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Drastico calo di adozioni e affidi, ma non è solo colpa della crisi

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Chiara Santomiero - Aleteia Team - pubblicato il 21/11/13

Per le associazioni che accompagnano all'adozione sono necessari più aiuti e meno lungaggini burocratiche, ma anche riaprirsi a una cultura dell'accoglienza

Le adozioni internazionali in Italia sono calate del 22% nel 2012 rispetto all’anno precedente e una drastica riduzione ha interessato anche le domande di adozione nazionale e di affido. I dati sono stati forniti dalla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza che ha condotto un’indagine a riguardo. Colpa delle difficoltà economiche e di lungaggini burocratiche, ma anche del contrarsi di una cultura dell’accoglienza in relazione al maggiore isolamento dei nuclei familiari.

Secondo i dati raccolti al Dipartimento di giustizia minorile, le adozioni nazionali sono scese, nel periodo 2006-2011, da 16.538 a 11.075. La Commissione adozioni internazionali, pur ricordando che l’Italia resta il secondo paese per numero di richieste dopo gli Stati Uniti, ha riferito che dai 4.022 casi del 2011 si è scesi ai 3.106 del 2012. Intanto – secondo gli ultimi dati del ministero del Lavoro e delle politiche sociali, che risalgono al 2010 – circa 14.781 minori in Italia non hanno una famiglia e vivono presso le “Case famiglia” o i servizi residenziali e socio-educativi: altri 14.528 minori sono stati affidati invece a famiglie (Tempi.it 21 novembre).

Il calo viene confermato dalle associazioni che seguono le coppie nel cammino dell’adozione internazionale. All’Aibi, il presidente, Marco Griffini conferma un meno 10-20% di richieste rispetto all’anno scorso, al Cifa, parlano di un meno 15% , al Ciai di un meno 30 % nel giro di due anni. E se le adozioni vere e proprie, quelle cioè portate a compimento, non sono ancora calate (siamo da tempo intorno ai 4 mila ingressi di bimbi stranieri all’anno) è solo perché ancora si fa sentire l’onda lunga delle pratiche cominciate un paio o più di anni fa (Corriere della sera.it 4 novembre).

E’ innegabile che ci sia anche un problema economico che pesa sulla decisione delle coppie di adottare: per un figlio che viene dall’estero la spesa complessiva tra pratiche e viaggi si aggira in media sui 20 mila euro. Ma sembra che non sia solo questo il problema.

All’Aibi hanno fatto un sondaggio, tramite il loro sito, per capire se siano solo le ragioni economiche a pesare sul calo delle richieste da parte delle coppie: la risposta è “ni”. Il 40% di chi ha riposto ha detto che sono i soldi, o meglio la loro mancanza, il vero problema, ma il 38% ha puntato il dito contro la lunghezza dell’iter necessario per concludere l’adozione e il 12% sulla preoccupazione legata alla consapevolezza che probabilmente i bambini che arriveranno saranno quelli definiti “ special needs” , con bisogni speciali, e cioè che necessitano di cure, di assistenza psicologica e così via, o già grandi, sui 10-12 anni (Corriere della sera.it 4 novembre).

Per evitare il pericolo che si chiudano sempre più le porte di una vera casa per i milioni di minori abbandonati nel mondo (oltre 160 secondo l’Unicef), si avanzano varie proposte. Per esempio, come sostiene l’Aibi, rendere completamente gratuita l’adozione all’estero, come è quella nazionale, costituendo un Fondo che finanzi le famiglie. Secondo l’Aibi il Fondo potrebbe essere costituito “risparmiando” sulle spese legate al lavoro svolto dai Tribunali per i minorenni che danno il decreto di idoneità alla coppie e trasferendo questo compito ai servizi sociali (che già svolgono i colloqui sui quali i giudici basano le loro decisioni) o addirittura alle stesse associazioni (Corriere della sera.it 4 novembre).

Un’altra difficoltà, secondo Arnoletti del Cifa, risiede nel fatto che “l’adozione in Italia continua ad essere una questione personale, non una risorsa sociale; se ne parla poco, non la si promuove”, quando addirittura non la si ostacola con troppa burocrazia (Corriere della sera.it 4 novembre).

Sulle adozioni nazionali pesa il fatto che ci sono pochissimi bimbi piccoli e sani, rapidamente dati in adozione perché il numero delle coppie richiedenti è superiore rispetto alla disponibilità. Allo stesso tempo ci sono ragazzi in età scolare che avrebbero bisogno di un appoggio o ragazzi più grandi che sono in istituto, ci sono bambini malati che non trovano una famiglia. “Più in generale – conferma a Tempi.it (21 novembre) Marco Mazzi, presidente di Famiglie per l’accoglienza, una rete di nuclei familiari che si aiutano ad affrontare l’esperienza dell’accoglienza – dietro al calo di adozioni e affidi vedo la necessità di riprendere una precisa cultura dell’accoglienza”. Si tratta di una cultura che tende a diminuire, perché è legata alla solidità della famiglia, mentre “oggi i nuclei familiari vivono difficoltà non solo economiche ma anche relazionali”. “Pensiamo all’isolamento in cui vivono le nuove famiglie – afferma Mazzi -, dove spesso la donna lavora e non ha chi l’aiuti ad accudire i figli: sono tutti fattori che incidono. Infatti non è un problema solo delle adozioni, si fa fatica a trovare famiglie anche solo per l’affido”. “C’è un tessuto sociale che si sta sfilacciando – conclude il presidente di Famiglie per l’accoglienza -, e presto tutti noi ne pagheremo le conseguenze”.

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