umanità e della via senza ritorno che porta al consumismo che divora foreste e acqua e contamina l’aria, tra le altre risorse vitali per la sopravvivenza degli esseri che abitano il pianeta.

Ecco 7 punti chiave per capire la prova di fuoco che si svolge al COP21 di Parigi, ovvero la 21ma Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici. Nome complicato, vero?

1. Quale dovrebbe essere l’obiettivo principale?

In primo luogo che 195 Paesi firmino un accordo “vincolante” e non progetti timorosi su quello che “vogliamo fare un giorno” per invertire i cambiamenti climatici.

L’appuntamento, che si svolge dal 1992 (il primo è stato celebrato a Rio de Janeiro), si sta esaurendo. Parigi è l’ultima occasione, ma non sarà, come vorremmo tutti, un appuntamento definitivo. Già nel 2011 si è rimandata l’ipotesi di arrivare a un progetto definitivo al 2015.

L’agenda è complessa perché ogni impegno che verrà firmato può cambiare per sempre il sistema politico ed economico attuale. Proteggere il pianeta non è gratis, anche se i benefici sono ampi e duraturi a lungo termine. E i benefici immediati raggiungono principalmente i poveri e i Paesi in via di sviluppo.

2. I cambiamenti climatici, fantasia o realtà?

In uno degli eventi vaticani che hanno preceduto la presentazione dell’enciclica del papa sull’ambiente, il cardinale honduregno Óscar Rodríguez Maradiaga ha raccontato che un tassista romano gli ha spiegato alla perfezione i cambiamenti climatici: “Padre, non abbiamo più la primavera, passiamo direttamente all’estate”.

La saggezza popolare coincide con i dati scientifici. Dal 1850 ai giorni nostri, la temperatura del pianeta è aumentata di un grado Celsius. 2 gradi Celsius è ritenuto il limite di un riscaldamento pericoloso.

Rimandare le decisioni per altri vent’anni come sostengono i tecnocrati e gli economisti a favore dell’equilibrio che arriverà con la globalizzazione è quindi una roulette russa.

30% è l’aumento del gas serra provocato dalla produzione industriale degli ultimi cent’anni. Di questo passo, i danni più gravi arriveranno entro pochi anni.

Le decisioni si possono rimandare, ma non sappiamo quali saranno le conseguenze, o meglio sappiamo già quello che accade nei Paesi poveri inermi di fronte alle catastrofi ambientali.

Cosa succederà quando il ghiaccio nell’Artico finirà di sciogliersi? La perdita di massa potrebbe arrivare in breve al 7%.

3. Chi ha in mano il futuro del pianeta?

38.000 invitati tra leader politici, delegati governativi, dirigenti di impresa, lobbisti, industriali…

Non saranno solo i Capi di Stato come Obama, Putin, Hollande, Xi Jinping o la Merkel a pronunciare discorsi che si spera non siano circostanziali. C’è una macchina di negoziati e lavori mossa da un esercito di persone in vari campi del sapere e degli interessi.

Di particolare rilevanza è la presenza dei Ministri della Salute del mondo, che offriranno i propri apporti partendo dalle prospettive nazionali per dare forma all’accordo, che si spera andrà a beneficio della salute globale.

L’aria che inquina in Cina è la stessa che arriva alle coste del Pacifico nelle Americhe.

4. Cosa ci si aspetta dal vertice?

Cambiare il sistema di produzione che deriva dai combustibili fossili. Gli abiti, il computer, il cellulare che usiamo non esisterebbero senza i combustibili fossili. Ciò vuol dire che bisogna cambiare tutta la produzione di beni e servizi per porre fine ai rischi dell’aumento del diossido di carbonio e dell’inquinamento.

Secondo dati ONU del 2012, servono 450 litri d’acqua per produrre un uovo di gallina e 148.000 litri per fabbricare un’automobile.

La conferenza di Parigi ha di fronte a sé la sfida di limitare le emissioni di gas serra.

L’accordo finale dipenderà dal fatto di trovare un equilibrio tra i Paesi ricchi che hanno già inquinato e ora chiedono ai Paesi in via di sviluppo di non seguire i propri passi e questi ultimi che devono ancora crescere e allo stesso tempo soffrono per l’aumento delle temperature.

5. Perché non arrivare a un accordo per salvare la casa comune?

Il primo accordo è che non si superino i 2 ºC di temperatura. Il tema è che l’accordo raggiunga questo obiettivo nei prossimi decenni, ma iniziando a breve termine.

Il dilemma già menzionato è che i Paesi in via di sviluppo non vogliono rallentare la propria corsa al benessere dell’Occidente, e per questo continuano a bruciare petrolio e carbone.

La questione si complica ancor di più perché i Paesi ricchi dovrebbero finanziare la transizione dei Paesi poveri alle energie rinnovabili.

Ancor più difficile è trovare il denaro per aiutare i Paesi poveri che affrontano disastri per via dell’innalzamento del livello del mare o della siccità.

Cosa conviene di più in questo panorama? I Paesi ricchi devono tener conto anche dell’ondata di immigrati che fuggono dalla siccità.

La globalizzazione della solidarietà del papa è concreta. Una solidarietà che non si misura nelle entrate pro-capite, ma nei livelli intangibili di felicità collegati a una vita degna e a relazioni sociali piene.

Prima o poi, del resto, i costi in termini di vite umane dovuti ai cambiamenti climatici chiederanno il conto a tutti.

6. La voce del papa nella Laudato si’ sarà ascoltata?

Nella Laudato Sí, il papa avanza delle proposte per arrivare a un’“ecologia integrale, che comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali” (137).

Il pontefice propone (cap. 5) di intraprendere un dialogo sull’ambiente che faciliti processi decisionali trasparenti, e sottolinea (cap. 6) il potere dell’istruzione per crescere senza danneggiare il pianeta, con un rapporto spirituale, ecclesiale, politico e teologico.

Nel testo, Francesco valorizza le conoscenze scientifiche disponibili al giorno d’oggi (cap. 1) e le collega all’insegnamento biblico (cap. 2), analizzando le origini del male (cap. 3) nell’egoismo, nella tecnocrazia e nel consumo eccessivo.

Il papa invita in sostanza a raggiungere un equilibrio sociale a beneficio del pianeta che passa per una maggiore equità considerando “l’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta”.

Per questo, rivolge un appello a una nuova economia, a un progresso che valorizzi ogni creatura e che si ottiene attraverso “dibattiti sinceri e onesti” per invertire “la cultura dello scarto” e avanzare “la proposta di un nuovo stile di vita” (16).

7. Il COP21 raggiungerà un impegno definitivo?

Serve un accordo su scala globale per limitare i gas ad effetto serra, e questo significherebbe la riduzione dell’impatto dei cambiamenti climatici, ma l’ambizione e il settarismo economico potrebbero essere il peggior nemico dell’ambiente e del creato.

In termini pratici, il COP21 di Parigi non compirà un miracolo, ma si spera almeno che raggiunga un impegno il più vicino possibile a un’aspirazione al bene comune per il pianeta.

Pur non essendo perfetto, se ha basi solide gli esperti e i negoziatori potranno migliorarlo in un futuro non troppo lontano.

Attenzione però, perché gli obiettivi del COP21 sui cambiamenti climatici dipendono molto da ciascuno di noi, partendo da un cambiamento dello stile di vita. Per questo, il papa nella Laudato si’ invita a un’“ecologia integrale” fatta di semplici gesti quotidiani, per spezzare “la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo” (230).

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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