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7 caratteristiche che non possono mancare in un uomo chiamato al sacerdozio

Priest pray

© Roman Catholic Archdiocese of Boston/Flickr

Catholic Link - pubblicato il 25/11/15

di fr. Edgar Henríquez Carrasco, L.C.

Nella mia vita ho ascoltato una grande diversità di opinioni su come debbano essere i candidati al sacerdozio, il loro comportamento prima di entrare in seminario e la necessità di una vita irreprensibile. Molti credono che chi sente la chiamata di Dio non sia mai mancato a Messa, sappia il cantorale a memoria e abbia una famiglia santa. Ora vedremo che non è proprio così.

Chi è stato chiamato al sacerdozio…

1. Continua ad essere peccatore, come tutti

Priest pray
© Roman Catholic Archdiocese of Boston/Flickr

Non c’è da scandalizzarsi. Tutti siamo peccatori per il solo fatto di avere la macchia del peccato originale. Forse Dio sceglie i più “puliti” del suo gregge per chiamarli? Sappiamo che molte volte non è così. Abbiamo il caso di Matteo, il pubblicano che raccoglieva le imposte per Roma. Era chiamato “traditore” da tutti. Le persone non lo accoglievano in casa propria e lo rifiutavano. Pensavano che avesse tradito il suo popolo rendendosi complice degli abusi indiscriminati dei romani nei confronti del popolo ebraico. Sì, Matteo poteva essere rappresentante di tutto il male che volevano, ma questo non ha impedito che Gesù si avvicinasse a lui con amore e lo chiamasse a sé. “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi” (Luca 5, 32).

2. Ha dietro di sé una famiglia e una vita, che non abbandona, ma purifica

bishop smiling
© Paval Hadzinski/Flickr

Suone bene, ma non è facile da spiegare. Il seminarista lascia tutto – la famiglia, gli amici, i progetti, gli studi… insomma, abbandona tutto per andare dietro al Maestro. Chiediamoci: “Com’è possibile che faccia questo? E se fosse la confusione di un momento?” Può essere, ma oserei dire che nessuno lascia tutto per “qualcosa” in cui non crede. La vocazione al sacerdozio nasce da un’esperienza con Gesù, nasce da un incontro faccia a faccia con Lui. Si lasciano la famiglia e il contesto per stare “da soli con Dio”. Serve la riflessione personale, dare un tempo a Dio per asccoltarlo e verificare se si tratta di un’ispirazione divina o meno. Si lascia tutto per una realtà che esiste e rimane dentro che a volte non si riesce a spiegare.

3. Continua ad essere attratto dalle donne

monk
© Airman Magazine/Flickr

È un tema molto discusso, sul quale bisogna chiarire alcuni punti. L’uomo è uomo per natura. Dio chiama un uomo al sacerdozio proprio perché è un uomo, non aspetta che diventi una pianta o un microbo. Si aspetta che sia quello che è, un essere creato a sua immagine e somiglianza. L’uomo è per natura attratto dalle donne, non può farne a meno, ma può impegnare la sua vita in un’unica relazione. Quello che accade a un sacerdote è molto simile al matrimonio. Quando il marito si unisce alla sua sposa, rinuncia a tutte le donne tranne una, la moglie. Il sacerdote, quando si “sposa” con Dio, rinuncia a tutte le donne e anche a quell’“una” che potrebbe avere. Quel luogo lo occupa Dio. Il sacerdote si sposa con Dio, si impegna davanti alla Chiesa con Lui per rendere feconda la sua vita sacerdotale, avvicinando molti a Dio.

4. Non abbandona la paternità

Priest talking with woman
© Roman Catholic Archdiocese of Boston/Flickr

Molti saranno d’accordo con me quando dico che il sacerdote non rinuncia alla sua paternità, ma la estende a tutti. Un padre si dedica ai suoi figli, li cura e veglia su di loro, e un sacerdote fa lo stesso. Si prende cura del suo gregge, veglia sul suo bene e sulla sua salute spirituale, non lo abbandona, è perfino capace di dare la vita per il suo gregge. Essere padre significa questo. Dio ha detto ad Abramo: “… Non ti chiamerai più Abram ma ti chiamerai Abraham perché padre di una moltitudine di popoli ti renderò” (Genesi 17.5). E guardate cos’ha fatto! Il sacerdote ha molti figli spirituali che gli chiedono consiglio e gli aprono il proprio cuore per cercare il bene. A questo scopo non servono legami di sangue, basta compiere la missione di un padre, e il sacerdote ha questa vocazione concessa da Dio.

5. È indegno della sua missione

Shepard
© unsplash.com

Chi può essere degno di una missione così grande? Nessuno! Non siamo degni per noi stessi, Dio ci rende degni scegliendoci, chiamandoci ad essere sacerdoti. Abbiamo avuto una vita di peccato come tutti. Abbiamo tradito Gesù molte volte, lo abbiamo rinnegato, ma Dio non si concentra sulle nostre colpe, ma sul nostro cuore rinnovato e disposto ad amare di più. Chiama ciascuno a una vocazione diversa. Noi che siamo stati chiamati alla vita religiosa o al sacerdozio abbiamo sperimentato sulla nostra carne la misericordia di Dio. Com’è possibile che Dio chiami una persona imperfetta come me? È possibile! Samuele lo dice molto chiaramente nel suo primo libro: “Io non guardo ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore” (1 Samuele 16, 7). E in un altro passo si legge: “Un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi” (Salmo 51, 19).

6. Continua a sbagliare

Priest on the bridge
©Lawrence OP/Flickr

Nessuno è perfetto, neanche il sacerdote. Il sacerdozio non toglie l’umanità al sacerdote, che continua ad essere uomo, continua a vivere sulla terra, continua a sbagliare, continua a prendere decisioni sbagliate. È normale come qualsiasi essere umano. Il suo desiderio di perfezione, di raggiungere Dio, non nasce da un’idea qualunque, da un superamento personale, ma da Dio stesso.

7. È pienamente felice

Cardinal O'Malley laught
© Roman Catholic Archdiocese of Boston/Flickr

Certo! Chi non è felice del proprio sacerdozio deve preoccuparsi. Il sacerdote è chiamato a una missione diversa, una missione che viene da Dio. La felicità del sacerdote non è come quella del mondo di oggi: non è nel divertimento passeggero, nei piaceri e nei capricci personali; non ha origine in se stesso. La vera felicità del sacerdote deriva dal compiere la volontà di Dio e dal sentirsi immensamente amato da Lui. Chi può dire che l’amore non produce felicità? Chi di noi ha sperimentato Dio, l’amore supremo, sa che la nostra felicità è lì. Immaginiamo di essere piccoli uccellini assetati che volano nel deserto e di trovare un’oasi di acqua viva. Cosa faremmo? Bere! L’uccellino non si sentirà felice per quell’acqua? Certamente! Non sarà l’esempio migliore, ma ci aiuta a capire che il nostro piccolo assaggio dell’oceano di amore infinito di Dio produce la felicità. Non c’è felicità piena fuori di Dio, perché Egli è la fonte di ogni felicità.

Queste sono solo alcune delle caratteristiche che possiamo elencare riguardo a quanti sono stati chiamati al sacerdozio. Ora tocca a te vivere l’esperienza dell’amore pieno. Non fermarti all’opinione della gente. “Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi” (Giacomo 4, 8).

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

FONTE: CATHOLIC LINK

Tags:
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