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“E comunque Medjugorje è un luogo di preghiera”

Medjugorje Collina Apparizioni

© MANUEL ROMANO / NURPHOTO

Gian Franco Svidercoschi - Aleteia - pubblicato il 14/07/15

Il cardinale Dziwisz ricorda l’atteggiamento di papa Wojtyla

Era già scandaloso che fosse uscito quel libro, oltretutto prima della beatificazione. E che il libro contenesse i testi – destinati a restare segreti – di alcune “deposizioni” raccolte al tempo del processo canonico; e dalle quali, per giunta, si aveva l’impressione che qualche testimone, benché in perfetta buona fede, avesse finito per riferire più il proprio pensiero che non quello di Giovanni Paolo II. Ma per il cardinale Stanislao Dziwisz, ex segretario particolare del Papa e ora arcivescovo di Cracovia, era ancora più scandaloso che, sulla base di una frase detta confidenzialmente da Wojtyla a un amico polacco, e poi riferita al processo, ne fosse venuta fuori una presunta approvazione pontificia dei fatti di Medjugorje.

Ricordo ancora la reazione di Dziwisz, quando gli comunicai la notizia per telefono. “No! No! Non è vero! Le cose non sono andate così!”. Due anni dopo, nel libro “Ho vissuto con un santo”, ritornò sull’argomento. Spiegò che, siccome “l’esercizio del servizio petrino esigeva un continuo discernimento spirituale, specie nelle questioni difficili”, il Papa aveva affidato l’intero problema alla Congregazione per la dottrina della fede. Poi, il cardinale entrò anche nel merito. “…devo dire che il Santo Padre era impressionato dallo spirito di preghiera, di penitenza e di conversione che caratterizzava il pellegrinaggio dei fedeli alla Madre di Dio. Tuttavia ha sempre conservato una prudente distanza. E, per questo, non ha ricevuto in udienza i ‘veggenti’”.

Mi impressionarono subito due punti di quel commento. Anzitutto, il fatto che il Papa fosse rimasto positivamente colpito dal gran numero di persone che andavano a Medjugorje; e, più ancora, che ci andavano per pregare, per ricominciare a pregare, e da dove spesso si tornava convertiti. E poi, quel riferimento alla “Madre di Dio”. Come dire che, tutto quel fervore spirituale, quel trasformarsi di Medjugorie – indipendentemente da come fosse iniziato – in un luogo di preghiera, ebbene, tutto questo non si sarebbe potuto concepire, né tanto meno spiegare, se non con una “presenza”. Quella “presenza”!

E qui, chiaramente, si avvertiva tutta la pietà mariana di KarolWojtyla. Il Papa che si considerava miracolosamente salvato dalla Madonna di Fatima, il giorno che Alì Agca gli aveva puntato contro la sua pistola per ucciderlo. “Una mano ha sparato e un’altra ha guidato la pallottola”. E, prima ancora, il giovane polacco che, a Czestochowa, aveva imparato a essere uomo di “grande fiducia”, a “non aver paura”. E più tardi, anche da sacerdote, anche da vescovo, andava a Jasna Gora perché – diceva – lì davanti all’immagine della Madonna Nera si poteva sentire in che modo battesse il cuore della nazione nel cuore della sua grande protettrice.

Ma c’era anche un altro punto interessante, nel commento scritto dal cardinale Dziwisz: ed era quell’aver messo la parola veggentitra virgolette. Che voleva significare? Glielo richiedo oggi.

Eminenza, c’era qualche motivo particolare?
Era solo per accentuare quella ‘prudente distanza’ che il Santo Padre voleva mantenere nei confronti della vicenda, mentre veniva esaminata alla Congregazione per la dottrina della fede, e quindi nei confronti degli stessi veggenti”. Una delle veggenti, Mirjana, racconta di aver avuto un colloquio privato con Giovanni Paolo II, e lui le avrebbe detto che ”se non fosse stato Papa sarebbe già andato a Medjugorje”.

Posso escluderlo nella maniera più assoluta. Dicono che una delle veggenti, ma non si sa se fosse questa Mirjana, o l’altra, Vicka, sia venuta un giorno all’udienza generale, forse accompagnata da qualcuno, e abbia salutato il Santo Padre mentre passava. Ma non gli ha detto niente, altrimenti lui se lo sarebbe ricordato, e oltretutto il Papa non aveva neppure capìto chi fosse”.

Comunque, non ha voluto riceverli in udienza.
“Il Santo Padre, per prudenza, riteneva giusto così. Ma, mi creda, non c’era niente contro le persone. E infatti, io non ho maisentito, anche in privato, una sola parola di condanna, né verso quella vicenda né verso le persone che vi sono coinvolte. Voleva solo che tutto fosse esaminato per bene, con serenità ed equilibrio. E poi, gliel’ho detto, il Santo Padre era profondamente colpito dai frutti spirituali così abbondanti che Medjugorje riusciva a sprigionare”.

E lei personalmente?
Ho avuto spesso contatti con gruppi di persone, e soprattutto di giovani, che andavano là, e poi tornavano diversi, cambiati dentro, più sereni, più convinti di ciò in cui credevano”.

Ma i veggenti?
“Non mi permetto di giudicare. Forse c’è stata poca serietà in certi comportamenti. Ma per il resto, secondo l’idea che me ne sono fatto, devo considerarlo un posto di preghiera. Eccezionale! Sì, un posto dove pregare. E dove ascoltare. Là c’è Qualcuno che parla! Parla ai cuori di tutti!”.

Qui finisce la conversazione con il cardinale Dziwisz. E, benché non fosse assolutamente l’intenzione di “don Stanislao”, le sue parole aiutano in qualche modo a individuare quello che potrebbeessere il pronunciamento papale: e cioè, decidere di sottolineare la distinzione tra le “apparizioni” (delle quali non consta ancora in modo eclatante il carattere soprannaturale) e il “luogo” che invece sta dando, con abbondanza e costanza, grandi frutti spirituali. Appunto, come diceva Dziwisz, un posto di preghiera. Dunque, un posto che potrebbe far da “inizio”, favorire un risveglio del senso del soprannaturale; e che poi, però, dovrebbe condurre al fondamento della fede, all’unico vero “segno” che conti, quello di Gesù crocifisso e risorto.

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