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“Silence” di Scorsese esplora il mistero della fede

silence andrew garfield scorsese

Cappa Defina Productions

Matthew Becklo - Aleteia - pubblicato il 02/10/15

L'adattamento del regista del libro di Shusaku Endo sui missionari gesuiti era in preparazione da decenni

Adattare Silence, un libro del 1966 sui missionari gesuiti del XVII secolo, è un progetto che Martin Scorsese aveva in mente da decenni. Per un po’ è sembrato che il film non sarebbe mai stato realizzato, ma con la diffusione del cast al completo, del primo fotogramma, di un nuovo saggio e della sceneggiatura per concessione di The Film Stage, Silence di Scorsese è ben avviato verso la sua diffusione, prevista nel 2016.

Il romanzo è stato scritto da Shusaku Endo, uno scrittore poco noto conosciuto come il “Graham Greene giapponese”. Entrambi avevano un talento per i drammi avvincenti, ed erano uniti da una comune eredità cattolica che ha permeato il loro lavoro – non come mezzo per fare proseliti o per instillare lezioni morali artificiali, ma come cornice per sciogliere le debolezze e le contraddizioni umane.

Il nostro interesse va al margine pericoloso delle cose”, amava dire Greene citando Browning. “Il confine sottile tra lealtà e slealtà, tra fedeltà e infedeltà, le contraddizioni della mente, il paradosso che si porta dentro di sé”.

Con Silence, Endo ci riporta indietro di quattro secoli in un Giappone in cui i cristiani convertiti erano torturati e uccisi in massa – e nel percorso contempla il “confine sottile” tra credere e mettere in discussione Dio, tra la conoscenza della fede e il problema del male.

Scorsese ha detto che Silence gli ha dato “un tipo di nutrimento” che ha trovato “solo in pochissime opere d’arte”. In una presentazione del romanzo, ha scritto:

Come si racconta la storia della fede cristiana? Le difficoltà, le crisi del credere? Come si descrive la lotta? Ci sono stati molti grandi romanzieri del XX secolo che sono stati attirati dal soggetto – Graham Greene, ovviamente, e François Mauriac, Georges Bernanos… [Endo] ha capito il conflitto della fede, la necessità di credere combattendo la voce dell’esperienza. La voce che esorta sempre i fedeli – i fedeli che si mettono in discussione – ad adattare le proprie convinzioni al mondo in cui vivono, alla loro cultura… È un paradosso, e può essere estremamente doloroso: di fronte a questo, credere e mettere in discussione sono antitetici. Io però credo che vadano di pari passo. Uno alimenta l’altro. Mettere in discussione può portare a una grande solitudine, ma se coesiste con la fede – la vera fede, la fede che dura – può finire nel senso di comunione più gioioso. È quel passaggio doloroso e paradossale – dalla certezza al dubbio, alla solitudine e alla comunione – che Endo capisce tanto bene, e che rende in modo ben chiaro in Silence”.

Il libro Approaching Silence, appena uscito, contiene un secondo saggio di Scorsese che parla del potere della storia e di come si svilupperà nel film:

Il romanzo di Endo affronta il mistero della fede cristiana, e per estensione il mistero della fede in sé. Rodrigues impara, un passo doloroso alla volta, che l’amore di Dio è più misterioso di quello che sa lui, che Egli lascia molto più fare agli uomini di quanto capiamo, e che è sempre presente… anche nel Suo silenzio. Quale ruolo sto avendo?, si chiede Rodrigues. Perché vengo tenuto in vita? Quando arriverà il mio martirio? Ovviamente non c’è. Il che significa che avrà un ruolo molto diverso da quello che si aspettava di ricoprire. Non seguirà le orme di Gesù. Questa è la cosa più dolorosa che capisce.
Come poter tradurre le ultime pagine del romanzo, astratte come Moby-Dick o L’Idiota, in immagini ed azioni? Come posso filmare quelle sensazioni interiori e quelle emozioni? Come posso rendere il mistero della fede, e le vie di Dio, cinematograficamente presenti? La risposta è nel realizzare il film – andare a Taiwan, lavorare con gli attori, il cameraman e il production designer, girare e poi mettere tutto insieme, aggiungendo un’inquadratura qui e togliendone una lì, mixando il suono, sistemando il colore e decidendo che è finito. A un altro livello, però, quella risposta risiede nel cinema stesso, e nel suo modo di indicarci quello che non riusciamo a vedere”.

Se Scorsese ha ragione, allora il percorso di questa storia dalla parola scritta al grande schermo è in sé una traccia del “lento lavoro di Dio”. Con il primo papa gesuita che ora guida la Chiesa cattolica e una guerra globale contro i cristiani che raggiunge proporzioni di crisi in tutto il mondo, il ritardo ventennale può essere stato più provvidenziale che problematico, e Silence potrebbe diventare il film più importante della carriera di Scorsese.

Matthew Becklo è un marito e padre, filosofo amatoriale e commentatore culturale di Aleteia e Word on Fire. I suoi scritti sono apparsi su First Things, The Dish e Real Clear Religion.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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