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“Un buon cristiano deve riconoscere le sue radici ebraiche”

Pope Francis (R) and Israel’s President Shimon Peres plant an olive tree – it

AFP PHOTO/POOL/AMIR COHEN

JERUSALEM : Pope Francis (R) and Israel's President Shimon Peres plant an olive tree after their meeting at the president's residence in Jerusalem on May 26, 2014. Pope Francis navigated the minefield of the Israeli-Palestinian conflict and humbly bowed to kiss the hands of Holocaust survivors on Monday, the last day of a Mideast trip laden with bold personal gestures. AFP PHOTO/POOL/AMIR COHEN

Ary Waldir Ramos Díaz - Aleteia - pubblicato il 19/09/14

“Questo pensiero di papa Francesco ci riempie di grande responsabilità” riconosce un noto leader ebraico dell'Uruguay

Riportiamo l’intervista a Sergio Gorzy, presidente della comunità ebraica dell’Uruguay, che ha incontrato papa Francesco questo mercoledì nella residenza Santa Marta e ha raccontato ad Aleteia la sua esperienza.

I leader ebraici mondiali sono stati ricevuti dal pontefice in un incontro che ha avuto come temi principali la situazione in Medio Oriente, l’antisemitismo e la persecuzione dei cristiani.

Cosa pensa dell’incontro a Santa Marta con papa Francesco?

È stato un onore essere ricevuti da papa Francesco nella sua residenza a Santa Marta e sottoscriviamo totalmente le sue parole sulla sofferenza dei cristiani in Medio Oriente. Noi siamo solidali perché sappiamo cosa vuol dire subire una persecuzione. È un momento in cui le religioni possono unire le persone di buona volontà.

Di recente Shimon Peres ha fatto visita a papa Francesco in Vaticano e ha proposto un’ONU delle religioni. Che ne pensa?

Mi azzardo a dire che l’idea che papa Francesco sia il presidente di questa ONU delle religioni sarebbe appoggiata da tutto il popolo ebraico. Siamo molto preoccupati per ciò che accade in Medio Oriente. Il papa chiede soluzioni di pace e di dialogo. Noi pensiamo che sia necessario avere interlocutori con i quali dialogare. Le immagini di violenza in Medio Oriente ci fanno male al cuore.

Dopo l’incontro con il Santo Padre in Vaticano, cosa porta con sé per continuare a lavorare in Uruguay con la sua comunità ebraica per il dialogo interreligioso e la pace?

Portiamo con noi l’idea di portare avanti il dialogo interreligioso in Uruguay insieme al vescovo Daniel Sturla, che è una persona che ci fa pensare di vedere papa Francesco nel nostro Paese perché è un uomo umano e umile. Nei due momenti in cui siamo stati di fronte a papa Francesco ricordo che ha avuto sempre una parola per ciascuno sul nostro Paese e la nostra realtà. Porto con me uno dei ricordi più belli della mia vita.

Il rabbino Skorka, amico di papa Francesco, ha affermato pubblicamente che tra loro la prima cosa è stata camminare insieme e conoscersi come esseri umani per poi condividere la ricerca di un bene superiore, al di là delle differenze. Cosa pensa di questa idea di incontro nelle differenze?

Papa Francesco ci ha detto che non si può essere veri cristiani se non si riconoscono le proprie radici ebraiche, e questo ci riempie di una grande responsabilità, così come il fatto che si dica che siamo i “fratelli maggiori” dei cristiani. Le religioni devono portarci a una vera convivenza e a una pacificazione. L’umanità è una sola. Ebrei e cattolici devono lavorare per avvicinare tutti alla pace.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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