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Condanna a morte indiretta per un bimbo di un anno in Gran Bretagna

rapport 2013 Save The children – it

© Ahturner / SHUTTERSTOCK.com

Roberta Sciamplicotti - Aleteia - pubblicato il 27/08/15

I genitori, con problemi mentali, hanno acconsentito a non farlo curare nel caso in cui le sue condizioni si aggravassero

I genitori di un bambino di 13 mesi affetto da crisi epilettiche e che non si può nutrire adeguatamente hanno concordato con la sentenza giudiziaria che permette che il piccolo muoia di una “morte indolore”.

Un tribunale britannico ha infatti stabilito che al piccolo Jake, nato nel luglio 2014, possano essere negate le cure visto che probabilmente non vivrà abbastanza da godersi l’infanzia.

Per questo, potrebbe non ricevere gli antibiotici e il massaggio cardiaco nel caso in cui dovesse averne bisogno (LiveActionNews, 24 agosto).

Jake è figlio di genitori a cui è stata diagnosticata una difficoltà di apprendimento e soffre di una condizione neurologica genetica chiamata encefalopatia epilettica dell’infanzia.

Una dura lotta

Fin dalla nascita, il piccolo ha subito vari attacchi gravi.

I suoi genitori non vogliono che il bambino soffra, e la madre ha dichiarato di non volere che “la macchina elettrica” rimetta in funzione il suo cuore in caso di necessità.

Il padre del bambino ha un QI di 61 (la media è 100) ed era nella posizione di comparire davanti alla corte, mentre alla madre, che ha un QI di 60, non è stato permesso legalmente di essere rappresentata, ma aveva “un amico nel tribunale” per difendere i propri interessi (Daily Mail, 19 agosto).

La corte ha sentito che Jake è stato ricoverato nel settembre 2014 ed è rimasto in ospedale fino all’11 dicembre 2014, quando è stato dimesso per essere curato da genitori affidatari.

Il 2 marzo scorso Jake non ha risposto quando il genitore affidatario ha cercato di svegliarlo. Dopo essersi svegliato ha subito un “attacco prolungato” ed è stato ricoverato nuovamente.

In base ai documenti nelle mani del tribunale, dall’ottobre scorso Jake è stato curato da un neurologo pediatrico noto solo come Dottor W, il quale ha affermato dopo vari esami che Jake ha compiuto “pochi progressi a livello di sviluppo” e che ci si può aspettare che la sua aspettativa di vita sia “accorciata”. Il piccolo non tollera il latte e richiede un sostegno medico sempre maggiore.

Jake è limitato e minacciato come conseguenza della sua condizione neurologica. Non penso che sopravvivrà alla prima infanzia, pur riconoscendo che alcuni bambini sopravvivono più a lungo di quanto ci aspettiamo considerando la gravità delle loro condizioni”.

La morte nei prossimi giorni, nelle prossime settimane o nei prossimi mesi non sarebbe inaspettata, qualunque tipo di cura si segua”.

Il Dottor W ha riferito alla corte che il padre di Jake ha chiesto: “Come vi aspettate che possiamo prendere una decisione simile?” I genitori del piccolo speravano che il bimbo si riprendesse, ma hanno ammesso di non volere che soffra.

La madre di Jake ha detto al suo rappresentante di credere che il bambino sia “un lottatore” e che vuole che sopravviva ma non che soffra. Per questo, ha dichiarato di non volere che Jake venga sottoposto alla “macchina per respirare” o posto nella “macchina elettrica” per far ripartire il suo cuore.

La decisione giudiziaria

Il presidente della Divisione Familiare dell’Alta Corte, Sir James Munby, ha affermato al riguardo: “Se è così, è una dimostrazione assai illuminante di come qualcuno che ha delle limitazioni capisca ad ogni modo le cose fondamentali”. “È capace di esprimere una visione molto chiara, che è del tutto comprensibile e appropriata”.

Sir Munby ha sentito che alcune delle medicazioni per alleviare il dolore possono avere la conseguenza di accorciare ulteriormente la vita di Jake e ha descritto la situazione come “un caso disperatamente triste”, aggiungendo che “non c’è assolutamente alcun motivo per il quale non si debba tenere pienamente conto dei punti di vista, dei desideri e dei sentimenti” dei genitori.

La tragedia è che anche con tutti i miracoli della moderna scienza medica c’è pochissimo che possiamo fare”, ha continuato il giudice.

In questo contesto, ha stabilito che vari interventi medici possano non essere applicati nell’“interesse” di Jake se le sue condizioni dovessero deteriorarsi ulteriormente. Sarebbe legale, ha dichiarato, astenersi dall’applicare la maschera per la ventilazione, così come la ventilazione invasiva e non invasiva.

In caso di arresto cardiaco, “è secondo la legge e nel suo migliore interesse non ricevere il massaggio cardiaco”.

La corte ha anche stabilito che in caso di infezione grave i medici possano astenersi dal somministrare un trattamento antibiotico.

I sanitari, ha aggiunto il giudice, possono fornire a Jake qualsiasi trattamento medico ritengano sia nel suo interesse, anche quelli per alleviare la sofferenza, “pur se potrebbero ridurre il suo ritmo respiratorio o, se in una situazione di fine vita, potrebbero abbreviare la sua vita”, e che i suoi genitori devono essere consultati “nel rispetto di ogni decisione medica significativa, a meno che un’emergenza medica non offra tempo sufficiente perché questa consultazione possa aver luogo”.

Con un quoziente intellettivo così basso, è probabile che i genitori di Jake non abbiano capito davvero che stavano acconsentendo a far uccidere il proprio bambino, vittima innocente di una società in cui le persone che richiedono cure speciali vengono sempre più spesso considerate un peso di cui disfarsi.

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