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Baciare i lebbrosi: il segreto di Damiano di Molokai e Francesco d’Assisi

WEB MAN LEPROSY DISEASE NOSE © Morgan Schmorgan CC Flickr

© MORGAN SCHMORGAN / CC FLICKR

Aleteia - pubblicato il 19/11/15

Un giorno gli chiesero come fosse capace di stare tanto tempo tra i lebbrosi...

Avete sentito parlare di Damiano di Molokai? Molti belgi lo ritengono il loro compatriota più grande di tutti i tempi per come si è dedicato ai malati di lebbra alle Hawaii fino a contagiarsi… e a morire.

Un giorno, chiesero a questo missionario come fosse capace di stare tanto tempo tra i lebbrosi, e lui rispose: “Senza la mia ora santa quotidiana alla presenza del Santissimo Sacramento non sarei stato capace di rimanere neanche un giorno in questo luogo”.

Questo santo decise volontariamente di andare a vivere in un’isola in cui erano relegati i malati di lebbra di quel regno. I lebbrosi non si resero neanche conto del suo arrivo, spiega monsignor Josefino Ramírez nelle sue Cartas a un hermano sacerdote (Lettere a un fratello sacerdote).

“Vivevano tutte le notti immersi in una continua intossicazione alcolica e in un’orgia sessuale per cercare di dimenticare la carne putrefatta dalla lebbra, che li condannava a una vita di oblio e di morte senza consolazione”, riferisce.

La prima cosa che fece questo sacerdote fu costruire una cappella nella quale portò ciascuno dei lebbrosi, ripetendo in continuazione la scena del Vangelo: “Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: ‘Se vuoi, puoi guarirmi!’. Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: ‘Lo voglio, guarisci!’. Subito la lebbra scomparve ed egli guarì” (Marco 1, 40-42).

Lì organizzò l’adorazione perpetua. I lebbrosi pronunciavano preghiere semplici e bellissime. Uno di loro, ad esempio, passava tutta la sua ora santa descrivendo a Gesù il suono delle onde, l’azzurro dell’oceano e il tramonto.

“E anche se avevano ancora la carne putrefatta, le loro anime erano guarite”, scrive il sacerdote. “Non c’era più bisogno di ubriacarsi, perché si erano intossicati con il Suo Amore. Il sesso non era più una necessità imperiosa, perché avevano l’intimità del Suo Cuore”.

San Francesco d’Assisi

Il presbitero ricorda poi come l’Eucaristia sia stata anche la forza che alcuni secoli prima ha permesso a San Francesco d’Assisi di baciare e curare un lebbroso.

Era un malato che insultava chi cercava di aiutarlo, anche Francesco. E lui cosa ha fatto allora? È andato davanti al Santissimo Sacramento a pregare, e quando è tornato ha detto: “Farò quello che mi chiederai”. Il lebbroso gli risposte: “Voglio che mi lavi tutto, perché emano un odore così cattivo che neanch’io riesco a sopportarlo”.

Il santo che ha ispirato il nome del papa attuale non ci pensò due volte, chiese che gli portassero dell’acqua calda con erbe aromatiche e man mano che lavava l’uomo vedeva la sua carne putrefatta recuperare il suo colore naturale. Alla fine il lebbroso guarì.

San Francesco è chiamato “il giullare di Dio” perché tutto quello che ha fatto è stato per amore nei confronti di Dio, ha commentato monsignor Ramírez, “ma è molto più folle la pazzia d’Amore del Santissimo Sacramento per quello che Gesù fa per noi”.

“Lì il Signore lava la nostra anima, non con l’acqua, ma con il suo Preziosissimo Sangue”, afferma. “Lì ci curiamo dal marciume del peccato e dell’amore per noi stessi”.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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