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Un po’ di umorismo: 15 tipi di omelie da evitare

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ZENIT - pubblicato il 09/06/15

Omelia mollusco, omelia mattone, omelia improvvisata...

Di Antonio Rivero, L.C.

Quanto è difficile pronunciare una buona omelia! Qual è il modo migliore di farlo? Sembra più che altro chiaro ciò che NON si deve fare. Ecco qualche esempio:

Omelia improvvisazione: è quella che il sacerdote prepara mentre si sta mettendo alba, cingolo, stola e casula per la Santa Messa.

Omelia libresca: omelia che sa molto di libro e scrivania; omelia accademica, marmorea, ma che manca di cuore e di conoscenza di chi ascolta.

Omelia archeologica: omelia nella quale il predicatore vuole sempre addentrarsi in dettagli secondari sui farisei, gli esseni, le dracme, l’ora sesta, l’atrio, il pozzo… Non spiega il messaggio di Dio, ma curiosità periferiche.

Omelia romantica che vuole strappare lacrime e sorrisi in chi ascolta, sulla base di esclamazioni, interiezioni, grida, linguaggio paternalistico con aggettivi teneri, diminutivi o accrescitivi.

Omelia demagogica che con mille parole vuole andar bene al pubblico ma tradisce sia il messaggio evangelico che il destinatario, ingrandendo o rimpicciolendo, sfigurando e distorcendo la dottrina di Cristo.

Omelia letteraria: più che una predica sacra è un esercizio letterario o poetico.

Omelia antologica: l’omelia diventa un’opportunità per ricordare e tirar fuori tutte le frasi, sentenze, testi, poesie, definizioni che il predicatore ha imparato a memoria o che aveva nel proprio archivio.

Omelia mollusco: invertebrata, molle, gelatina scivolosa, senza argomentazioni, senza contenuto, senza tema. Non finisce un argomento quando ne inizia un altro.

Omelia mattone: solo idee senza rapporto con la vita dei credenti. L’omelia deve arrivare, per così dire, nella cucina di quella casalinga, sul posto di lavoro di quel buon padre di famiglia, sulla scrivania di quello studente… L’omelia-mattone non ci arriva.

Omelia spaghetti: si avvolge sullo stesso argomento, annoiando gli ascoltatori e facendoli sbadigliare.

Omelia corso: tratta molti temi senza concretizzarne nessuno.

Omelia ripetizione del Vangelo: non sa trarre un messaggio da quel Vangelo per chi ascolta, e l’unica cosa fa è ripetere ciò che è stato letto nel testo. È possibile che il predicatore sia incapace di creare un’omelia succosa con un’unica idea ben espressa? Per favore, l’ascoltatore non è stupido!

Omelia tecnica: usare per tutto il tempo un linguaggio teologico che la gente non capisce (metanoia, kenosis, anafora, parusia, epifanico, isterico, pneumatico, mistagogico, escatologia, transustanziazione…). L’omelia non è una lezione di teologia, ma una conversazione cordiale con gli ascoltatori e i parrocchiani.

Omelia di strada: il predicatore usa tutto il tempo un gergo rozzo e volgare. In questo modo si sminuiscono la Parola di Dio, la dignità del profeta e la dignità dei fedeli che San Paolo definisce “santi nel Signore”. Il predicatore non deve mai abbassarsi, perché sta parlando a nome di Cristo e della Chiesa.

Omelia del cattivo pilota: il predicatore non sa decollare né atterrare, e fa giri su giri senza terminare mai. “E per finire”… e risale sulle nuvole. “E per terminare”… e torna a salire. Termina e basta, per favore.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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