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Se oggi ammirate il Duomo di Milano è anche grazie a una vecchietta poverissima e a una prostituta

Enzo Romeo - Credere - pubblicato il 15/10/15

La costruzione di una cattedrale nel Medioevo era un’impresa di popolo. Tutti, nessuno escluso, partecipavano all’elevazione di un monumento che rendesse gloria a Dio e desse lustro alla città. Così fu anche per il Duomo di Milano. Una vecchietta poverissima, Caterina di Abbiateguazzone, offrì il suo lavoro: puliva e trasportava le pietre del cantiere. Una mattina donò all’obolo della cattedrale l’unica pelliccetta che possedeva. Quando i canonici se ne accorsero ne furono commossi e le restituirono il denaro con gli interessi, perché potesse compiere il sospirato pellegrinaggio a Roma che desiderava da tanti anni.

Tra i benefattori rimasti noti c’è Marta de Codevachi, di professione prostituta. A Milano era conosciuta come Donona. Grazie al suo mestiere era divenuta ricca, ma a un certo punto si era pentita e aveva deciso di cambiar vita. Divenne benefattrice dei poveri e adottò Venturina, una bimba che era stata lasciata alla ruota degli esposti.

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Nel 1394 Marta si ammalò gravemente. Il suo pensiero andò alla Madonna e alla nuova chiesa che si stava erigendo in suo onore nel centro della città. Chiamò il notaio e destinò alla Fabbrica del Duomo i suoi averi, con la clausola che gli officiali si prendessero cura di Venturina e che si impegnassero a trovar marito alla sua amica Margherita, conosciuta al bordello come Novella de Mandello, alla quale lasciava all’uopo cospicua dote per iniziare una nuova vita «casta e onesta». Poco dopo Marta morì e la Fabbrica organizzò funerali degni di una nobildonna. Il lungo corteo di chierici e presbiteri accompagnò il feretro lungo le strade dove un tempo la donna aveva venduto amor profano.

Tra i documenti del Duomo si trova ancora l’annuale per l’anima di Marta con le Messe da celebrare in suo suffragio. Le storie di Caterina e di Donona sono delle perfette parabole di misericordia, che Dio mediante la Chiesa in ogni tempo elargisce. Sicché con Paolo possiamo dire: «Ero un bestemmiatore, ma ha sovrabbondato la grazia».

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