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Quell’incontro di cui si ricorda tutto

Faith in the Time of Persecution – it

Mazur/UK Catholic

padre Carlos Padilla - pubblicato il 20/01/15

L'incontro con Gesù ci cambia e finisce per trasformarci in uomini nuovi, in testimoni

La sequela inizia con una chiamata, con un invito a decidere di vivere qualcosa di grande: “Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: 'Ecco l'agnello di Dio!'. E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: 'Che cercate?'. Gli risposero: 'Rabbì (che significa maestro), dove abiti?'. Disse loro: 'Venite e vedrete'”. 

Penso a quel giorno. Tutto ciò che si racconta oggi è accaduto un giorno. Ci sono giorni che passano rapidamente, settimane, mesi. E altri che segnano una vita per sempre.

Nel Vangelo di Giovanni ci viene raccontata la chiamata dei discepoli gradualmente e per nome. Con ciascuno c'è una storia, un'ora. Le quattro del pomeriggio. L'ora della loro vita. L'ora in cui iniziano a seguirlo. Giovanni fissa lo sguardo su Gesù che passa.

Adoro questa espressione. Gesù passa. Passa davanti a me ogni giorno e io non lo vedo. Lascio che vada avanti.

Giovanni il Battista lo guarda. Sa chi è. Lo ha conosciuto nel cuore. È l'Agnello. L'agnello mansueto e umile che si offre per noi. Che arriva senza far rumore. Senza farsi notare. Senza darsi importanza. L'agnello di Dio che si dona. È Lui. Il suo Signore.

Quanto tempo ha aspettato quel momento! Quanto tempo ha parlato di Lui ai suoi discepoli! I primi discepoli ascoltano Giovanni e senza esitare seguono Gesù. Vanno dietro a Lui per sempre. Per fedeltà al loro maestro lo lasciano. Si fidano di Giovanni. È bello fidarsi di qualcuno tanto come loro.

Ci sono persone delle quali mi fido ciecamente. Quello che mi dicono è per me la voce di Dio. I discepoli non si pongono il problema. Non fanno domande. Non dubitano. Giovanni parla e loro seguono Gesù. Non importa dove.

Ancora non si sono innamorati di Gesù e già lo seguono. Per la testimonianza di Giovanni credono. Così inizia la Chiesa. Per contagio. Per amore di uno per l'altro.

Giovanni nel suo Vangelo ci racconta che la sequela di Gesù inizia con una testimonianza umana, non per una chiamata diretta di Gesù come nei Vangeli sinottici. A volte abbiamo sentito la chiamata diretta di Gesù. Altre volte credo perché un altro crede. Guardo con i suoi occhi. Ascolto con le sue orecchie. Vedo luce nella vita di un altro e voglio vivere come lui.

I discepoli di Giovanni seguono Gesù e Giovanni no. È il suo modo particolare di amare. È il suo modo di seguire Gesù. Ritirandosi. Abbassandosi. Nascondendosi. Immolandosi. Regalandogli ciò che ama di più, i suoi discepoli.

Quanto si amavano Gesù e Giovanni! Colpisce lo sguardo di Giovanni quando Gesù passa. Che sguardo puro! Il deserto, la povertà, l'attesa, il desiderio hanno preparato il suo cuore, non solo per predicare di Gesù, ma per saperlo vedere.

Quanti sono stati incapaci di vedere Gesù nonostante i suoi miracoli e le sue parole! E Giovanni vede senza bisogno di miracoli. Grazie allo sguardo di Giovanni quel giorno in cui Gesù passa, i discepoli vanno con Gesù.

Non c'è mai stato un discepolo di Gesù solo. A due a due aderiscono a Lui. È sempre così nella Chiesa. È stata sempre una comunità. Così è iniziata la comunità degli amici di Gesù. Per la testimonianza di uno, l'altro crede.

I due primi discepoli credono per via di Giovanni. Pietro crede per Andrea. “Abbiamo trovato il Messia”. Pietro ha visto qualcosa in Andrea e per questo ha creduto. Mi commuove. Non ha avuto bisogno di andare a verificare. Si è messo in cammino. Si è fidato di lui. Per via di suo fratello già sapeva che era vero. È sempre così nella Chiesa, fin dal principio: uno vede Gesù, se ne innamora e lo racconta a un altro.

Cosa desideriamo nel più profondo dell'anima? Guardo il cuore, nel più profondo. Gesù mi guarda. Guarda coloro che lo seguono. Guarda quelli che desidera che lo seguano. “Che cercate?” Hanno risposto: “Dove abiti?” Cercavano Lui, volevano stare con Lui. Cosa chiedo io al Signore? Il desiderio del cuore è stare con colui che riempie la nostra vita, apre nuovi orizzonti, inonda di luce il nostro cammino. Credo che Cristo sia il mio orizzonte. L'ho sempre creduto. Da quando L'ho incontrato sul cammino. O meglio, da quando Lui ha incontrato me.

Può essere che un giorno pensi che mi manca orizzonte in ciò che faccio. Può darsi che mi senta stretto e un po' legato. Quel giorno in cui mi vedrò insoddisfatto dovrò ricordare l'essenziale della chiamata a seguire Gesù.

Non importa tanto ciò che facciamo o smettiamo di fare. Ciò che conta è stare con Lui, camminare al suo fianco. Egli è il nostro orizzonte. Io ho sete. Anche i discepoli avevano sete. Gesù ha l'acqua. Questo mi rallegra sempre. La mia sete viene placata solo da Lui. Il cammino me lo mostra solo
Lui. Se non seguo Lui, finisco per sviarmi.

I discepoli cercavano insieme a Giovanni il senso della vita. Aspettavano il Messia. Non sapevano bene cosa sarebbe successo in seguito, cosa sarebbe accaduto con la loro vita quando Lo hanno incontrato.

Dove abiti?” Dietro questa domanda ce ne sono molte altre, altri dubbi, alcune paure. Cosa fai? Cosa sogni? Perché sei venuto? Quali sono i tuoi orizzonti, le tue mete, i tuoi progetti?

Cosa fai durante il giorno? Cosa sarà della nostra vita se ti seguiamo? Cosa perderemo? Cosa guadagneremo? Ci sono sempre molte domande nell'anima. La prima è quella che copre tutte le altre. Dove abiti? Questa domanda nasconde un desiderio di pienezza, di felicità.

Volevano una vita che avesse un senso. Confidavanno nel fatto che il Messia avrebbe risposto a tutti i loro desideri di trovare la propria strada. Lo cercano. Lo trovano. Gesù si volta e li guarda. Si ferma. Lo fa sempre. Si ferma nel suo cammino davanti a qualsiasi persona. Magari sapessi farlo anch'io.

Magari sapessi fermarmi e guardare. Soffermarmi e uscire dal mio progetto e dalla mia vita. Dal mio schema, dalla mia agenda, per guardare qualcuno. Gesù lo fa. A loro basta un solo giorno per comprendere tutto. Cos'è accaduto quel giorno? Dove e come viveva davvero Gesù? Tanti interrogativi aperti. Tante domande a cui rispondere.

Mi fermo apensare un momento. Lo stile di Gesù è quello che provoca la sequela. Il suo modo di affrontare la vita, il suo modo di trattare gli uomini, la sua verità, la sua semplicità, la sua profondità. Gli apostoli sono stati con Lui quel giorno e hanno creduto alla sua vita. Hanno trascorso con Lui solo qualche ora: “Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui”.

Mi sorprende la rapidità. Basta davvero un giorno per decidere di seguire qualcuno? Forse aspettavano da tempo Gesù senza sapere chi fosse, come fosse. Forse Giovanni aveva preparato il loro cuore. Ha solo risvegliato il loro desiderio, lo ha curato, lo ha tenuto vivo.

Volevano conoscere Gesù, e quando lo hanno incontrato si sono resi conto del fatto che nell'anima qualcosa andava al suo posto. Molte volte è così nella vita. Troviamo il nostro posto, la persona che cercavamo, il cammino vocazionale che sognavamo, l'occupazione che riempie il cuore. Ci basta un incontro, una parola, un'esperienza di vita. Allora tutto si incastra.

Forse anche a noi basta un giorno. Cosa avrà attirato tanto la loro attenzione di quel primo incontro, di quel primo giorno? A volte, quando conosciamo qualcuno, non sempre decidiamo di seguire i suoi passi immediatamente. In genere non ci basta un giorno. Può essere un buon incontro, ma non è sempre così decisivo.

Seguire i passi di qualcuno è una cosa troppo radicale per essere fatta alla leggera. Forse non avevano già una vita avviata? Sì, erano pescatori. Avevano la propria famiglia, avevano legami da curare, c'era amore nella loro vita ed erano responsabili di quell'amore. Avevano uno stile di vita proprio. Costumi radicati. Abitudini salde. Impegni presi. Come cambiare tutto all'improvviso?come lasciare ciò che avevano e seguire un altro cammino? Diceva padre Josef Kentenich: “Cosa si esige rispetto alla forma di vita? Si esige una vita costantemente vicina a Dio, piena di alti valori morali, interiormente purificata, distaccata dal mondo e dall'io”.

Essi seguono i suoi passi. Si adattano alla sua forma di vita. Vogliono vivere come vive Lui, anche se non ha un posto in cui posare il capo. Anche se non può assicurare loro un futuro pieno di comodità.

A volte si crede che seguire Gesù significhi camminare nella vita con il successo assicurato. Dio ci promette una vita piena nelle sue mani, non il successo. Seguire Gesù presuppone rischi, accettare paure, avere la vita piena di incertezze. Ma non è questo che conta. La promessa ha a che vedere con il fatto di vivere con Lui per sempre. L'importante nella vita è seguire Gesù.

Gesù si volta e li guarda fin nel profondo del cuore. Vede le loro domande e la loro speranza. La loro fragilità. I loro sogni. Vede il loro cuore di semplici pescatori. Il fatto che lo seguano lo commuove. Ci saranno tanti che non vorranno seguirlo, che gli chiederanno delle prove.

La semplicità del loro cuore lo rallegra. Saranno per sempre suoi amici. Quel primo giorno è importante per Andrea e Pietro, ma anche per Gesù. Non è più solo. Sono rimasti con Lui, hanno seguito i suoi passi e hanno visto come viveva.

Innamorati per quel primo incontro, la loro vita diventa una testimonianza. Erano stati con Gesù. Tutto era cambiato. Per questo si ricordano l'ora esatta, le quattro del pomeriggio. Gli innamorati si ricordano del luogo e dell'ora dell'incontro con la persona amata.

Quel momento che ha cambiato la loro vita per sempre. Ricordano il luogo in cui si trovavano. I rumori. Gli odori. Ricordano tutto con precisione. Non dubitano. Lo conservano nella memoria del cuore, che è quella che conta.

Non ci sono fotografie, ma i ricordi riproducono con nitidezza quel momento. Si conoscono le parole e i gesti. Ricordano gli sguardi e le lacrime. In genere è così quando il Signore viene nella nostra vita e ci chiama. Irrompe in un momento dato. Un giorno e un'ora.

Sicuramente nella vita di Giovanni e Andrea ci sono stati altre esperienze, altri incontri, altre parole e altri silenzi, ma si raccoglie solo l'ora di quel primo incontro tra loro e Gesù. È rimasto come un tesoro nella loro anima. Lo hanno conservato per sempre nel loro cuore.

L'incontro con Gesù ci cambia e ci trasforma in uomini nuovi. Senza questa conversione non è possibile essere testimoni. Così è accaduto a Giovanni e Andrea.

Hanno incontrato Gesù e il cambiamento che si è verificato nella loro vita li ha portati a raccontare l'accaduto: “Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: 'Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)' e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: 'Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)'” (Giovanni 1, 35-42).

Così nasce la testimonianza. Da un incontro sboccia la vita. La convinzione. La passione. Non possono tacere ciò che è accaduto loro.

Diceva papa Francesco: “La testimonianza deve avere a che fare con tutto. È un’opzione di vita. O meglio, io do testimonianza, perché quella è la conseguenza di un’opzione di vita. Questo è il primo passo. Senza dare testimonianza non posso aiutare nessun giovane, né nessun vecchio. Nessuno! Evidentemente tutti cadiamo, siamo deboli, tutti abbiamo problemi e non sempre diamo una buona testimonianza. Ma dobbiamo avere la capacità di umiliarci dentro, la capacità di chiedere perdono, quando la nostra testimonianza non è quello che dovrebbe essere”.

La testimonianza è sacra perché fa riferimento a Dio. Al Dio della nostra vita. È sacra perché pone Dio al centro del nostro cuore, lasciando da parte noi, con i nostri interessi e i nostri desideri.

È sacra perché nella nostra carne facciamo trasparire l'amore di Dio, non i nostri talenti. Anche se lo facciamo goffamente. È sacra perché Dio santifica quello che tocca. Arriva a noi e ci rende nuovi.

“O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi?” (1 Corinzi 6, 13). È sacra perché rende sacre altre vite che entrano in contatto con la nostra.

Quando diamo testimonianza, non lo facciamo tanto con le parole. Sono piuttosto i nostri atti che convincono, che trascinano. La forza che abbiamo è poca. La forza dell'amore di Dio è molta.

Sappiamo, però, che la missione è immensa. La messe è molta e gli operai sono pochi. Per questo vogliamo andare nel mondo. Innamorati, con il fuoco dell'amore di Dio nell'anima.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

Tags:
testimonianze di vita e di fede
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