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Egitto: molti musulmani difendono le chiese più dei cristiani

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MAHMUD KHALED

Quotidiano Meeting - pubblicato il 20/08/13

Per Georges Isaac, uno dei politici cristiani più in vista del Paese, non c'è il rischio di una guerra civile

Almeno 90 persone sono state uccise venerdì in Egitto nel corso della “Giornata della rabbia” indetta dai Fratelli musulmani. «Il governo ha scelto l’opzione più civile per evitare che la situazione degenerasse», spiega a ilsussidiario.net Georges Isaac, uno dei politici cristiani più in vista del Paese, nonché leader del partito Constituent Party di Mohamed ElBaradei.

Pubblichiamo stralci dell’intervista realizzata da Piero Vernizzi. Della situazione in Egitto al Meeting si parlerà venerdì alle 17 in un incontro cui parteciperà, tra gli altri, l’ex vicepresidente della Corte costituzionale suprema egiziana, Tahani Al Gebali.

Davvero non esistono alternative allo scontro tra l’esercito e i Fratelli musulmani che rischia di provocare una guerra civile?

«Non esiste nessun rischio di questo tipo, l’esercito è molto forte e alle 19 di ieri sera è entrato in vigore il coprifuoco. L’idea di scatenare una guerra civile è molto lontana dalla nostra gente. La maggioranza degli egiziani sono contro i Fratelli musulmani e quindi non esistono due schieramenti di uguali dimensioni che potrebbero portare a uno scontro prolungato».

Molte chiese sono state bruciate. È preoccupato per il futuro dei cristiani?

«La gente comune di fede musulmana, che nulla ha che vedere con il partito di Morsi, sta difendendo le chiese ancora di più degli stessi cristiani. Non si rischia uno scontro settario tra i cristiani e i musulmani, perché è un’ipotesi che non fa parte della mentalità della stragrande maggioranza degli egiziani».

Perché la polizia non ha fatto nulla per fermare gli attacchi contro le chiese?

«Francamente non lo so. In occasione degli attacchi contro i cristiani di Minya abbiamo in effetti assistito all’inerzia della polizia. Insieme ad altri politici ho protestato per quanto è avvenuto, chiedendo alle autorità di proteggere le chiese contro eventuali nuovi assalti. È quanto ci aspettiamo per il prossimo futuro».

Che cosa pensa delle dimissioni del suo compagno di partito, Mohamed ElBaradei, in segno di protesta contro l’azione dell’esercito?

«ElBaradei si è dimesso in un momento molto critico per la vita del Paese, mentre avrebbe potuto attendere due o tre giorni. Nonostante il suo ruolo nella commissione per la Difesa, non ha fatto nulla per impedire il peggio. Mi dispiace per il modo in cui si è dimesso».

Finora si sono contati oltre 700 morti. Lo ritiene un fatto accettabile?

«Chiederemo che sia aperta un’inchiesta da parte della Commissione sui diritti umani. Non ci fidiamo però delle notizie sulla repressione che sono state diffuse dai media».

QM

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