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La società ha bisogno di un confronto sulle dinamiche di genere

Sentenza transessuale

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Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 07/10/15

Il sociologo Mauro Magatti sul Corriere analizza il tema tra parità dei sessi e fluidità dei generi

Una riflessione interessante quella del professor Mauro Magatti sulle colonne del Corriere della Sera (7 ottobre), circa la questione dell’identità, i rapporti tra i generi e tra le generazioni. Un tema che è in un modo o nell’altro al centro del dibattito contemporaneo. In fondo non solo i giornali, ma la scuola, il Parlamento e finanche la Chiesa cattolica si interrogano mentre ogni consuetudine e ogni certezza salta a causa dello choc culturale. Uno scenario che – dice il sociologo – “è in rapidissima trasformazione”.

Sicché oggi ci ritroviamo di fronte a casi che una volta sarebbero stati solo ipotesi di scuola su cui articolare un ragionamento ma che praticamente mai si sarebbero dovuto affrontare davvero.

Impensabili senza la rivoluzione nella scienza della fertilità come ad esempio

la storia di un transgender inglese, ora donna, che vuole un figlio dal proprio seme, criocongelato quando ancora non aveva deciso di cambiare sesso.

Una storia che ora si conclude (?) con una raccolta fondi su internet per poter pagare le spese dell’inseminazione e dell’utero in affitto. Fay , come ora si fa chiamare Kevin, ha bisogno di 100 mila sterline, che il servizio sanitario inglese non eroga in nessuna quota parte (a differenza della procedura per il cambio di sesso, che è stata pagata al 50%). Si può dire che ora Fay pretenda la maternità come diritto, dopo aver abdicato alla paternità come scelta. Una storia che davvero esemplifica al meglio da un lato gli eccessi del desiderio individuale elevato a diritto e dall’altra il suo effetto sui legami collettivi. Sarà padre? Sarà madre? E la donna che partorirebbe il bambino che ruolo avrà? Nessuno, perché – ci avverte il settimanale Tempi(4 ottobre) – Fay sta con il suo ex compagno di scuola Chriss Dodd che farebbe svolgerebbe il ruolo di padre. Una vicenda che ci indica qual’è la direzione che alcuni gruppi vogliono imprimere con il concetto di fluidità di genere. Ma riprendiamo il ragionamento di Magatti:

Interi panorami culturali si ridisegnano a una velocità sorprendente: una recente ricerca sui giovani inglesi tra i 18-25 anni ha rivelato che più del 40% degli intervistati si dichiara gender fluid (cioè né omo né eterosessuale). Di fronte a un tale cambiamento, come al solito, la scena viene occupata da due opposti estremismi. Da un lato, i talebani del «si è sempre fatto così» sembrano non volere riflettere sulle questioni poste dalla nuova situazione; dall’altro i kamikaze de «il nuovo è sempre un bene» rifiutano per principio qualsiasi richiamo a problematizzare. In questo modo sfugge ciò che è più importante, e cioè che le società contemporanee si stanno muovendo con grandissima velocità lungo un piano inclinato sui cui esiti occorrerebbe riflettere con più attenzione. La direzione del cambiamento è data dalla combinazione tra un sistema tecno-economico sempre più avanzato — arrivato a porre il tema della identità di genere e delle forme della riproduzione umana al centro della propria azione — e un soggettivismo sempre più spinto, che accarezza un sogno di autodeterminazione che non riconosce più nulla di intoccabile, nessun limite. In una parola, più mezzi possibili per più fini individuali. Di fronte a tale cambiamento, ciascuno per la propria vita e, laddove esistono ancora, comunità e gruppi sociali, cerchiamo qualche forma di adattamento. E per questa via si mettono in moto anche dinamiche positive. Soprattutto per quanto riguarda la rinegoziazione dei rapporti di genere che, sollecitata proprio da quello che sta accadendo, è oggi finalmente pronta per essere ripensata radicalmente.

Quello che c’è di positivo, non deve tuttavia, ammonisce lo studioso, farci perdere di vista dinamiche più profonde e che – quale che sia il proprio convincimento sull’argomento – riconoscere che non si parla di decisioni private, ma del tipo di società che si vuole costruire. Perché lasciati a se stessi, i legami fondamentali quali quello uomo-donna e genitori-figli verranno completamente affidati – grazie alla tecnica e alla tecnica commerciale aggiungiamo – ad una negoziazione diretta e come tale difficilissima. Alcune domande che dobbiamo porci ma che – tuttavia – poste in questo modo sono rischiose e aprono a sottointesi “maliziosi” o che possono essere fraintesi:

Ma possiamo considerare soddisfacente un tale modello? E la liberazione in atto, nel praticare lo slegamento dalla tradizione, non rischia forse di determinare nuove rilegature che surrettiziamente creano nuove dipendenze, per di più mascherate da emancipazione? E ancora, nel momento in cui diciamo che la dimensione affettiva, relazionale, sessuale è solo un affare privato che ciascuno gestisce a modo suo, come risolviamo sensatamente i problemi che già si stanno ponendo, per quanto riguarda ad esempio i temi dell’educazione?

Ma il problema è proprio qui: come siamo arrivati già a definire programmi scolastici su alcuni temi sensibili, senza ancora nessuna deliberazione e senza nessun dibattito? Non è forse una forzatura, immaginare prima un modello scolastico, imporlo per decreto e poi aprire – a cose fatte – alla “libera discussione”? Non si rischia che il massimo che si conceda sia (come si dice a Roma) di “Mettece ‘na pezza“?

Se tali questioni non fossero rilevanti non ci sarebbe necessità di fare delle leggi. Invece, è esattamente di questo che oggi si discute. Il problema è che, anche se non ci piace sentirlo dire, la società degli individui è un fatto, un progetto collettivo. Politico. Che, come tale, implica il confronto, la discussione, la mediazione. Ci si può e ci deve confrontare con idee diverse rispetto ai cambiamenti in corso. Ma non ci si può nascondere dietro le semplici scelte personali quando poi è proprio per questa via che, oggi come ieri, si pongono le basi di un nuovo modello di società.

Esattamente ma, ci permettiamo una chiosa, è per questo che alla “società degli individui” il pensiero cristiano risponde con la “società delle persone”, cioè quella idea feconda dell’interrelazione, della comunità che non scade nel comunitarismo, ma che ha una proposta di bene comune apprezzabile razionalmente. Anche per i rapporti di genere. Anche e sopratutto per combattere il bullismo e la persecuzione.

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