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3 pericoli per chi sta uscendo dalla dipendenza dalla pornografia

US bishops to address ‘pervasive’ challenges of pornography – it

Houdoken

Aleteia - pubblicato il 19/06/14

Se abbassiamo la guardia, i problemi si ripresenteranno

Non so se vi siete resi conto che noi che siamo usciti dalla pornografia affrontiamo una lotta quotidiana. Serve un’attenzione costante. Sappiamo che se abbassiamo la guardia i problemi si ripresenteranno.

Lo sappiamo? Non sempre. Ci sono tre problemi che ritengo fondamentali per chi sta vedendo la luce alla fine del tunnel:

1. La fiducia: “Ne sto uscendo. Ne sono uscito. Che gioia! Proclamiamolo ai quattro venti! (Solo ai venti che conoscevano il nostro problema, è chiaro)”. Il nostro tempo passa e abbassiamo la guardia. La tensione continua ci ha aiutati.

Abbiamo abbandonato i giochi che ci piacevano tanto, fatti di spada e letti. Abbiamo saputo mettere da parte qualche giornale sportivo con foto non idonee. Abbiamo messo il computer in cucina per non essere mai soli. Abbiamo tolto Internet dall’Ipad o gli abbiamo messo un controllo (questo è stato difficile), eccetera.

Ma non sei mai in salvo. Ho vissuto qualcosa di diverso dagli altri, e spesso lo dimentico. Nel mio caso era già molto difficile vedere certe donne e ammirare oggettivamente la bellezza del loro corpo. Visto che ne ero già uscito, mi dicevo, “posso fare come qualsiasi altro uomo. Non è giusto che non debba”. Sì e no. Hai il discernimento che serve per separare le due cose? Questo mi porta al secondo problema:

2. La “roulette russa”. Qualche serie è tornata in televisione, Internet libero è apparso di nuovo nei nostri dispositivi. Visto che non succede più niente, posso guardare qualcosa, magari di sfuggita, perché alla fin fine mi piacciono le donne.

Accade lo stesso con le riviste, i luoghi in cui credi possa esserci qualcosa. “Si tratta solo di guardare di sfuggita, poi chiudo. In fondo sono guarito”.

3. “Una giornata no”. Ciascuno si sfoga a modo proprio. In passato la mia via di fuga era semplice. Sapevo che c’era qualcosa che non falliva mai. Era sempre lì ad aspettarmi. Mi offriva una sicurezza e non avevo bisogno di nessuno.

Torni a casa. È stata una giornataccia. “È stato uno di quei giorni”, ti dici. Qualcosa al lavoro. Discussioni con il capo. Qualcosa di strano lungo il cammino. Problemi di denaro. Sei stanco fisicamente. Arrivi a casa e non ti aspetta il riposo del guerriero, ma una lotta senza riposo; anche gli altri hanno avuto una giornataccia.

“Non ne posso più! Vado a vedere un episodio della mia serie preferita e mi metto a letto per non uscirne più”. È il momento più pericoloso. Erano quelli i momenti in cui ero più vulnerabile. Quando ne hai fin sopra i capelli di tutto ciò che prima ti interessava e ora non sembra importarti più tanto. Sarebbe così facile ricorrere a certe abitudini piacevoli…

Bene. Anche se lo può sembrare, questo non è un contributo “nero”. Ho trovato “medicine” per queste tre debolezze. La fiducia è fondamentale, certo. Io pregavo. Altri avranno altri modi. A volte, ad ogni modo, sono caduto. Ripeto, “sono caduto”, ma non sono schiavo!

Non è come prima. Ora voglio uscire, ora ho visto CHE SI PUÒ USCIRE. Ora conosco il danno che mi provoca. Ora so che abbiamo amici qui. Cadere e risollevarsi. Non siamo tornati al passato. Questa è una bugia. Riprendiamo le armi, questo sì.

È un richiamo dal quale dobbiamo imparare qualcosa. Non siamo mai al sicuro perché siamo “solo” uomini (o donne), ma sappiamo distinguere il bene dal male e sappiamo cosa bisogna fare. Siamo insieme, non dimenticatelo.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

Articolo pubblicato sul blog Porquesepuede

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