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Associazione Mondiale di Psichiatria: religione e spiritualità prevengono le malattie mentali

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Aleteia - pubblicato il 25/11/15

Dall'altro lato, visioni fanatiche di spiritualità e religione possono peggiorare quadri depressivi, disturbi mentali e abuso di droghe

All’inizio del mese, l’Associazione Mondiale di Psichiatria ha diffuso un documento in cui afferma che religione e spiritualità hanno un impatto rilevante nella cura e nella prevenzione delle malattie mentali. Dall’altro lato, la mancanza di spiritualità o le visioni fanatiche della spiritualità e della religione possono peggiorare i quadri depressivi e aumentare il rischio sia di disturbi mentali che di abuso di droghe.

Per giungere a questa conclusione, l’Assocazione ha analizzato più di 3.000 studi sul rapporto tra spiritualità e salute mentale. I risultati indicano che la qualità di vita e la socievolezza migliorano con la pratica spirituale e religiosa, combattendo lo stress provocato dalle perdite, la depressione e la tendenza suicida, oltre ad aiutare nel recupero delle persone che hanno cercato di togliersi la vita.

Due anni fa, la pubblicazione di un’altra ricerca ha aiutato la scienza a capire un po’ meglio l’influenza spirituale sullo spessore della corteccia, che è la membrana che riveste il cervello: quando la corteccia è più sottile ci sono più possibilità di sviluppare la depressione, e quanto più si nutrono la religiosità e la spiritualità, più spessa tende ad essere la corteccia, diminuendo quindi il rischio di depressione.

La ricerca è stata effettuata dalla Columbia University (Stati Uniti), ed è stata pubblicata sulla rivista JAMA Psychiatry.

Studi precedenti avevano già indicato che nelle persone con una storia familiare di depressione la spiritualità riduce fino al 90% il rischio di sviluppare il disturbo.

Gli autori della ricerca pubblicata nel 2013 si concentrati sullo studio del modo in cui la religiosità si collega alla riduzione della depressione.

Per cinque anni hanno analizzato 103 persone tra i 18 e i 54 anni, una parte delle quali aveva una predisposizione genetica alla depressione. Nei 103 volontari è stata valutata l’importanza della religione e la frequenza con cui si andava in templi e chiese, oltre ad essere compiuti esami di risonanza magnetica per verificare l’anatomia cerebrale.

I ricercatori hanno constatato che i partecipanti che davano più importanza alle questioni spirituali possedevano una corteccia più spessa in alcune aree del cervello. L’associazione tra religiosità e spessore della corteccia è stata confermata in tutti i partecipanti, ma era più marcata in coloro che avevano un passato familiare di depressione.

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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