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E perché non lo prendiamo noi?

Michele Cargiolli

© Michele Cargiolli/Facebook

Aleteia - pubblicato il 24/02/15

La miracolosa storia da "Uno su 1 milione" di Michele Cargiolli, affetto da sindrome di Lesch-Nyhan (LND)

Vivere, non sopravvivere. Potrebbe essere questo il titolo che accompagna le giornate di Michele Cargiolli, 25 anni e una vita che non gli ha risparmiato nulla, nel bene e nel male. Ma sempre dentro un abbraccio più grande dei suoi limiti e della sua malattia. 

Uno su 1 milione
La storia di Michele, affetto da sindrome di Lesch-Nyhan (LND) è da "1 su 1 milione" non solo perché la sua è una malattia rarissima (appunto, un caso su un milione nel mondo, 40 in tutta Italia), per cui fare ricerca non conviene. Non solo perché la patologia ha infierito con cattiveria particolare sul corpo di Michele: tetraparesi spastica, insulina fin da piccolino e a 9 anni il trapianto di reni seguito da una costellazione di ricoveri. Ma anche e soprattutto per come è venuta alla luce. A raccontarla è Lucia Bellaspiga sulle pagine di Avvenire.it(23 febbraio) ed è proprio il quotidiano d’ispirazione cattolica che ha permesso a Michele di non rimanere senza padre nè madre. Era il lontano 1989…

25 anni fa l’SOS di Avvenire
«Egregio direttore, il Signore si serve di "Avvenire" per fare miracoli…". La lettera arrivata in redazione giorni fa allegava due trafiletti ingialliti, usciti sul nostro giornale 25 anni or sono, obbligandoci a un flashback. "Michele è un bel bambino di 5 mesi ricoverato dalla nascita in ospedale e adottabile", spiegava l’articoletto, firmato dall’allora giudice onorario del Tribunale dei minori di Milano, Silvio Barbieri (lo stesso autore della lettera odierna). Il neonato però presentava un quadro clinico grave, occorreva una famiglia speciale… Quindici giorni dopo un secondo trafiletto ripeteva l’appello: "Si cerca una coppia che accolga il piccolo con assoluto spirito di servizio… potrebbe infatti verificarsi una morte prematura".»

Visibilmente felice
Michele, quel  neonato destinato a morire presto, ha 25 anni e una maturità scientifica da 100 e lode. Non è "medicalmente" guarito perché la sua è una malattia rarissima. «Eppure è visibilmente felice» si legge sempre su Avvenire.it «tra mamma Paola (ex insegnante di religione) e papà Franco Cargiolli (macchinista di treni in pensione), la coppia speciale che un quarto di secolo fa il giudice di Milano cercava con il lanternino.»

Perché non lo prendiamo noi?
Il 1° ottobre 1989 è il giorno della svolta per Michele e la sua futura famiglia adottiva «lessero quel primo trafiletto assieme ai loro tre bambini, "ma non ci passò nemmeno per la testa di accoglierlo noi." racconta il padre "Dopo 15 giorni però è uscito il secondo appello e con i nostri bambini abbiamo detto una preghiera perché quel neonato trovasse davvero una famiglia. Fu Marco, il piccolo di 8 anni, a lasciarci di stucco dicendo: e perché non lo prendiamo noi?". Un fulmine a ciel sereno, l’impossibile che si crea un varco nel possibile, soprattutto grazie al candore del bambino: "Dai, papà, in fondo non abbiamo mai vinto niente, noi!".»

Al più piccolo di voi
Sì, perché Michele nel tempo si è rivelato un vero e proprio premio. «"All’epoca mi consultai con il pediatra che, saputo il nome della malattia, si prese la testa tra le mani e ci disse assolutamente di lasciar perdere." continua Franco "Andai in chiesa per meditarci su e nel Vangelo di quel giorno Gesù diceva "quello che farete al più piccolo di voi lo avrete fatto a me". Era così lampante e non lo avevo capito!"

Michele cambia la vita 
«Le notti insonni poi sono state migliaia, eppure "dopo 25 anni ci chiediamo ancora perché Dio abbia concesso a noi un tale privilegio. Michele cambia la vita a chiunque lo incontri". Dall’asilo al liceo, compagni e professori lo hanno amato in modo tangibile e quotidiano, così come tutti i medici che negli anni ha incontrato, nonostante le battaglie contro la burocrazia e per ottenere quel po’ di assistenza domiciliare… "Ma noi paghiamo volentieri le tasse, perché la Sanità gli ha sempre passato cure e operazioni», tiene a far sapere mamma Paola, che non percepisce pensione perché "per stare con lui lasciai il lavoro".» 

Scrittore di fiabe
«La "Nyhan" l’ha accompagnato continuamente e contro di lei ha inveito e lottato (non senza cicatrici…), ma non l’ha sconfitto e Michele ha saputo creare attorno a sé amicizie solide e relazioni forti, diventando, anche per i genitori, zii, fratelli, nonni, punto di riferimento e stimolo a una vita più autentica. Stare con lui è un’avventura che comprende, come tutte le avventure, momenti di angoscia e di incubo, ma anche la scoperta di tesori incredibili in lui e attorno a lui. E’ bello vedere che è spesso invitato a partecipare a trasmissioni televisive. L’ultima sorpresa che ci ha fatto è stata quella di scrivere una fiaba che è stata presentata al Palazzo Ducale di Genova e la cui prima edizione  è andata esaurita nel giro di un paio di settimane.» (tratto dal sito lesch-nyhan.eu)


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