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Alcuni trucchi per riconoscere (e guarire da) una “sindrome da moglie-madre”

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Flickr/JD Hancock/Creative Commons

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 24/11/15

Sicuramente una figura, dal passato difficile, ma che è ricorrente in numerose coppie italiane

Esiste una “sindrome da moglie-madre”? Come la si riconosce e quali “sintomi” presenta? Ce lo spiega Giacomo Dacquino in“Guarire l’amore. Strategie di speranza per la famiglia di oggi” che spiega come oggi ne “soffrano” (edizioni San Paolo) molti mariti e molti mogli.

Secondo i dati Istat, nel 2011, spiega Dacquino, vi sono stati in Italia oltre quattromila matrimoni con mogli più anziane dei mariti. Anche nelle coppie di fatto il 25 per cento degli uomini è più giovane delle rispettive partner. In queste unioni, sbilanciate anagraficamente, è probabile che gli uomini cerchino inconsapevolmente la caratteristica più femminile, quella materna, e le donne siano attratte da un compagno-figlio.

UOMO POCO VIRILE
Il marito affetto dalla “sindrome da moglie-madre” ama in maniera possessiva la moglie-madre, poiché, sostiene l’autore, ne è dipendente e ne ha un bisogno vitale, mentre l’adulto maturo psicologicamente possiede una certa autonomia dal coniuge. La sua dipendenza è la conseguenza di un’immaturità relazionale con la donna, che gli deriva da un’educazione sbagliata: è stato troppo spesso e troppo a lungo coccolato e viziato dalla madre e ridotto a diventare un maschio “castrato”, non un leader dal coraggio virile ma un represso, sino a ridursi a gregario passivo.

PROBLEMI NELL’INFANZIA
La psiche del marito-figlio s’incastra con quella della moglie-madre, una donna che, seppur sposata, resta prevalentemente più mamma che moglie, indipendentemente dalla presenza o meno dei figli. Più che interessata alla procreazione e all’allevamento della prole, tende a trattare il coniuge come un bambino, proteggendolo a oltranza, soffocandolo, togliendogli ogni iniziativa e responsabilità. Spesso è una donna che da piccola ha vissuto sulla propria pelle il disaccordo o il divorzio dei genitori e, avendo perso la fiducia in loro, si vanta d’aver imparato, fin dall’infanzia, a “contare solo su se stessa”.

PROFONDA INSICUREZZA
Tale atteggiamento, apparentemente indice di un Io forte, nella realtà maschera una profonda insicurezza. Trattasi infatti di una illusione difensiva, collegabile a un’infantile onnipotenza mai superata.

“MAMMINA” SEMPRE DISPONIBILE
Tuttavia, la donna che si ritrova a vivere con un marito-figlio o con un compagno “maschietto” dipendente, è destinata a una vita di coppia molto difficile, poiché il partner pretenderà una “mammina” sempre disponibile, anche sessualmente, e non capirà perché questa reclami un uomo con cui condividere il ménage familiare e l’educazione di eventuali figli. Inevitabilmente, osserva Dacquino, la donna dovrà assumere ruoli che non le competono, e si trasformerà poco alla volta in una persona costantemente stressata e aggressiva, che perde la stima e, peggio, l’amore verso tale partner inetto.

LA CRISI DI COPPIA
Il rapporto col partner si andrà inevitabilmente a compromettere. Certe crisi di coppia si risolvono cercando le soluzioni nel passato, chiarendo cioè le precedenti relazioni dei singoli con i genitori. Per esempio, nel caso del marito che ha sostituito alla “moglie-amante” la “moglie-madre” o la “moglie-sorella maggiore” vissute in una simbiosi dipendente, è necessario aiutare a crescere il puer che ha bisogno di una compagna-mamma, alla quale non riesce a rinunciare e che vuole sempre al suo fianco.

LA “LIBERAZIONE” DEL MARITO-FIGLIO
È dunque doverosa, conclude l’autore, una nuova educazione attraverso una psicoterapia di coppia che “liberi” il marito-figlio dalla sudditanza femminile, imparando a vivere senza la mamma, non solo quella biologica, e impedisca alla moglie-madre di continuare ad influire negativamente sulla personalità del coniuge.

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