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Si può fare la Comunione anche senza essersi confessati?

comunion en la boca – it

©ALESSIA GIULIANI/CPP

Toscana Oggi - pubblicato il 15/10/14

Una domanda sulla confessione, a partire da una frase del Santo Curato d'Ars.

Il Santo Curato di Ars ha detto: «Venite alla comunione, fratelli miei, venite da Gesù. Venite a vivere di Lui per poter vivere con Lui. Non dite che non siete degni. È vero: non siete degni, ma ne avete bisogno». In base a queste parole, possiamo comunicarci anche senza confessarci, con qualunque peccato, e poi confessarci in un secondo momento?
Gino Galastri

Risponde don Gianni Cioli, docente di Teologia morale alla Facoltà teologica dell’Italia Centrale.
Penso che il Curato d’Ars con queste parole non intendesse tanto promuovere la prassi di accostarsi alla comunione senza confessarsi anche nella consapevolezza di peccati gravi, bensì volesse contrastare l’abitudine molto diffusa in passato a fare la comunione molto raramente, anche solo una volta all’anno. La prassi di non comunicarsi frequentemente era con molta probabilità dovuta al disagio di osservare il rigoroso digiuno eucaristico, alla difficoltà di affrontare la confessione o anche semplicemente a un malinteso senso d’indegnità di fronte all’eucaristia promosso da spiritualità rigoriste.

Considerando l’impegno esemplare del santo Curato nel ministero di confessore posso presumere che il suo invito ad accostarsi senza remore alla comunione sottintendesse anche quello a confessarsi di frequente, e soprattutto quello a confessarsi sempre nel caso di consapevolezza di aver commesso un peccato grave, salvo naturalmente situazioni d’impossibilità.

In effetti la normativa della Chiesa richiama la necessità della confessione sacramentale per accedere alla comunione quando si è consapevoli di colpe gravi ma prevede, anche in tal caso, la possibilità di accostarsi all’eucaristia posticipando la confessione quando non sia possibile premetterla. Una presentazione lucida e dettagliata del rapporto che intercorre fra comunione eucaristica e perdono dei peccati nella dottrina e nel diritto della Chiesa è offerta da Basilio Petrà nel suo recente volume Fare il confessore oggi (EDB 2012). Mi pare utile riportare quanto l’autore afferma in proposito alla pagine 73-74:

«L’eucaristia è il sacramento della nuova alleanza nel sangue e nel corpo di Gesù per la remissione dei peccati: esso è dunque evento centrale di guarigione e liberazione dell’uomo. […].  Nella scolastica la consapevolezza che l’eucaristia è per le remissione dei peccati è ben presente; traccia di ciò è nel Conc. Tridentino (Sess. XIII, Decr. de Eucharistia, c. 2: DS 16382) ove si dice che essa va vista anche come antidoto «che ci libera dalle colpe quotidiane e ci preserva dai peccati mortali». Sempre sulla base del Concilio di Trento […] si ritiene che nessuno possa accostarsi, tuttavia, all’eucaristia con peccato grave senza confessarsi.  Questa convinzione è espressa nel canone 916 del Codice di diritto canonico che così suona: “Chi è consapevole di un peccato grave […] non celebri la Messa né comunichi al Corpo di Cristo senza aver premesso la confessione sacramentale, a meno che non ci sia una grave ragione e manchi l’opportunità di confessarsi. In quest’ultimo caso si ricordi di essere tenuto obbligatoriamente a fare atto di contrizione perfetta il quale include il proposito di confessarsi quanto prima”. È un importante canone che si applica al fedele, al celebrante ed al concelebrante. I commentatori interpretano in genere il “quanto prima” come significante “entro la settimana”.  Tuttavia si ricordi che condizione fondamentale di tale obbligo è la consapevolezza del peccato grave (essa può mancare oppure essere consapevolezza di un peccato che ad altri sembra grave ma alla coscienza non appare solidamente tale: in tal caso l’obbligo è dubbio o assente); inoltre, si ricordi anche che l’atto di contrizione perfetta non è ordinabile propriamente per legge: esso è sempre connesso con l’azione della grazia, cioè con la relazione con Dio ed il suo dono. Il Codice parlando così suppone sempre dato il dono della grazia in ordine alla conversione».

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