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Sai riposare?

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 23/07/15

Una chiave della fecondità è il modo in cui riposiamo e come sentiamo che il Signore tratta la nostra stanchezza

Papa Francesco ha detto ai sacerdoti:

Quando uno sa che, morto di stanchezza, può prostrarsi in adorazione, dire: “Basta per oggi, Signore”, e arrendersi davanti al Padre, uno sa anche che non crolla ma si rinnova, perché chi ha unto con olio di letizia il popolo fedele di Dio, il Signore pure lo unge: ‘cambia la sua cenere in diadema, le sue lacrime in olio profumato di letizia, il suo abbattimento in canti’ (cfr Is 61,3).

Teniamo ben presente che una chiave della fecondità sacerdotale sta nel come riposiamo e nel come sentiamo che il Signore tratta la nostra stanchezza.

Com’è difficile imparare a riposare! In questo si gioca la nostra fiducia e il nostro ricordare che anche noi siamo pecore e abbiamo bisogno del pastore, che ci aiuti”.

A volte non sappiamo risposare. Lo facciamo male e risultiamo ancora più stanchi. Non abbiamo le nostre fonti. La stanchezza e la tristezza ci schiacciano. E poi la vita ci chiede il conto.

Nella stanchezza non ci rallegriamo della vita. Nascono la lamentela e il dolore. Dobbiamo coltivare la gioia per tutto ciò che abbiamo conquistato.

Ce lo diceva padre JosefKentenich: “Non dimenticate di coltivare l’allegria per ogni piccola vittoria che si ottiene. Chi non prova la gioia di essere nobile e buono, cercherà gioie negative. Se la nostra attività non è creativa, non avremo allora la forza per altre cose”.

Allegria per le cose belle della nostra vita. Allegria per i nostri piccoli successi. Allegria creativa. Imparare a ridere e a sorridere. Essere felici di ciò che abbiamo conquistato, di ciò che abbiamo, di ciò che abbiamo ricevuto gratis, di ciò che abbiamo perduto. E tutto con umiltà. Senza cadere nella vanità. Rallegrandoci di ciò che Dio ci regala.

Gioia per il cammino percorso e per quello che ancora ci resta da percorrere. Gioia per la vita che conduciamo, senza pensare tanto a quella che ci piacerebbe condurre. Sapere che siamo in cammino. A poco a poco. Passo dopo passo.

Accogliere ciò che c’è e non smettere mai di sognare di realizzare il mio cammino di santità. Possiamo sempre arrivare più in alto. Possiamo sempre dare di più. Possiamo sempre andare più a fondo.

Sono i due pilastri della nostra vita. Ringraziare e sognare. Rallegrarci di ciò che abbiamo conquistato e guardare in alto, alla prossima vetta. Fermarci è retrocedere. Lo sperimentiamo nelle cose più importanti della nostra vita. Se non cresciamo nell’amore, diminuiamo. Se non avanziamo nella nostra vita religiosa, torniamo indietro.

Per questo è tanto importante ringraziare per il cammino compiuto. E mantenere la tensione per continuare ad avanzare.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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