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Quello in Siria è un conflitto confessionale per un nuovo Medio Oriente

Chaldean Patriarch Sako: Intervention against Syria would be “a disaster” – it

© Public Domain

Tony Assaf - pubblicato il 02/09/13

Per il patriarca caldeo Sako la politica occidentale è incomprensibile e usa lo slogan della democrazia solo per dichiarare guerra

Quando nel 2003 gli Stati Uniti guidarono la coalizione di alleati contro il regime di Saddam Hussein, l'attuale cardinale Louis Raphaël I Sako, oggi guida della Chiesa cattolica caldea dell'Iraq, era parroco a Mosul. Da allora il porporato ha sempre conservato negli occhi le immagini di distruzione e le lacrime che la guerra trascina dietro di sé.



Per questo nel leggere le notizie che si rincorrono da alcuni giorni sulla Siria, non riesce a trattenere il suo risentimento verso chi nasconde dietro la bandiera della democrazia e della libertà ben altri interessi economici. In questa intervista ad Aleteia il patriarca caldeo si dice inoltre convinto che un intervento militare in quella regione innescherebbe una miccia tale da far esplodere un conflitto confessionale ancora più dirompente finalizzato a creare un nuovo Medio Oriente diviso in piccoli Stati.

Eminenza, avete ripetuto a più riprese che un intervento militare in Siria sarebbe un disastro dalle conseguenze enormi su tutta la regione, e quindi avete fatto appello al dialogo. A quale tipo di dialogo pensate?

Sako: Penso che sia sempre possibile un dialogo coraggioso che cerca il bene comune e coinvolge tutti nella politica. La soluzione deve essere politica e non militare. La guerra è sempre male, complica la situazione e non risolve niente. Penso che un Paese neutro o un gruppo di politici o capi religiosi possano organizzare tale incontro perché sono disinteressati. Un intervento militare da parte degli USA ucciderà tanti innocenti e rovinerà le infrastrutture e case (si pensi al caso dell'Iraq). E non si conoscono le sue conseguenze non solo sulla Siria ma anche sui Paesi vicini. La situazione è molto tesa e critica. Poi con quale diritto? Prima vendono armi alla Siria e all'Iraq e poi li attaccano?

C'è qualcosa che rimproverate all’Occidente? Cosa vi aspettate esattamente?

Sako: Non capiamo la politica occidentale. Non ci sono valori! Guardate la situazione in Egitto, Libia,Tunisia, Iraq, Yemen e ora in Siria, non capiamo perché vogliono cambiare un regime dittatoriale in favore d'un altro peggiore! In Egitto Mubarak è andato via ed è arrivato Morsi. E che  cambiamento abbiamo avuto? Ora ci sono conflitti, corruzione e maggiore povertà. La stessa cosa in Libia, Yemen… Dove sono la democrazia e la libertà? Cosa fa l'Occidente per applicare la democrazia. Sono solo slogan e scuse per fare la guerra! Dieci anni dopo l'invasione americana in Iraq non abbiamo la democrazia. Ogni giorno ci sono esplosioni, morti e danni.. Se l'Occidente vuole veramente la democrazia deve educare la gente alla democrazia e aiutarli a realizzare la democrazia e non creare tensioni e conflitti. L'Occidente non vede che i suoi interessi economici! Che morale! Le riforme si fanno col dialogo e ci vuole tempo e buona volontà e non delle bombe!

Qual è la lezione che l’Occidente deve imparare da ciò che è successo in Iraq? Cos’è che rende la situazione siriana così complicata?

Sako: Purtroppo al giorno d'oggi né l'Occidente né l'Oriente hanno imparato la lezione. Cosa hanno imparato gli americani dalla guerra in Iraq? Cosa hanno imparato i regimi della regione per fare delle riforme? Ciò che rende la situazione siriana così complicata è l'intervento dei governi degli altri Paesi negli affari interni della Siria. Ci sono paesi musulmani come Arabia Saudita, Qatar e Turchia che sostengono l'opposizione sunnita insieme ad alcuni Paesi occidentali mentre l'Iran, Hezbollah e la Russia sono a favore del regime. È un conflitto confessionale che mira a un nuovo Medio Oriente diviso in piccoli Stati!

Nella situazione siriana ci sono almeno tre attori: il governo di Assad, i ribelli della Syrian Free Army e le truppe qaediste, ciascuno con i propri referenti internazionali. Come si possono sedere al tavolo della mediazione se le loro rivendicazioni sono così diverse? E come far cessare le violenze senza l'impegno armato di terzi?

Sako: Ci vuole un consenso. Quando i grandi poteri non sostengono la violenza ma anzi spingono per il dialogo, le cose cambiano. C'è l'esempio di Ghandi in India e di Mandela in Sudafrica. La lotta fra tutti è per il potere e non per la democrazia e le riforme. Dunque non bisogna vendere armi!

Che cosa si può fare concretamente per porre fine al conflitto siriano?

Sako: Fare manifestazioni e marce in tutti i Paesi per fermare l'impegno armato: mobilitare l'opinione pubblica mondiale per giungere a una soluzione civile e pacifica!

Temete per i cristiani del Medio Oriente nel caso in cui i ribelli dovessere salire al potere?

Sako: Poveri cristiani. Sono una minoranza senza importanza che vuol vivere in pace e nella stabilità. I cristiani hanno imparato che la Primavera araba ha portato guai e non riforme. I fondamentalisti approfittano della situazione per applicare la legge musulmana, la sharia. Per loro un dittatore è meglio d'un regime religioso chiuso che non accetta gli altri. L'Occidente non capisce il discorso religioso dominante! I musulmani pensano che dietro la loro sfortuna (creazione d'Israele) ci sono l'Occidente e i cristiani e dunque la soluzione è un stato religioso e non laico!

A cosa porterebbe un intervento militare occidentale?

Sako: Un intervento militare impoverirebbe tutti e porterebbe confusione e miseria. Basta dare uno sguardo attorno e vedere qual è la situazione in Libia, Tunisia, Iraq, Egitto….

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