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Eutanasia anche in Francia?

Assemblée nationale

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Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 10/03/15

L'Assemblea Nazionale ha iniziato il dibattito su una legge che pone molte ambiguità sul fine vita

E' iniziata la discussione, a Parigi, circa l'introduzione, de facto, dell'eutanasia in Francia. Una discussione che si svolgerà in Parlamento su un testo di legge bipartisan presentato da socialisti e gollisti.

Il progetto di legge
Come riportato da Avvenire(13 dicembre 2014), la questione parte da un confronto voluto fortemente da Presidente Hollande che aveva promesso in campagna elettorale una legge “nella direzione dell'eutanasia”. Quello su cui si dibatte in questi giorni parte dalle raccomandazioni sottoscritte congiuntamente dal deputato socialista Alain Claeys e dal collega neogollista Jean Leonetti, quest’ultimo già autore della legge in vigore risalente al 2005.

Tuttavia la legge Leonetti poggia sul duplice divieto dell’eutanasia e dell’accanimento terapeutico, il nuovo rapporto chiede d’istituire il diritto dei pazienti «a una sedazione profonda e continua» in caso di ma-lattia giudicata incurabile e «con prognosi infausta a breve termine». A complicare le cose, fra l’altro, è l’uso dell’espressione “pronostic vital engagé”, associata comunemente a un ventaglio di situazioni con pericolo di vita più ampio rispetto alle prognosi infauste in senso stretto. La pista proposta consiste in un’anestesia farmacologica non limitata ai soli stadi patologici terminali veri e propri. Un’anestesia il cui scopo sarebbe proprio quello di “aiutare a morire”, anche arrestando l’alimentazione e l’idratazione del paziente. Nel rapporto, non mancano dunque le formulazioni ambigue.

Cristiani, ebrei e musulmani contrari
Con una lettera pubblicata su Le Monde (9 marzo), cinque rappresentanti dei 3 monoteismi (un cattolico, un protestante, un ortodosso, un ebreo e un musulmano) hanno scritto un appello per evitare di fare un passo ulteriore rispetto alla legge Leonetti che ha il pregio di ribadire che non è possibile avere una legge che consente di togliere la vita.

Meno di dieci anni fa, la Repubblica francese aveva affrontato il problema con la voce unanime dei suoi parlamentari, quando fu votata la legge Leonetti, il 22 aprile 2005. “Nulla potrà mai giustificare il diritto di dare la morte ad un essere umano”: né la sua salute, né la sua incoscienza, né la sua estrema vulnerabilità, e nemmeno il suo desiderio di morire. Il carattere inviolabile della vita umana aveva superato una nuova tappa. Ed è su questa base comune che si è consolidato l'atto medico di fronte all'eutanasia. Il diritto francese, che esclude l'accanimento terapeutico, condanna l'eutanasia. Lo stesso vale per il diritto europeo: in una raccomandazione adottata nel 1999, il Consiglio d'Europa condanna l'eutanasia, che è tra l'altro proibita nella quasi totalità dei paesi del mondo. Mentre il dibattito riprende, noi lanciamo un appello comune, preoccupato e pressante, affinché una eventuale nuova legge non rinunci in alcun modo a questo principio fondatore: ogni vita umana deve essere rispettata specialmente nel momento in cui è massimamente fragile. Chiediamo che questa legge civile sia civilizzatrice, cioè che aiuti a vivere e a morire, senza mai accorciare la vita, senza mai decidere di dare la morte. Noi vogliamo che essa abbia un ampio consenso attorno a principi chiari, sicuri che il minimo equivoco in questo campo provocherà, a termine, la morte di innumerevoli persone senza difesa.

La posizione dei vescovi francesi
Raggiunto da Radio Vaticana, l' arcivescovo di Rennes monsignor Pierre d’Ornellas che il 21 gennaio, a ridosso dell'inizio della discussione, ha dichiarato che: “Questa proposta di legge avrà senso soltanto se la sedazione sarà prescritta con competenza – ovviamente – e se questa sedazione, praticata con competenza, non sarà forzatamente una sedazione profonda: potrebbe essere anche una sedazione intermittente, ma comunque una sedazione che abbia lo scopo di alleggerire la sofferenza. E’ questa la giusta maniera in cui leggere questa proposta di legge e in cui va precisata. Ad esempio, bisogna re-introdurre nella proposta di legge il principio del duplice effetto in maniera tale che i medici siano costretti a indicare chiaramente l’obiettivo che perseguono, e cioè procurare sollievo dalle sofferenze e mai facilitare la morte. Questo è il punto essenziale” e ha poi proseguito precisando “Credo che la nostra presa di posizione pubblica sia volta a spiegare ai deputati e ai senatori, all’opinione pubblica, affinché nella nostra società si formi una cultura palliativa, cioè una pacificazione nei confronti della morte”

La posizione dei favorevoli
All'opposto si pone il professor Régis Aubry, capo del servizio di cure palliative del Centro ospedaliero di Besançon e presidente dell'Osservatorio nazionale del fine vita, fa notare “una differenza fondamentale tra la sedazione profonda e continua fino al decesso, e l'eutanasia. La sedazione profonda e continua non accelera probabilmente il momento del decesso”. Questo problema della sedazione “profonda e continua” è certo il più polemico, ma non è il solo a far discutere. Ad esempio, è particolarmente sensibile il punto sui trattamenti di mantenimento in vita, come l'alimentazione e l'idratazione artificiali. “Se la sedazione profonda dura cinque giorni, la disidratazione la si vede sul volto. Ci sono dei parenti che saranno scioccati da ciò che sta succedendo. Sono giorni tremendi”, assicura un deputato PS, favorevole all'introduzione di un aiuto attivo a morire. “Non si sa bene qual è il grado di sofferenza indotto”, precisa il dottor Régis Aubry (Le Monde, 9 marzo, traduzione a cura di Finesettimana.org).

Quale direzione prendono così la democrazia e il diritto?
Tornando alla lettera firmata congiuntamente dal cardinale Philippe Barbarin (arcivescovo di Lione), François Clavairoly (presidente della Federazione protestante di Francia), monsignor Emmanuel (metropolita di Francia, presidente dell’Assemblea dei vescovi ortodossi di Francia), Haïm Korsia (grande rabbino di Franceia) e Mohammed Moussaoui (presidente dell'Unione delle mschee di Francia e presidente d'onore del Consiglio francese del culto musulmano), si esprime un timore “sistemico”:

Nel dibattito che si apre oggi sorge infatti una nuova tentazione: quella di dare la morte senza ammetterlo, abusando della “sedazione”. Anche se può esser utile o necessario addormentare un paziente, a titolo eccezionale, l'uso di questa tecnica viene snaturato quando si tratta, non più di dare sollievo al paziente, ma di provocarne la morte. Sarebbe un atto di eutanasia. Ora, quando è questione di vita o di morte, la coscienza umana non può essere in pace se si gioca con le parole. La democrazia stessa può solo soffrire della manipolazione di concetti così sensibili. Per questo chiediamo che sia incoraggiato l'accompagnamento delle persone in fin di vita, garantendo al contempo che esse siano chiaramente protette dal divieto di uccidere. È dallo sguardo rivolto ai suoi membri più fragili che si misura il grado di umanizzazione di una società. In nome di che cosa si penserebbe di legalizzare un gesto di morte? Perché la persona in questione avrebbe perso, si dice, la sua dignità umana? Perché avrebbe fatto il suo tempo? Le si lascerebbe intendere che è diventata inutile, indesiderabile, costosa… L'uomo si crede in grado di discernere – per se stesso o per altri – dei brevetti di umanità? Si tratta di una posta in gioco importantissima per la nostra società, per il legame tra le generazioni, per la fiducia tra le persone che curano e le persone curate e, più profondamente, per servire la grandezza della medicina, lo spirito di civiltà, e la nostra più grande umanità  (Le Monde, 9 marzo)

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