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C.S. Lewis, da “Le cronache di Narnia” ai Salmi

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Howard Stanbury

Roberta Sciamplicotti - Aleteia - pubblicato il 21/03/14

Tradotta in italiano l'opera “Reflections on the Psalms” dello scrittore anglicano

“Questo non è un lavoro accademico. Non sono un ebraista, né un biblista, né uno storico antico, né un archeologo. Scrivo per ignoranti su cose che anch’io ignoro”. Così diceva C.S. Lewis introducendo l'opera “Reflections on the Psalms”, ora tradotta per Lindau in italiano ne “I Salmi” grazie ad Edoardo Rialti, con una prefazione di Jonah Lynch.

“Se il celebre autore de 'Le Cronache di Narnia' e 'Le lettere di Berlicche' non fosse quel fine umorista che abbiamo imparato a conoscere, potremmo anche credergli” (Avvenire, 20 marzo). “In realtà la materia biblica Lewis la mastica eccome se negli anni, oltre a sedurre milioni di lettori, si è ritagliato un posto di rilievo tra gli apologeti cristiani”.

Non per nulla, tra gli ammiratori più entusiasti dello scrittore anglicano c’è Benedetto XVI, che gli riconosce la capacità unica di trattare i pericoli dell’uomo moderno in modo spiritoso e ironico.

Lewis si avvicina ai Salmi con l’umiltà del “convertito più riluttante della storia”, come lui stesso si definì prima di quella notte del 1929 in cui “ad un certo punto mi arresi, riconobbi che Dio era Dio”.

Fondamentali per questo percorso furono l’amicizia fraterna con il cattolico J.R.R. Tolkien, suo collega ad Oxford, e il rapporto con G.K. Chesterton, “da cui apprese l’arte dell’umorismo, il più salutare antidoto all’orgoglio perché ti consente di osservarti dall’esterno e ricordarti, sorridendo, di non essere Dio”.

“Con questo spirito umile e intriso di humour tipicamente britannico Lewis rilegge il Salterio, che di colpo ci appare più spassoso e familiare che mai”. Lo stile divertito e brillante rende semplici anche argomenti profondi, così come la sua “penna graffiante” commenta anche “i passi più indigesti”.

Il preferito di Lewis è il Salmo 19, che inizia dicendo “I cieli narrano la gloria di Dio, e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento…”. “Lo considero il più bel componimento del Salterio, e una delle liriche più belle al mondo”, confessò.

I Salmi, aggiungeva, “non sono trattati dottrinali e nemmeno sermoni”, ma “delle poesie, e poesie pensate per essere cantate”.

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