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Il Ku Klux Klan e i cattolici

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Philip Jenkins - pubblicato il 09/11/15

La storia del KKK ci dice qualcosa sulla capacità degli immigrati negli Stati Uniti di assimilarsi col tempo

Attualmente c’è una buona dose di nervosismo sotto quei cappucci bianchi. Il gruppo Anonimous ha dichiarato la propria intenzione di rivelare l’identità di circa un migliaio di membri del Ku Klux Klan (KKK) negli Stati Uniti, minacciando di scoprire molti militanti razzisti clandestini. Chissà che queste misure non possano finalmente far fuori quello che una volta era il formidabile Gigante Bianco…

Concentrarci sull’elemento razzista ci fa tuttavia dimenticare un altro aspetto fondamentale della storia del KKK, di grande rilievo per le persone religiose. Sì, il Klan si è sempre concentrato soprattutto sull’eliminazione degli afroamericani e sul rafforzamento della supremazia bianca, ma al culmine della sua forza e della sua popolarità, negli anni venti del XX secolo, ha attirato vari milioni di seguaci negli USA, la maggior parte dei quali si preoccupavano di combattere i cattolici romani. Per qualche anno, il movimento ha goduto i suoi più grandi successi negli Stati industriali del nord come Pennsylvania e Indiana piuttosto che nel profondo Sud, e buona parte del suo fascino risiedeva nel suo anticattolicesimo.

Vent’anni fa ho avuto la fortuna di avvalermi degli archivi interni del Klan della Pennsylvania, che ho trattato nel mio libro del 1997 Hoods and Shirts. Negli anni Venti, il Klan ha raggiunto più di cinque milioni di membri in tutta la Nazione, e solo in Pennsylvania si stima ne avesse almeno 250.000. La Pennsylvania è diventata un regno del Klan, sotto il suo Grande Dragone, ed è stata ulteriormente divisa in otto province, ciascuna posta sotto un Grande Titano. Lo Stato ha acquistato almeno 423 klavern, o logge. Alla metà degli anni Venti, il Klan appariva spesso sui quotidiani della Pennsylvania, sia per le sue parate e i rituali di massa che per i sempre più frequenti atti di violenza e confronto.

Dimostrazioni aggressive del Klan e proteste anticattoliche portarono al conflitto con i gruppi cattolici, e nel 1923 e nel 1924 le rivolte scatenarono un bagno di sangue nelle città industriali di Carnegie, Scottdale e Lilly. Uno di questi episodi diede al Klan un celebrato eroe in Tom Abbott, il “Klansman martirizzato” protagonista di opuscoli e leggende. In risposta alla continua violenza, il Klan formò un corpo paramilitare di klavaliers, o reparti d’assalto, e abbiamo i formulari di ingresso che venivano forniti per entrare in questo gruppo.

Ma perché i cattolici?

In parte il Klan aveva ereditato la potentissima tradizione della bigotteria anticattolica militante, che presentava la Chiesa come un veicolo di tirannia, paganesimo, immoralità, persecuzione e qualsiasi forza anticristiana. Il Klan riprendeva le antiche accuse del “nativismo” americano circa i mali cattolici, includendo Inquisizione, giuramenti segreti sediziosi fatti dai Cavalieri di Colombo e la natura cospiratrice dell’ordine gesuita. Era tutto familiare, ma dagli anni Novanta dell’Ottocento gli Stati Uniti sperimentarono un’immigrazione di massa soprattutto dall’Europa centrale e orientale, e i nuovi gruppi erano fortemente cattolici ed ebrei.

Secondo il Klan, il potere cattolico emergente minacciava di schiacciare la società e i valori americani. Nel secolo precedente, la Chiesa negli Stati Uniti era passata da 50.000 membri e 35 sacerdoti a 20 milioni di fedeli con una vasta rete di clero, scuole e seminari. La forza cattolica si basava sull’“alienismo”, “le orde non assimilate dell’Europa”, che minacciavano la purezza razziale americana. L’incubo era che un giorno gli americani sarebbero stati soggetti alla tirannia cattolica, e che un giorno un cattolico avrebbe raggiunto la presidenza degli Stati Uniti. La campagna presidenziale del 1928 del cattolico Al Smith galvanizzò nuovamente il Klan.

Sempre nel 1928, il leader del Klan della Pennsylvania Paul Winter avvertì nel suo What Price Tolerance? che presto sarebbe iniziata una lotta apocalittica tra “l’americanismo tradizionale e l’invasione politica e religiosa degli Stati Uniti da parte dei sostenitori delle istituzioni e degli ideali dell’Europa”.

L’“Armageddon americano” sarebbe stato sia fisico che morale, visto che i cattolici si erano spesso mostrati i maestri della sovversione e della cospirazione. Era imminente un colpo di Stato cattolico? Contro il pericolo chiaro e presente che affrontava la repubblica, Winter dichiarava che le forze patriottiche erano in fermento. Queste includevano il clero protestante non corrotto da tentazioni ecumeniche e la rete di ordini fraterni e patriottici, soprattutto la massoneria. L’organizzazione del Klan era fortemente basata sulla massoneria.

Il Klan era prevalentemente un movimento protestante. Il clero protestante aveva un posto di spicco alla guida di questa “crociata”, “consacrata sotto la fiera croce del cristianesimo protestante militante”. Ogni loggia aveva il suo kleagle, o cappellano, che era sempre un ministro protestante.

Il Klan della Pennsylvania presto si estinse, e l’organizzazione nazionale collassò tra accuse di crimini e corruzione. L’organizzazione statale resistette fino agli anni Quaranta, ma come setta marginale. Solo negli anni Cinquanta i Klan del Sud si riformarono, per combattere la fine della segregazione.

Guardando al movimento oggi, due aspetti colpiscono in modo particolare. Uno è il quasi totale oblio che riguarda l’elemento religioso, al punto che gli stessi leader del Klan reclutano cattolici e negano che il Klan abbia mai fatto diversamente. Come ha potuto essere dimenticato un elemento così fondamentale?

La risposta, forse, si ritrova nel secondo punto, nella fattispecie in quanto rapidamente e totalmente gli immigrati (e le loro fedi) sono stati assimilati nella vita americana. Oggi ci facciamo beffe delle accuse che il Klan faceva ai danni dei nuovi arrivati cattolici o ebrei, e di come dichiarava che le popolazioni straniere come polacchi e irlandesi, slovacchi e italiani non avrebbero mai potuto diventare veri americani. Dopo una generazione o due, quelle famiglie immigrate erano diventate iperamericane, al punto che perfino il Klan non poteva criticare il loro devoto patriottismo. Possiamo sperare che qualche altro decennio porterà a un epilogo simile i nostri dibattiti attuali sull’immigrazione e ci farà chiedere cosa ci infastidiva tanto nel 2015?

Philip Jenkins è Distinguished Professor di Storia alla Baylor University e autore di The Many Faces of Christ: The Thousand-Year Story of the Survival and Influence of the Lost Gospels
(New York, Basic Books, 2015).

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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